Grande Juve, Grande Toro

Una città tra passato e futuro calcistico: il Toro di un tempo e la Juve di adesso

Di recente mi è capitato di andare a vedere il Museo del Grande Torino a Grugliasco, un luogo dove è possibile, attraverso l’ausilio di guide preparate, gustare la storia del Grande Torino, non solo quello della tragedia si Superga, ma anche quella degli albori dei Granata.

Quando seppi che il Museo del Grande Torino era confinato in una periferia di Grugliasco ed era gestito da volontari che si autofinanziano con l’ingresso (solo 5 euro) dei visitatori, dal momento che la Società Torino FC non mette un euro per garantirne la sopravvivenza, ho pensato che, a differenza di quello della Juventus visto lo scorso anno, si trattasse di un piccolo Museo da girare in una ventina di minuti.

Poi la grande sorpresa: cimeli, foto, l’interno di una parte degli spogliatoi del vecchio Filadelfia, due piani di sale per una visita guidata della durata di ben un’ora e mezza.

Rivivere la storia del Grande Torino, come ben illustrato dai volontari, molto preparati ed esaurienti nelle spiegazioni, significa non solo rivivere la nostalgia di una grande Società e della tragedia che vide morire un’intera squadra di campioni, ma vuol dire anche, attraverso foto e giornali d’epoca, comprendere come una squadra di calcio potesse unire tutti gli Italiani dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

In un momento difficile come quello che stava attraversando l’Italia post bellica, lo sport, con il Grande Torino nel calcio e Bartali nel ciclismo, riusciva a dare speranza, emozione e stimolo a un Paese che doveva ripartire.

In una delle sale del Museo, è possibile vedere la prima pagina del quotidiano L’Unità, non sportivo, che titola la tragedia di Superga parlando dei “nostri ragazzi”, perché quelli erano la speranza di tutti, la voglia per tutti di dire al mondo che l’Italia, almeno nello sport in quel momento, c’era.

La Juventus ha vinto il suo settimo scudetto consecutivo, così da entrare nella storia, come già non vi fosse per i tanti successi, grazie al record di campionati vinti ininterrottamente, seppur rimanga per il calcio la delusione di non poter partecipare ai Mondiali di Russia.

La delusione per i Mondiali mi ha fatto venie in mente quanto accadde nel 2006, anno in cui vincemmo il nostro quarto Mondiale di calcio e già molte persone proponevano che si mettesse una pietra sopra ai fatti che portarono a decretare la retrocessione in Serie B della Juventus e ai punti di penalizzazione dati ad altre squadre di Serie A.

Certamente la qualità del Grande Torino dopo la Seconda Guerra Mondiale non fu determinante affinché il Paese si risollevasse con quello che sarebbe stato poi il Boom Economico, né fu la vittoria ai Mondiali del 2006 capace di sovvertire la condanna alla serie cadetta per la Juventus, ma in entrambi i casi due squadre di calcio torinesi hanno dimostrato quanto il calcio, da banale gioco, passatempo domenicale, possa contribuire a dare speranza, stimoli, entusiasmo, aspettative e soprattutto coesione.

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 23/05/2018