Ultima chiamata per Appendino

Le briciole lasciate a Torino per le Olimpiadi invernali del 2026 la dicono lunga sulla politica

Da quando la Giunta pentastellata si è insediata a governare la città, ho più volte fatto notare come in due anni Torino abbia perso terreno: minor numero di eventi culturali (alcune mostre sono state dirottate su Milano), un trasporto pubblico in grosse difficoltà e con linee di serie B depotenziate, un duplicato del Salone del Libro creato a Milano, un numero di pendolari in aumento che si recano nel capoluogo lombardo per mancanza di lavoro, le periferie che lamentano di essere state abbandonate, l’affanno per il progetto della linea 2 della metropolitana, il bando per l’acquisto di nuovi bus andato deserto, il crescendo di negozi che chiudono in centro città, i recenti no alla TAV in classico stile grillino.

Con la candidatura a ospitare le Olimpiadi invernali del 2026, Torino avrebbe potuto prevedere un restyling , come accaduto per il 2006, soprattutto per quelle aree come la ThyssenKrupp, l’ex Manifattura Tabacchi, il grattacielo RAI, l’ex stazione di Porta Susa e mirare quindi ad aumentare la propria visibilità per attrarre turisti e capitali.

Il Coni aveva chiesto, tra i punti chiave per la candidatura, la stabilità politica (che non c’è stata visti i continui litigi tra Appendino e parte della propria maggioranza) e il contenimento dei costi (e in questo caso Torino avrebbe avuto tutte le carte in regola, avendo ospitato “recentemente” i giochi in strutture quindi già pronte).

Il Coni ha deciso di presentare una candidatura di macroarea, in cui non ci sia un capofila, ma si preveda una collaborazione tra Torino, Milano e Cortina.

Benché non ci sia alcuna città a fare da traino, già trapela l’ipotesi di assegnare alla Lombardia ben 8 specialità più le cerimonie di apertura e chiusura, mentre al Piemonte andrebbe l’elemosina di 3 competizioni (2 a Torino e 1 al Sestriere).

La cosa che lascia oltremodo perplessi è leggere le dichiarazioni del sindaco di Milano Giuseppe Sala il quale dice “Io a queste condizioni non ci sto […] Noi possiamo ospitare, accogliere, badare ai tifosi (sic!) […] Ma di fronte a queste imposizioni una cosa è sicura: io non voglio avere niente a che fare con l’organizzazione delle Olimpiadi del 2026 […] come può Milano che ha fatto Expo non essere la capofila?”

Innanzi tutto la Lombardia, come scritto sopra, farebbe il pieno di gare e delle cerimonie per cui già così sarebbe una capofila camuffata. C’è poi da aggiungere che il solo fatto di aver organizzato Expo non è che significhi che gli altri non siano in grado di gestire un evento come Olimpiadi, tanto è vero che vi era riuscita benissimo Torino nel 2006.
Sala, poi, parla di capacità di badare ai tifosi. Ci auguriamo non sia un riferimento poco elegante nei confronti di quanto accaduto in Piazza San Carlo in quella nefasta notte della finale di Champions League: certi eventi possono capitare ovunque senza che la città in cui si verificano debba venire penalizzata su eventi futuri!

Passando al discorso sul contenimento dei costi, Zaia, governatore del Veneto, sostiene che sia imprescindibile la specialità del bob a Cortina; peccato che lì la pista storica da sistemare sia di 60 anni fa contro i soli 12 anni di anzianità di quella di Cesana.

Soldi a Torino dovrebbero arrivarne ben pochi, giusto per qualche restyling dei siti olimpici e praticante nulla per altri luoghi della città.

Si può anche tacciare di campanilismo chi scrive, ma appare chiaro come qui si stia palesando da un lato il solito milanocentrismo capace di fagocitare tutto, dal momento che non avendo la provincia di Milano montagne le si danno come stampella quelle di Cortina e di Torino; e sull’altro fronte emerga il desiderio irrefrenabile di candidare l’Italia per una Olimpiade (dopo quella estiva persa da Roma e l’esclusione della Nazionale dai Mondiali di Calcio) che dia spinta allo sport nostrano scontentando comunque tutti e non facendo i conti con spettatori e atleti che in taluni casi, quelli con partecipazione a più specialità, dovranno farsi centinaia di chilometri per spostarsi.

Per la prima volta, dopo due anni di governo cinque stelle, il sindaco Appendino sta dimostrando di tenere alla città, di volersi battere per ridarle visibilità, di andare oltre agli ostracismi di una parte dei propri consiglieri comunali, ma soprattutto di fare un ultimo tentativo per cercare di lasciare la sua impronta a quasi metà del mandato, con esiti tutt’altro che facili.

 

 

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Articolo pubblicato il 05/08/2018