Educazione civica contro l’arte dell’arrangiarsi

La reintroduzione dell’educazione civica come materia riparte da una raccolta firme

L’altra sera mi trovavo nel dehor di un ristorante nel centro di Torino e mi è capitato di sentire dire al cameriere, da parte di uno cliente straniero seduto al tavolo vicino, di lasciargli la portata benché non fosse quella che si era immaginato poiché era stato un suo errore ordinarla e quindi andava bene lo stesso.

Parecchi anni fa, mi pare a Venezia, ordinai per cena un menù turistico che prontamente mi fu portato. Stessa cosa fecero due turisti inglesi ai quali, però, venne negata la possibilità poiché il padrone del locale poco prima aveva “corretto” quanto detto dal cameriere rettificando ai due stranieri che il menu turistico (che costava ovviamente meno) valeva solo per il pranzo. Poco dopo chiesi scusa come Italiano a quei due Inglesi i quali mi dissero di non dire nulla e che andava bene così.

L’arte di arrangiarsi e di fare i furbi è patrimonio endemico e atavico del nostro Paese, mentre lo è molto meno per gli stranieri, soprattutto poi se di stampo nord europeo.

Con il bullismo, la violenza, la maleducazione, l’impertinenza, le tante volgarità, senza dimenticare il non rispetto della “cosa” pubblica, che quotidianamente riscontriamo sui bus, alla fila degli uffici pubblici, sui social network, non può che venire alla mente quella educazione civica che, dopo le varie educazioni (sentimentale, sessuale, alimentare, ambientale, stradale), dovrebbe essere una delle vie per insegnare il rispetto agli adulti di domani.

Dopo che con la riforma Gelmini l’educazione civica era stata relegata a semplice appendice al programma dell’insegnante di Storia, oggi torna più che mai in auge l’urgenza di riportarla a un piano più elevato.

L’educazione civica è l’educazione al senso civico che ribalta l’opinione corrente che sono i diritti a fondare i doveri e non viceversa; ricordiamoci che una società di cittadini è veramente libera quando quelle libertà di pensiero, di azione, di impresa sono rese libere all’interno dei vincoli del rispetto civico e di diritto delle libertà altrui.

Sempre all’interno della scuola, quando non la si rispetta sia in senso figurato (insultando o picchiando un professore) sia in senso letterale (imbrattando banchi, pareti e bagni pagati con i soldi dei contribuenti), l’idea che la cosa di tutti sia cosa di nessuno (pensiamo alle fermate dei bus verniciate o divelte) o ancor peggio che la cosa tua in quanto tale possa sottostare alle tue regole e alle tue necessità (si pensi al caso del ristoratore di Venezia di cui parlavo sopra), ecco che non possiamo che concordare con l’iniziativa partita da Firenze di raccogliere le firme per reintrodurre l’Educazione Civica nelle scuole.

Si propone di istituire un’ora settimanale di "educazione alla cittadinanza" come disciplina (e non appendice ad altre materie) con propria valutazione, nei curriculum e nei piani di studio di qualsiasi scuola. La materia prevede lo studio della Costituzione e lo studio del principio di eguaglianza, dell’educazione alla legalità, dell’educazione al rispetto dell’altro, dell’ educazione ambientale, dell’educazione digitale e dell’educazione alimentare.

In un periodo storico come quello in atto in cui l’immigrazione crea problemi di convivenza e di rispetto per le culture diverse dalla nostra, in cui nello sport vi sono atlete italiane nere (come il recente caso di Daisy Osakue vittima di razzismo), in cui soprattutto serve che la nostra “giovane” Repubblica faccia un salto di maturità perché il sentirsi Italiani non significa solo tifare la stessa Nazionale ma anche rispettare le esigenze altrui e i dettami della nostra Costituzione, ecco che l’educazione civica può aiutarci a forgiare i giovani di oggi a non diventare i furbetti (del cartellino) di domani.

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Articolo pubblicato il 20/08/2018