DJ FRANCESCO FONTES: vent'anni di musica dance

Parlare di musica è sempre un bene, farlo con un addetto ai lavori è meglio. Se poi capita con un dee-jay, lavoro che ho fatto per anni, in un’altra vita, allora è il meglio del meglio.

L’occasione, la ghiotta occasione, si è presentata durante una festa in piazza, a Villar Dora (To), mirabilmente organizzata dall’Avv. Mauro Carena, Sindaco della cittadina della Val Susa.

Una bellissima serata all’insegna della musica, compresa l’immancabile pista da ballo, che ha visto protagonisti Simona Sorbara & Max Grimaldi, Valerio Liboni, e il Dj Francesco Fontes: tre ore di spettacolo, caratterizzate dalle bellissime cover del duo torinese, dalle canzoni evergreen del fondatore de “La Strana società”, e dal trascinante dj-set del producer e music-maker genovese

Francesco, che proprio in questi giorni festeggia i vent’anni di carriera, si è rivelato un vero esperto di musica, anzi di storia della musica dance, simpatico e disponibile.

Qui di seguito, la nostra chiacchierata.

Francesco, leggo sulla tua t-shirt: “1998-2018 vent’anni di musica”. Come è nata l’idea di fare il dee-jay e di dedicarti a questo meraviglioso mestiere, che casualmente ho fatto anch’io…

…ho iniziato a fare il dee-jay paradossalmente iniziando a fare prima il tecnico, lavorando nei servicedi alcuni big della canzone italiana. Avevo appena quattordici anni. A sedici anni, andai, nel pomeriggio, in discoteca: come ben sai, all’epoca e a quella età, in discoteca si andava al pomeriggio e non alla sera (sorride, ndr). Sono rimasto incuriosito dalla figura del disk-jockey, tanto che ho iniziato piano piano ad intrufolarmi dietro la consolle, a sbirciare, a vedere, e ho fatto amicizia con uno che già lo faceva. Con tanta gavetta, portandogli le borse con i vinili (ride, ndr), come si faceva allora, ho imparato le varie tecniche, dal mixaggio, alla conduzione di una serata, alla scelta dei pezzi. Da lì in avanti mi sono diplomato, e dopo il diploma ho deciso che il dee-jay, doveva essere la mia professione e mi sono dedicato totalmente a questo, ed è vent’anni che faccio solo questo.

Bellissimo! Dimmi: tu hai lavorato a suo tempo con i “padelloni” in vinile, come è cambiato il modo di mixare, passando al cd, se non al computer?

Adesso è più facile. Chi vuole iniziare a fare questo mestiere, lo può fare in maniera più semplice, investendo meno soldi di una volta, perché chiaramente il reperire le canzoni è molto facile, adesso. L’acquisto di una consolle, non a lettori cd, comporta una spesa molto contenuta, anche a livello professionale, mentra una volta i vinili te li dovevi comprare e diventavano “vecchi” dopo poche settimane. Poi ogni vinile, ti ricorderai certamente, conteneva una sola traccia, e sul retro una versione strumentale dello stesso brano, per cui per fare una serata di due ore, oltre cha a spendere un sacco di “lire”, l’euro non c’era ancora, dovevi portarti appresso una borsa, una valigia, che man mano diventava pesantissima. Era tutto completamente differente.

Ti trovavi meglio con il vinile, o adesso col cd?

Più bello prima, indubbiamente. Aveva un sapore diverso: sentivi la puntina, poteva saltare anche la canzone, c’era un soun completamente diverso. Oggi il suono è più preciso, più dinamico, ma decisamente più stereotipato, finto, se vogliamo dire: alla fine fa tutto la macchina, soprattutto per chi ha abbandonato i cd e si dedica completamente alle consolle computerizzate. Ci sono dei software che con due pulsanti mettono il tempo automaticamente…

…se mi permetti, sembra di sentire sempre la stessa canzone…

…esatto…bravissimo…

…non c’è più quel gusto di stoppare e mixare con un ritmo completamente doverso…

…o anche spegnere il giradischi…pensa sono stato uno degli ultimi ad abbandonare il giradischi e il vinile. C’erano dei miei colleghi che già usavano solo più il cd, poi, per forza di cose, ho dovuto adeguarmi, perché non reperivo più le tracce, non avevo più le canzoni. Per cui, fin che facevo serate ’70-’80, ero a posto, diciamo così, avevo il repertorio, ma con la musica più moderna dell’epoca ero spiazzato. Così, per un certo periodo, ho usato la doppia consolle: mi portavo due Technics, il mitico “1210 MK2”, e deu lettori cd. Naturalmente doppia valigia: i vinili da una parte e i compact dall’altra…poi mi son reso conto che diventava “pesante” in tutti i sensi…a un certo punto ho trasportto tutti i brani in vinile su cd e ho lavorato solo con quelli. Ma mi sto rendendo conto che anche il compact-disk sta morendo: adesso le chiavette, piano piano, stanno diventando un oggetto indispensabile ed usato quasi da tutti. Purtroppo.

…eggià…due chiavette, con milioni di mp3 sopra e hai risolto tutti i problemi…triste…comunque, dal 1998 al 2018, tu hai assistito all’evoluzione della musica da discoteca. Come trovi si sia evoluta, nel bene piuttosto che nel male?

La musica dance, della quale ho fatto anche delle produzioni, fino al 2004, diciamo italo-dance, quella che andava nella “Dee-Jay Parade”, eccetera, è cambiata eccome. Dal 2005 sono arrivate produzioni dall’estero, Francia e germania, ad esempio, che hanno cambiato il sound: ad esempio Albertino ha abbandonato proprio la “Dee-Jay parade” e alcune radio, che proponevano questo tipo di musica, DiscoRadio, ad esempio, hanno modificato le scalette. La dance è finita in mano ai francesi, ai tedeschi, agli inglesi, come ti ho già detto, e adesso forse sta un attimo ritornando. Però, dal 2007, per quasi dieci anni, si è ascoltato e ballato solo Bob Sinclair, David Guetta, che l’hanno fatta e la fanno da padrone. Artisti italiani, che, almeno personalmente, rappresentano molto, tipo Gigi D’Agostino e Gabry Ponte, sono stati costretti asubire questa “invasione”: mi è capitato di assistere a dei loro dj-set e ho notato che sono quasi costretti ad inserire nelle scalette, pezzi di altri. E questo non mi piace.

Due cose per chiudere: io facevo il tuo lavoro negli anni ’80, quindi sono rimasto legatissimo ai “mitici” anni: nelle tuw serate proponi anche musica “anni ‘80” e, se si, qual è il riscontro del pubblico?

Lo spettacolo che porto in giro per l’italia, col mio camion e la mia attrezzatura, si chiama “Vent’anni di dance”, perché parte dal 1998 a rriva fino al 2018. Però mi capita spesso, come anche stasera, di proporre serate diverse, dove vado a pescare nel passato, anche negli anni ’70. Il riscontro del pubblico è sempre buono, anzi ottimo. Dipende molto dal tipo di contesto, dove gli organizzatori ti inseriscono.  Tu mi capisci: se vado in una serata dove sono tutti quindicenni, diventa dura, come lo diventa, proporre musica “commerciale”, ad un pubblico che h superato gli “anta” (sorride, dr).

Mi dai uno spunto: tu nella tua carrierahai lavorato nei contesti più diversi, tipo discoteche, feste in piazza, ecetera. Qual è la dimensione che senti più “tua”?

Guarda, la musica che sento più mia, è quella con cui sono nato artisticamente, cioè la dance anni ’90, il contesto sicuramente la piazza. La piazza perché ci sono nato e dove ho fatto le mie primissime serate. Soprattutto d’estate, cerco di fare serate in piazza il più possibile. Cerco di offrire un prodotto che sia tecicamente valido, luci e audio, e dal punto di vista musicale, regalare una serata che vada bene anche per chi in discoteca non ci va più, ma che piacere di riascoltare canzoni che hanno fatto parte della sua vita. Chiudo dicendoti questo: vent’anni fa, venivano a sentirmi persone che adesso vedo con la carrozzina o con dei bambini per mano. Questo per me è molto grtificante!

Grande! Ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato, adesso mi godo il tuo spettacolo, e ti auguro, almeno ancora altri vent’anni di mixate a palla!

Speriamo! Grazie a te…ci becchiamo in giro…

Grazie di <3 a Tina Rossi Photographer per i bellissimi click.

Stay always tuned !!!

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Articolo pubblicato il 23/08/2018