L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: Torino. Le due torri

Ritorna il dilemma pubblico-privato, ma l’esito è scontato

Viviamo oggi nell’epoca delle post verità, e in tale contesto abbiamo collocato la diatriba estiva - un po’ demodé - sull’imperio di ristabilire in termini assoluti il primato del pubblico sul privato, dalle partecipazioni azionarie alla costruzione di opere pubbliche.

Viviamo a Torino, e certi raffronti, non teorici o dottrinali ma ampiamente documentati e alla luce del sole, sono evidenti.

Per comprendere, prima di giudicare, é però doverosa un’esposizione oggettiva e documentata.

Ci riferiamo ovviamente alle “due torri”.

Ovvero, da una parte, al grattacielo dove, secondo un antico progetto, dovrebbero poi trasferirsi gli uffici della Regione Piemonte. Dall’altra, invece, a una torre da anni funzionante, ottimamente collocata nel contesto urbano, nonché propulsore della vita culturale torinese: il grattacielo del Sanpaolo.

Entriamo tuttavia nel merito.

I lavori per la costruzione del grattacielo di Via Nizza sono iniziati il 30 Novembre 2011, col presupposto di dar luogo al futuro palazzo unico della Regione Piemonte, con l’eccezione delle sole attività del Consiglio Regionale, destinato a permanere nella storica sede di Palazzo Lascaris. L’opera, elaborata dall’Architetto Massimiliano Fuksas e il cui progetto è stato sottoposto alla Giunta Regionale piemontese durante un'audizione pubblica del Novembre 2007, prevedeva in origine 42 piani, di cui 41 a uso civile e l'ultimo da adibire a bosco pensile.

La sede individuata per la costruzione dell'edificio insiste su di un'area già sede della Fiat Avio, a Millefonti: attigua al Centro Congressi e Fiere del Lingotto, su un terreno che nel corso degli anni ha necessitato di lunghi e costosi lavori di bonifica.

Secondo il comunicato stampa che fece seguito alla presentazione del progetto, la costruzione dell'edificio era destinata a non gravare sulle finanze pubbliche. Questo perché si prevedeva che la cifra spesa per la sua realizzazione venisse in parte compensata dal risparmio sui canoni d'affitto (quantificati in 15 milioni di euro l'anno), attualmente corrisposti per l'utilizzo di 20 immobili sparsi per tutta la città e adibiti a sedi d'ufficio. Nonché - in varia misura - attraverso la concessione a pagamento delle aree circostanti l'edificio, destinate ad attività varie (civili, commerciali, ludiche, etc.)

Il progetto del grattacielo - in quanto ad altezza terzo in Italia, dopo le due torri milanesi di Unicredit (231 metri) e Isozaki–Allianz (210 metri) - subì nel tempo numerose modifiche, che ne determinarono la rivisitazione dall’altezza originale di 220 metri sino a quella definitiva di 209 metri.

Sulle facciate venne prevista l'installazione di pannelli solari (così da garantire, per quanto possibile, l'autosufficienza energetica), unita alla costruzione di grandi superfici vetrate per ridurre la necessità di ricorrere a luce artificiale.

L’area complessiva sulla quale sorge il grattacielo è di circa 70.000 metri quadrati. Furono progettati circa 60.000 metri quadrati di spazi accessori e opere esterne, che comprendessero anche l'insediamento di esercizi commerciali, al fine di rilanciare lo sviluppo del quartiere.

Nel Maggio del 2011 venne individuata la ditta appaltatrice per la costruzione. I lavori, stimati della durata complessiva di 35 mesi, iniziarono come detto a fine Novembre. Nel mese di Luglio 2013, l'edificio superò il livello della strada.
A Ottobre dello stesso anno, il cantiere giunse a occupare circa 200 lavoratori. Il progetto iniziale stimò una spesa di 208 milioni di euro, ma i costi lievitarono nel tempo fino agli attuali 260 milioni di euro.

Sul finire di Marzo 2016, un intoppo ritardò le opere di realizzazione e quindi del successivo trasloco: a causa di una partita fallata, 300 delle 3600 finestre già installate avrebbero infatti dovuto essere sostituite.] A metà Maggio i lavori risultavano ancora fermi, facendo slittare la previsione di trasloco degli uffici alla primavera-estate 2017. Nel mese di Luglio venne attivata la procedura di liquidazione della società incaricata della costruzione.

A seguito della raggiunta intesa con le ditte costruttrici, la ripresa dei lavori – già prevista per gli inizi di Maggio 2017 – avvenne effettivamente nel successivo mese di Giugno.

Al momento, le ultime analisi sui pavimenti danneggiati e sulle vetrate, nonché le ripetute ispezioni delle commissioni di vigilanza preposte, hanno fatto slittare la previsione di fine lavori alla primavera del 2019. Pare che, negli ultimi mesi, sia nato anche un contenzioso inerente l’acquisto dei mobili e proprio in questi giorni – a processo ancora in corso – stanno rimbalzando notizie inquietanti circa l’irregolarità degli appalti ed altre “disinvolture”.

Le quali si assommano, purtroppo, ai ritardi scaturiti sia dalla diatriba con il progettista sia a causa del fallimento delle ditte appaltatrice e subappaltatrice.

A questo proposito, le danze giudiziarie iniziarono nel 2012.

Il 10 Ottobre di quello stesso anno, quindi quasi dodici mesi dopo l'avvio dei lavori, la Guardia di Finanza irruppe in Piazza Castello, sede della Giunta Regionale, per acquisire su delega della Corte dei Conti l'intera documentazione relativa all'assegnazione della gara d’appalto. Nell'indagine, principiata da un esposto presentato da Roberto Cota, Presidente pro tempore della Giunta Regionale che riteneva i costi di realizzazione dell'opera troppo elevati, si é voluto approfondire tutto ciò che riguardava l’assegnazione del progetto, e in particolare la parcella da circa 20 milioni di euro pagata allo studio dell'Architetto Fuksas. La somma era però stata liquidata nel Marzo del 2010, in coincidenza con la conclusione del mandato di Mercedes Bresso, predecessore di Cota.

Nel corso del processo che è seguito alle indagini, l'Architetto Fuksas, chiamato a deporre nel Maggio 2018 in qualità di testimone, ha lamentato lo stravolgimento del suo progetto da parte della committenza (per quanto concerne, a esempio, l'impiego del cemento armato in luogo dell'acciaio), al solo scopo di favorire alcune determinate aziende.

A oggi si può dire che sia stato raggiunto dalla Giunta Chiamparino un “accordo bonario”…, che di bonario ha tuttavia ben poco, perché potrebbe costare alla Regione quasi 66 milioni di euro in più, su di una spesa complessiva poco inferiore ai 200 milioni.

Oltre ai ritardi, dunque, si incassano anche il danno e la beffa.

Ci sono 1270 strutture di vetro - su 2873 - alte ognuna 4,2 metri, larghe 1,5 metri e profonde più di 30 centimetri: tutte viziate da difetti più o meno marcati, la cui sostituzione (e relativi costi) sarà determinata da quanto i suddetti difetti verranno giudicati strutturali o non piuttosto solo estetici. Per non farci mancare nulla, è altresì emerso un importante danneggiamento della pavimentazione per sovraccarichi e utilizzi errati, da addebitare - secondo la Regione - all’incuria delle imprese lavoratrici.

La genesi del grattacielo ove la Regione per ora solo sogna di trasferire prossimamente i propri uffici, è stata/è un vero e proprio calvario.

Dopo le scelte operate dalla Giunte di Enzo Ghigo, Mercedes Bresso e Roberto Cota, il cerino è rimasto nella mani di Chiamparino, che deve sorbirsi le numerose figuracce susseguenti ai ripetuti annunci di apertura della nuova sede della Regione: annunci poi smentiti dai fatti.

L’ingrato peso del trattare con le aziende è stato accollato al Vicepresidente della Giunta, Aldo Reschigna, il quale ha recentemente affermato che, nonostante tutto, conta di fare i primi traslochi nella nuova sede “nell’inverno 2018-19”. L’affermazione è calata in sede ufficiale, rivolta ai Consiglieri della Commissione Bilancio, ai quali Reschigna ha relazionato “sui tanti guai che costellano la zoppicante avanzata del colosso progettato dall’Archistar Massimiliano Fuksas”.

Martedì riprenderanno i lavori in Consiglio Regionale, e i Consiglieri di Opposizione hanno già diramato comunicati di rinnovata preoccupazione. Forse l’Assessore Reschigna potrà fornire maggiori chiarimenti all’Assemblea di Palazzo Lascaris? 

Per quanto riguarda l’accordo bonario, andando con ordine le sue fondamenta risalgono a quando la cooperativa Cmb, capogruppo dell’associazione temporanea di imprese impegnatasi a completare l’opera dopo la liquidazione di Coopsette, assunse l’incarico con una serie di “riserve”. “Negli appalti pubblici sono ormai la norma”, ha commentato in proposito l’Assessore Reschigna. Per evitare sorprese, l’impresa accettò dunque l’incarico, riservandosi però di controllare meglio alcune voci che, nel caso del grattacielo regionale, sono una dozzina. Tutte contestazioni le quali, una sull’altra, cubano ben 65,9 milioni di euro. Per dirimere la questione si è allora costituita una Commissione, in cui siedono tre componenti: uno della Regione, l’altro dell’impresa e il Presidente, indicato da entrambi. L’ottimismo di Reschigna è inossidabile: “non è affatto detto che l’impresa abbia ragione a pretendere ciò che pretende”.  

L’altro grande problema in essere è quello, come già anticipato, delle vetrate che rivestono l’edificio.

Nondimeno, il giallo sulle vetrate fallate e la loro – o meno – sostituzione, si risolverà solo a fine estate, quando il Cnr terminerà le prove di laboratorio finalizzate a stilare la perizia per stabilire la motivazione dei difetti. Cnr e perizia costano quasi 300 mila euro, da contabilizzarsi insieme ad altri 193 mila euro necessari per le opere di allacciamento alle fognature bianche e all’acquedotto.

E intanto siamo così giunti alla sesta variante del progetto iniziale del grattacielo, con Reschigna che ne annuncia già una settima per la riorganizzazione degli spazi interni.

Insomma, ci troviamo letteralmente al cospetto di “un grattacielo di problemi”, i quali, a sentire Reschigna, sono però destinati a risolversi. Con quale aggravio di spesa non si sa. Il Vicepresidente della Giunta ha realisticamente affermato che “a oggi non si possono escludere altre varianti e spese impreviste”: in ogni caso, “al moment, il 94% dell’opera risulta realizzato e il costo delle parti mancanti è di 23 milioni”.

L’altra torre presenta invece una situazione diametralmente opposta, nonostante le proteste iniziali degli ambientalisti.

Infatti, il grattacielo di Intesa Sanpaolo è ormai la nuova sede del gruppo bancario, sorta nel quartiere Cit Turin. Con un’altezza di 167,25 metri, si tratta del terzo edificio più elevato di Torino, dopo il costruendo grattacielo della Regione Piemonte (209 metri) e la storica Mole Antonelliana (167,50 metri). Il progetto è opera dell'Architetto Renzo Piano.

Nato per forte volontà di Enrico Salza - ex Presidente del Consiglio di gestione del gruppo bancario, quando ancora la banca torinese e quella milanese erano due entità separate ed Egli si trovava alla guida di Sanpaolo IMI - il progetto fu presentato al Comune nel mese di Novembre 2007. In seguito a divergenze interne alla Giunta per quanto concerneva l'altezza dell'edificio in relazione alla sua vicinanza con il centro storico della città, il progetto fu modificato, portando l'elevazione definitiva da circa 200 metri a 167,25 metri: 25 centimetri in meno rispetto alla - fino a quel momento - costruzione più alta di Torino, ovvero la Mole Antonelliana.

Il progetto, modificando inevitabilmente lo skyline cittadino, scatenò contrasti, polemiche, proteste e fu per lungo tempo uno dei principali argomenti di discussione in città: nacquero associazioni come "No Grat", dallo slogan "Non grattiamo il cielo di Torino", e quasi si arrivò al referendum popolare.

L’area su cui sorge il grattacielo è di circa 160 metri × 45 metri, risultando compresa tra Corso Vittorio Emanuele II, Corso Inghilterra, Via Cavalli e il parco pubblico Nicola Grosa.

L'edificio conta 38 piani fuori terra e 6 interrati, per una superficie complessiva di 68.000 metri quadri e, oltre agli innumerevoli uffici, comprende anche un auditorium e una serra bioclimatica, quest’ultima situata all'ultimo piano. Nel 2015 il Green Building Council gli ha conferito la certificazione LEED Platinum, risultando esso il grattacielo europeo più ecologico, nonché tra i primi dieci al mondo nella categoria New Constructions. Inoltre, nel 2016 l'importante sito specializzato Archdaily.com l'ha altresì premiato come Building of the Year della categoria.

I lavori della costruzione vennero avviati il 12 Dicembre 2008. La prima fase del progetto, conclusa il 6 Giugno 2011, prevedeva la costruzione delle fondamenta e dei 6 piani interrati con la tecnica top-down.

Nell'autunno del 2010 è stato eseguito il getto della mega-fondazione monolitica, dello spessore di circa cinque metri, per un volume di calcestruzzo (gittato in sole 84 ore no-stop) di oltre 12.500 metri cubi. Questo, peraltro, costituisce ancor oggi il record italiano dei getti massivi in calcestruzzo, realizzati senza soluzione di continuità.

La seconda fase dei lavori, ossia la realizzazione delle opere in elevazione del grattacielo, ebbe inizio nell'estate 2011. Nel Febbraio del 2012 fu posizionata la base, ossia il tetto dell'auditorium nonché primo dei piani d'uffici; un mese dopo il cantiere superò in altezza l’attiguo Palazzo della Città Metropolitana.

Nel Febbraio 2013 iniziarono i lavori di rifinitura esterna del grattacielo, con la realizzazione delle pareti e delle facciate a specchio dell'edificio, divenuto in breve il luogo di lavoro per oltre 2000 dipendenti della banca.

A Maggio 2013 la struttura raggiunse l’altezza massima, col completamento del primo dei sei elementi portanti verticali bianchi (le cosiddette megacolonne) che percorrono l'edificio per tutta la sua altezza a partire dalla base, rastremandosi sempre di più verso l'alto (ciò è consentito dalla diminuzione progressiva del carico da sostenere).

A metà Dicembre 2014 prese avvio il trasloco di dipendenti e dirigenti della banca nella nuova sede.

L'inaugurazione ufficiale dell'edificio è avvenuta il 10 Aprile 2015, mentre quella del ristorante al trentacinquesimo piano - il più alto in Italia - si è svolta il 25 Maggio 2016.

I dati esposti sono già eloquenti di per sé, come pure gli oneri a carico della Regione per il completamento della sua nuova sede: oneri senza fine, profusi e ancor non stimati del tutto. Da notare che stiamo parlando di soldi pubblici e quindi di un ulteriore tassello ai monumenti dello spreco di cui il nostro Paese può purtroppo menare vanto.

Non intendiamo addossare le responsabilità delle vicende relative al grattacielo delle Regione a coloro che ci hanno governato, anche se qualcuno, a prescindere dalle gare d’appalto, la manina per scegliere progettista e costruttori ce l’ha pur messa.

L’imputato principale è da ricercarsi nelle procedure farraginose imposte dalla legislazione sugli appalti, negli effetti dei ricorsi presentati al TAR dagli esclusi e che contribuiscono al blocco dei lavori, nelle società appaltatrici che giocano al ribasso e che, non appena conquistato l’appalto, procedono ad affidare i lavori a cooperative o società prive dei requisiti formali e sostanziali. Alla fine le opere lasciano a desiderare, annacquate, come sono, con adeguamenti e modifiche che pure comportano l’esborso di importi ingenti. E il cittadino utente o dipendente regionale che sia, sprofonda nei disagi. Il tutto, purtroppo, nell’ampio alveo del sistema legale degli appalti pubblici.

Questa vicenda è altamente indicativa. Se l’esperienza passata potesse ritornare utile per evitare il ripetersi incontrollabile di contraddizioni, anche gli sprechi, in qualche modo, potrebbero essere a posteriori giudicati produttivi.

Ma basterà?

FRANCESCO ROSSA
Presidente Onorario
CIVICO20NEWS

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Articolo pubblicato il 16/09/2018