L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Sara Garino: Eppur si muove!

Moderne riflessioni sul ragionamento scientifico applicato alle Scienze umane

Viviamo ormai in una società fluida, caratterizzata da sovvertimenti e agitazioni sempre più fulminee. In questo continuo divenire, concetto filosoficamente rappresentato da Eraclito con la celebre constatazione del “pánta rheî” (tutto scorre), anche il linguaggio della Scienza si muove nel medesimo alveo.

Con la particolarità – in quanto linguaggio eretto su informazioni che s’intendono affidabili (perché verificate o comunque verificabili), coerenti (cioè capaci di rafforzarsi vicendevolmente), consistenti (nella misura in cui si armonizzano con quanto già noto) e adeguate (ovvero pertinenti al contesto in discussione) – di riuscire a intersecare più ambiti dell’indagine conoscitiva umana, qualora a essi venga applicato un comune approccio di rigore e strategia.

Dalla Sociologia all’Economia, approdando addirittura a quanto di più volatile e mercuriale possa in apparenza esistere: la Politica.

In effetti, la strategia consta di un piano d’azione di lungo periodo, in cui vengono messe in atto iniziative diverse allo scopo di perseguire e raggiungere un unico risultato conclusivo: come un’importante scoperta scientifica oppure un obiettivo aziendale di livello. E dove, per inciso, potremmo per l’appunto concepire alla stregua di un’Azienda persino lo Stato.

In quest’ottica ci si serve di tattiche, quindi di tecniche preordinate, le quali non necessariamente producono risultati a medio-lungo termine. Invero, si tratta piuttosto di azioni “impulsive” (o reazioni), finalizzate a un’evoluzione di corto raggio, la cui bontà deve essere valutata sulla base delle migliorie eventualmente prodotte. Come un algoritmo, che oltre ad apparire elegante, user-friendly (semplice all’uso) ed efficace per quanto concerne il tempo di calcolo, debba altresì dimostrare di saper correttamente riprodurre – simulandoli – i dati del mondo reale. Oppure come la presentazione di uno scenario economico, valido (o meglio, utile) nella misura in cui capace di influenzare e manipolare le scelte delle majors di settore.

Sun Tzu (generale e filosofo cinese vissuto fra il VI e il V secolo a.C., nonché autore del più antico trattato di Strategia militare a oggi noto) commenterebbe all’uopo come la riuscita di una missione si fondi sull’abilità di palesare le tattiche, tenendo però ben nascoste le strategie… Oltre, ovviamente, alla maestria nel saper vincere senza combattere.

Tuttavia, in questo senso, che cosa lega l’opera “L’arte della guerra” di Sun Tzu con la Scienza e, più in generale, con le Scienze (ergo con le altre discipline innovativamente approcciate in modo scientifico)?

La risposta è lapidaria: l’Uomo.

La Conoscenza (traduzione dell’etimo latino Scientia) è infatti un prodotto dell’Uomo, indipendentemente dall’ambito in cui la si applichi: e così il ragionamento scientifico rappresenta il frutto di un parto, temperato dalle regole (e dai condizionamenti) della comunità umana. A tal proposito echeggia qui la maieutica di Socrate, poi ripresa da Platone in virtù della sua capacità di “partorire” l’Epistème (ovvero la Cognizione certa e indubitabile, cui la Scienza tende senza poterla raggiungere), attraverso il confronto e, anche, la conflittualità del dialogo.

Tale passaggio rivela la natura intimamente biologica della lotta, e della competizione che – secondo Sun Tzu – costituisce un aspetto essenziale della vita umana, tanto dal punto di vista introspettivo quanto in riferimento ai rapporti con i simili. Osservazione, quest’ultima, ripresa oltre due millenni più tardi dal filosofo inglese Thomas Hobbes, propugnatore della teoria per cui “Homo Homini lupus est” (ciascun Uomo è lupo per gli altri Uomini).

In termini basici, prima ancora di essere sapiens l’Uomo è oeconomicus, poiché depositario di fini e obiettivi diversi (e confliggenti) da persona a persona. Donde la traduzione antropologica di una guerra che, nel tempo, da aggressione fisica diviene volontà di tramutare un potenziale avversario in un potenziale alleato.

Si tratta di passaggi evolutivi non codificabili dai numeri. Eppure la loro esistenza dimostra come, oltre la retorica della quantificazione più stringente, sussistano grandezze qualitative che, in modo non meno rigoroso, sono in grado di fornire attendibili e consoni (dunque scientifici) strumenti d’interpretazione e modellizzazione del reale, specie nei suoi risvolti sociologici. Vedasi in proposito l’expertise (competenza) delle multinazionali, oltremodo capaci di usare e soprattutto di dirottare scientemente ciò che, almeno in apparenza, non si può misurare.

Da qui discende allora il problema dell’autorevolezza delle fonti, nonché dei fruitori che di quelle informazioni si avvalgono. Aspetto decisamente pressante, giustappunto perché – come richiamato in apertura – inserito nel contesto di un mondo volatile, ondivago e quindi ancor più vulnerabile. Dove peraltro il mercato globale assurge vieppiù a rovello analitico, caratterizzato da cacofoniche asimmetrie informative, in cui l’autorevolezza cala come principio ordinatore e di felicità.

E qui s’inserisce l’hub comunicativo moderno, ovvero il perno della contemporanea capacità di comunicare. Al di là degli innumerevoli lessici usati dalle diverse categorie professionali, esiste, dunque, un metalinguaggio con alto livello di coerenza che, mediamente, fornisca la chiave di lettura comune per decodificare la realtà in continua evoluzione?

Una valida base potrebbe innestarsi sull’interdisciplinarietà, ovvero sul tentativo “fisico” d’intersecare e di mettere in comunicazione i Saperi (ingegnerizzati come Scienze), approfittando della loro comune origine quale prodotto dell’intelligenza umana.

In questo senso la condivisione dei termini (precipui di ciascuna disciplina ma al contempo estraibili – ed estrapolabili – in un contesto allargato) nonché la sovrapposizione degli strumenti d’indagine, moltiplica la capacità di profilazione e di previsione della realtà, sempre indagata con i filtri del rigore linguistico, logico e di controllo empirico.

Sovvertendo però il metodo, come del resto già evidenziato dal filosofo Karl Popper. Alla verità ci si avvicina sempre muovendosi: e tuttavia non aggiungendo certezze ma sfrondando, passo dopo passo, gli errori.

Una sorta di “novello metodo scientifico galileiano”, in cui all’irraggiungibile certezza del sapere viene sostituita la congetturalità del non sapere, che poi è proprio sapere in divenire…

 

SARA GARINO

Vicedirettore Vicario

CIVICO20NEWS

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Articolo pubblicato il 28/10/2018