Il gioco di Baricco

L’ultimo libro dell’autore torinese fa riflettere sulle nuove tecnologie

Ho appena terminato di leggere l’ultima opera di Alessandro Baricco, noto scrittore torinese, nonché fondatore della Scuola Holden, un libro che, dopo l’uscita di qualche anno fa di “Barbari”, prosegue con l’analisi dei nostri tempi per quel che riguarda, questa volta, la nostra forma mentis mutata dalla rivoluzione digitale.

Il testo di Baricco, intitolato “The Game”, è alle volte un po’ prolisso, nonché ripetitivo nel passare in rassegna tutta la cronologia delle innovazioni tecnologiche, dall’avvento di Internet sino all’invenzione degli smartphone, tutte informazioni risapute e facilmente reperibili sul Web, ma alla fine ci porta a riflettere su come il nostro modo di pensare sia cambiato.

Proprio come indicato dal titolo del suo saggio, “The Game”, tutto, secondo Baricco, ebbe inizio con Space Invader, uno dei primi videogiochi del anni ’70, in cui l’uomo-tastiera-schermo, l’interattività e il raggiungimento di un punteggio iniziarono quella nuova fase intellettuale dell’uomo contemporaneo.

In effetti, a distanza di quarant’anni da Space Invader, i social network altro non sono che “giochi” mascherati, in cui si è interattivi e nei quali il punteggio equivale ai “like” dati o ricevuti.

Postare un filmato su youtube  rende soprattutto nella misura in cui si ottengono i punteggi/iscrizioni a quel canale, a quella persona.

Baricco passa poi a farci notare come un limite della digitalizzazione stia nel fatto che se ad esempio la scrittura, il teatro, il cinema  sono diventati nuovi modi di espressione, oggi lo streaming TV, i musei virtuali, gli e-reader altro non sono che mezzi per fruire di quegli stessi modi espressivi senza aggiungere nulla più.

La rivoluzione digitale ci ha dato l’opportunità di non essere più “passivi” (davanti a TV, teatro, cinema, …) ma attori in primo piano che possono postare, pubblicare qualsiasi cosa, in una sorta di liberalizzazione della volontà di ciascuno di noi in barba a ogni tipo di competenza, tanto da riempire il web di quantità spesso a scapito della qualità.

A pensarci bene, forse tutto ciò altro non è che l’anticamera di quel processo di sostituzione dell’uomo in tutte le attività manuali, che saranno sempre più svolte da robot e macchine, per lasciargli il dovuto spazio a quelle meramente intellettuali (blogger, influencer, …) salvo poi rendersi conto che non basta postare qualcosa su un social network o un canale youtube per guadagnarsi da vivere spacciandosi per competenti quando troppo spesso non lo si è.

 

 

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Articolo pubblicato il 16/11/2018