L’epoca della riproducibilità

Dal vero alla sua riproduzione: la società che non ha (più) bisogno dell’autentico

La bella mostra The Art of the Brick, ancora per pochi giorni presso la Promotrice delle Belle Arti di Torino, ci pone davanti alla bravura di Nathan Sawaya, artista contemporaneo in grado di realizzare figure umane a grandezza naturale utilizzando mattoncini Lego.

La bravura dell’artista sta proprio nell’essere capace di rappresentare perfettamente l’anatomia umana attraverso l’utilizzo di pezzi di plastica fatti di spigoli e tutto ciò, per una volta, rende l’arte contemporanea degna di essere ammirata, senza tante intermediazioni come quelle di chi cerca di spiegarci opere brutte e incomprensibili.

Recentemente mi è capitato di recarmi a Genova e di vedere Palazzo Reale che, tra le sue opere, ha una copia di una grande tela dipinta dal Veronese, dal momento che l’originale era stato portato dai Savoia dal capoluogo ligure a Torino.

Il tema della riproduzione è un tema antico: la pittura, poi la fotografia sino alla cinematografia hanno consentito con modalità diversa di riprodurre il vero sotto altre forme.

C’è, tuttavia, un approccio diverso tra i differenti modi di copiare e di riprodurre, perché, se la copia di un quadro, pur sempre un’opera d’arte anch’essa, con le sue differenze, e la riproduzione dell’anatomia umana attraverso l’assemblaggio di mattoncini Lego sono due esempi virtuosi di come l’arte ci faccia riflettere sul mondo, altra cosa sono la riproduzione su schermo della realtà e la riproduzione in serie.

Nel primo caso, sono ormai sempre più frequenti le mostre (Van Gogh, Caravaggio, Leonardo) nelle quali le opere degli artisti sono esattamente quelle vere (quindi non c’è copia artistica né riproduzione con altri strumenti), ma vengono proiettate su schermi, seppur in altissima risoluzione.

Di recente, si è parlato molto della possibilità, per altro già in atto per alcuni grandi musei, di godere di ciò che vedremmo recandoci sul luogo attraverso la semplice e comoda riproduzione di immagini e filmati, e ciò riguarda anche luoghi che potremmo anche non andare più a visitare.

Nel secondo caso, ossia quello della riproduzione in serie, la nostra epoca, a partire dal dopoguerra, ci ha abituati alla realizzazione di qualsiasi manufatto in serie (si pensi all’automobile) sino ad arrivare alla possibilità autonoma di costruirsi ciò che si vuole (anche le armi) con l’ausilio di una stampante 3D.

Che sia più entusiasmante vivere un’opera d’arte standovi davanti veramente o sentirsi addosso la brezza che soffia su un lungomare invece che vederne solo una fotografia in rete è una soggettività che ognuno di noi può apprezzare in maniera diversa, unica; fruire, invece, di sole copie del mondo è certamente un approccio diverso che, come le amicizie vissute su Facebook anziché dal vero, disumanizza quel nostro modo di sentire il mondo cui non dovremmo mai rinunciare.

 

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Articolo pubblicato il 21/02/2019