Veicoli elettrici e CO2: è la soluzione finale?

Innovazione o frenesia che porta a scelte emotive e decisioni affrettate?

Tutti elettrizzati dall’avvento della macchina elettrica. Il miraggio emissioni 0 sembra realtà. Basterà inserire la spina, niente più carburanti di derivazione fossile. Fine dell’inquinamento! Ma è così?  Fino a pochi anni fa il gasolio pareva la panacea di tutti i mali; turbodiesel era sinonimo di consumi ridotti, potenza, velocità. Motori scattanti, cubature “importanti“, inquinamenti imbrigliati da marmitte catalitiche. Sembrava la soluzione; erano gli anni ‘80. Non si è rivelata tale.

 

Un propulsore turbodiesel di 2000 cm³ con compressione 0,6 bar equivale a un 3600 cm³. Lo abbiamo avuto quasi tutti. Adesso bisogna buttarlo via ed è quasi giusto. Già molte case automobilistiche hanno tagliato i prezzi dei mezzi a gasolio, poiché tra un po’ non li vorrà più nessuno. Resistono le piccole e le supersportive a benzina, mentre molti sono persuasi di non produrre CO2 viaggiando a GPL o metano. Avanza il motore ibrido, con trazione termica ed elettrica che lavorano in sinergia, persino la formula 1 si è adeguata. Il futuro ci prospetta un continuo sviluppo della propulsione completamente elettrica.

 

Molte invenzioni date per miracolose nel periodo iniziale, hanno poi avuto una ricaduta, mostrando il lato negativo in un primo tempo surclassato dall’entusiasmo. Per quanto riguarda il motore elettrico, pur con le sue molte qualità pulite e prestazionali, il rischio è che tra trent’anni ci si possa trovare di fronte al problema del riciclaggio di montagne di batterie al litio, al nichel o le prossimeallo stato solido”, alla scarsità di materiali rari necessari per costruirle, a emissioni elettromagnetiche in fase di ricarica e a campi magnetici in viaggio o fermi ai semafori. 

 

L’auto elettrica è davvero a emissioni zero? A valutare la questione è lo Swedish Environmental Research Institute di Stoccolma, che analizza il ciclo di vita (life cycle assessment), delle batterie agli ioni di litio utilizzate per i veicoli elettrici. Secondo Lisbeth Dahllöf e Mia Romare, autrici dello studio, la produzione di questi accumulatori genera l’immissione in atmosfera di quantità di CO2 (diretta ed equivalente): dai 150 ai 200 kg per ogni kWh di potenza.  

 

In Cina c’è il boom dell’elettrico, entro il 2030 saranno milioni i grossi veicoli intenti a fare il pieno a 220 V, poi a 12 o 24 V, addomesticati dai trasformatori delle colonnine. Manca a tal proposito un programma a lungo termine, una legislazione internazionale.

 

 

Ma come produrremo la necessaria quantità di elettroni? Con altra energia elettrica pulita? Esistono migliaia di centrali sparse per il mondo. Le sole a non emettere fumi serra sono quelle idroelettriche, eoliche, solari e geotermiche, ma sono poche. Altre bruciano nafta, alcune ancora carbone. Infine, le centrali nucleari, terribile eredità per lo smaltimento delle scorie radioattive.

 

Niente si crea, niente si distrugge, ma tutto si trasforma. La produzione di energia elettrica e il suo uso da cui dipende il nostro stile di vita, già oggi è causa di molti problemi che affliggono il pianeta e la sua impollinata atmosfera. Quanta ne occorrerà per muovere masse di veicoli a gran velocità?

 

Per contenere l’inquinamento e l’effetto serra dovuti alle emissioni dei mezzi di trasporto, molte soluzioni sono a portata di mano. Invertire la tendenza, rallentare, fare tutto un po’ più piccolo, motori compresi sarebbe un passo all’indietro allettante per un’industria legata a doppio filo con una politica ambientalista. Sarebbe un’alternativa per certe incognite dei mezzi elettrici e una involuzione intelligente per quelli a combustione.

 

Mettere in commercio veicoli “a utilizzo reale” ridimensionati, tagliando prestazioni e cilindrate, così da diminuire le volumetrie dell’ossigeno aspirato e delle emissioni di CO2, sarebbe un ritorno al futuro ispirato al passato (è un controsenso catalizzare veicoli “euro 6” da 2 t, 3000 cm³ e 250 cv.) Ci si muoveva lo stesso con motori piccoli neppure tanto tempo fa, oggi abbiamo la tecnologia per costruirli più puliti, meno voraci e rispettosi del Globo terracqueo.

 

Il problema poi, non è l’inquinamento del mezzo singolo, ma altri numeri: siamo 7.5 miliardi di esseri umani che pilotano 1.5 miliardi di vetture. Tutto è in aumento esponenziale. La soluzione è racchiusa  in una globale tendenza verso un modo di vivere un po’ più “slow drive”. Considerando che la propulsione elettrica risolve soprattutto l’inquinamento locale, pare che si vada dalla parte opposta, riproponendo gli stessi paradossi:

 

  • Auto elettriche da 2000 kg (es: Tesla) e 5-7 posti;
  • auto elettriche da 2 t che scattano da 0 a 100 in 4 s. e che viaggiano a 220 km/h;
  • auto elettriche da 2 t che hanno 600 km di autonomia
  • auto elettriche di gamma medio-alta che attualmente costano non meno di € 30.000

 

Sarebbe interessante soffermarsi su altri tipi di veicolo e di spostamento individuale legato al motore elettrico. Considerando che la velocità media nelle città congestionate è di 10-12 km/h. Un mezzo esiste già, più diffuso in Nord Europa, meno ad altre, pigre latitudini. Altri mezzi urbani dovrebbero diffondersi in seguito un’evoluzione nella richiesta di mercato.

 

  • La bicicletta elettrica o a pedalata assistita è un mezzo tecnicamente maturo, garantisce una velocità di 15-20 km/h, è già disponibile, è esente da difetti;
  • ha un costo contenuto, partendo da € 700 si comprano modelli affidabili;
  • ha un’autonomia che va da 70 a 180 km, più che sufficienti per coprire un pendolarismo urbano quotidiano;
  • la ricarica delle batterie non richiede per forza colonnine, può essere praticata in casa o in ufficio;
  • ciclomotori e motociclette elettriche possono offrire maggiore velocità e autonomia conservando gli stessi aspetti positivi;
  • mini vetture urbane a basso costo capaci di muoversi agevolmente in città andrebbero sviluppate & incentivate

 

Si tratta di una logica per un utilizzo pratico e sensato del motore elettrico, molto adatto anche per mezzi pubblici, sia a breve che a lungo raggio, più che a massicci 4WD con un solo passeggero a bordo. La macchina industriale, nel frattempo però, è partita riproponendo in chiave elettrica, le medesime tipologie formali e gli stessi segmenti di veicoli che siamo abituati a riconoscere, anche se i designer si stanno concentrando su mezzi più piccoli.

Occorre dunque un movimento culturale e tecnico capace di affrontare la questione della mobilità pulita nella sua globalità. In questo caso, la mobilità elettrica non può che uscirne vincente. Non essendoci uno studio né una legislazione che indirizzi le scelte lontano dalle esagerazioni, calcolando come tutto si sta già muovendo in fretta, con ordinanze e restrizioni a Euro 0, 1 etc. come la rottamazione di tecnologie ritenute obsolete (come già per il televisore fino alle caldaie domestiche), il sospetto è che la nuova “corrente” di pensiero, non sia tanto ispirata dalla soluzione dei problemi ambientali, quanto di più dal bisogno di spalancare un altro, planetario mercato.

 

 Renault Twizy. Quadriciclo elettrico biposto già in commercio. Un bel prodotto d'avanguardia

 

E' il cosumismo senza regole a cui ci siamo venduti, assoggettati complici di giocattoli magici che ci hanno regalato vizi e comodità in cambio di molto d’altro. Siamo chiamati a vegliare & ad avere comunque la speranza che si sappia optare per la soluzione migliore. Alcuni esempi non mancano.  

 

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Articolo pubblicato il 21/04/2019