Torino. Alle elezioni regionali ritorna la Democrazia Cristiana!
Mauro Carmagnola

“Civico20” intervista Mauro Carmagnola, storico leader del Democristiani Piemontesi.

Mauro Carmagnola l’aveva già annunciato al convegno del 16 febbraio, quando il cardinale Severino Poletto, in chiusura del suo intervento aveva riaffermato l’importanza della presenza dei cattolici organizzati all’interno delle istituzioni elettive, per difendere il pluralismo ed i valori riconducibili alla Persona ed alla tutela del Bene Comune, precisando che “ Abbiamo delle responsabilità, a partire dalla colpevole afonia dei cattolici negli ultimi anni”.

 

Così dopo aver  candidato sindaci  in comuni dove si vota anche per il rinnovo dei consigli comunali, s è accordato con l’UDC per ottenere uno spazio autonomo nelle liste di quel partito per il rinnovo del consiglio regionale del Piemonte. Ieri , oltre a presentare i nominativi degli  aspiranti consiglieri regionali, ha aperto a Torino la campagna elettorale ed ha risposto alle nostre domande.

 

Dottor Carmagnola, dopo tanti anni la Democrazia cristiana si riaffaccia alle elezioni?

“Sono candidato per le elezioni regionali del prossimo 26 maggio nella lista dello Scudo Crociato per riportare la Democrazia Cristiana a Palazzo Lascaris. In Piemonte, come in Italia e nei suoi comuni, è necessario tornare ad una politica diversa da quella attuale se si vuole evitare un declino che, al momento, appare irreversibile e pericoloso. Occorre ridare fiducia ad un partito, come la Dc, fondato su valori ed ideali, su una visione responsabile, solidale e popolare della politica e su una concreta capacità di risolvere i problemi”.

 

Con quale programma vi presentate?

“La Dc presenta il suo programma per il Piemonte. Non è il solito libro dei sogni e delle promesse, ma l’idea che il partito ha della nostra regione. Esso è il frutto di un colloquio con le principali associazioni economiche e sociali dell’”arcipelago bianco” nella prospettiva di poter disegnare, assieme a loro ed ai cittadini, un nuovo Piemonte. Non più quello della crisi, ma quello del rilancio”.

 

Con chi vi alleate?

“In questo senso va la nostra scelta di allearci col centro-destra a sostegno di Cirio Presidente. Siamo critici nei confronti dell’esperienza di Chiamparino che giudichiamo negativamente sotto il profilo degli interventi economici, sociali ed educativi. Prima da sindaco ed ora da Presidente della Regione, Chiamparino ha assistito alla deindustrializzazione del Piemonte, ed in particolare dell’area torinese, dimostrando acquiescenza nei confronti di chi abbandonava la nostra terra. Anche sulla TAV la sua azione appare tardiva; i primi NOTAV stavano nel suo partito e per i ritardi accumulati sono maggiori le responsabilità di chi ha governato per decenni rispetto ad una minoranza di oppositori al progetto.”

 

Cosa vi è piaciuto di  meno della giunta Chiamparino?

“Emblematico dell’amministrazione Chiamparino è il discutibile grattacielo della Regione: peggiorativo rispetto al progetto originale e tuttora incompiuto, mentre il coevo dei privati di Intesa-San Paolo è operativo da tempo”.

 

Quali sono i punti peculiari del vostro programma?

“Reclamiamo un comune sentire proiettato oltre la monocultura industriale, ingombrante lascito della cultura laicista e di sinistra di cui restano cospicue le macerie. Al contrario l’orizzonte della Democrazia Cristiana è stato da sempre quello del territorio, dove le direttrici dei parchi montani, della pianura e della collina significano centri rurali, agricoltura, enogastronomia, turismo e rappresentano occasione di lavoro e coesione, dal confine con la Francia al Ticino.

Esistono anche gli agglomerati urbani, luoghi dell’eccellenza economica spesso degradati a causa della crisi, della deindustrializzazione e dell’immigrazione non selettiva in cui l’asse Torino, Ivrea, Vercelli, Novara deve resistere e rafforzarsi come spina dorsale del futuro. 

La Dc è il partito della modernizzazione economica e produttiva lungo l’asse tra la Mole Antonelliana di Torino e San Gaudenzio di Novara. L’ispirazione cristiano-sociale riconosce il pluralismo imprenditoriale ed in particolare la promozione della cooperazione, del terzo settore e dell’economia civile”.

 

Nel contesto pre elettorale, molti si riempiono la bocca  di Cultura, a torto o a ragione. Quale sarebbe la vostra ricetta?

“Per rendere la comunità piemontese coesa e consapevole, anche in chiave glocal, occorre ripartire dalla grande dimenticata degli ultimi anni: la cultura. Poche risorse per fare grandi cose, questa l’idea della Dc. Occorre avere obiettivi chiari. Attualmente la regione destina a questo comparto lo 0,25% del suo bilancio (pari a 30 milioni), rispetto all’1,2% (pari a 120 milioni) di qualche anno fa, laddove i parametri europei per una regione che aspira ad essere all’avanguardia continentale raccomandano una spesa settoriale del 5%. Infatti, soldi ben impiegati in cultura hanno un moltiplicatore 1,8 per ogni euro investito. Incrementare i fondi regionali è fondamentale, ma è altrettanto importante avere un progetto.

 

Innanzitutto, valorizzare le eccellenze, diffuse sul territorio: non solo a Torino, ma in tutte la provincie, e rafforzare lungo le vie dei parchi alpini, del riso e del vino gli assi spirituali, comunitari, monumentali, teatrali e dello spettacolo, ambientali, enogastronomici, che sappiano rendere la piemontesità un fattore di orgoglio aperto ed identitario al tempo stesso. Queste eccellenze costituiscono il miglior biglietto da visita per il Piemonte quando hanno occasioni di andare all’estero (come può accadere al Teatro Regio) o diventano un eccezionale polo d’attrazione quando richiamano importanti flussi di turisti stranieri (come è per le località lacustri, montane o le colline del vino).

 

Ma vi sono ancora troppe situazioni ed eventi che meritano di fare il salto di qualità. E ve ne sono altre, come per esempio l’editoria, che debbono tornare a narrare il bello di una comunità che, peraltro, non può ridursi ad una ridotta a nord del Dusino e ad Ovest del Sesia, come sta accadendo sempre più, per la scarsa capacità di attrazione di un Piemonte che deve tornare Grande.”

 

La vera cultura nasce dal diritto all’istruzione che dovrebbe essere libera, concorda?

“La libertà della cultura trova i suoi fondamenti nel pluralismo e nel confronto educativo. La parità scolastica diventa l’humus attorno a cui cresce la pianta della libera manifestazione delle idee. Essa è stata cancellata nel corso dell’ultimo quinquennio.

Occorre ripristinare quantomeno quel contributo di 1.500 euro pro-capite per quanti scelgono una scuola paritaria non statale, facendo risparmiare allo Stato molto, molto di più di quanto viene concesso come sostegno. Il crollo dei fondi per la parità scolastica da 16 milioni a 1,5 milioni di euro rappresenta un chiaro rifiuto della sinistra di una visione plurale dell’educazione”.

 

Nel vostro programma non può mancare un riferimento alle tematiche della salute? Cosa proponete in merito?

“La centralità della persona umana e la garanzia che nasce dall’articolo 32 della Costituzione - l’uniformità di trattamento indipendentemente dal reddito e dalla collocazione geografica - sono elementi fondanti del nostro sistema sanitario, che vanno difesi malgrado le difficoltà delle finanze pubbliche, perché la qualità della salute è un fatto di civiltà.

 

 La nostra Costituzione, nella parte riguardante i diritti civili, è un esempio chiaro e di altissima prospettiva: in tale disegno si è inserita la prima riforma sanitaria e, su tali pilastri, si è costruito, per successivi aggiustamenti, un servizio sanitario che oggi è, nelle graduatorie mondiali, ai primissimi posti in termini di tutele, di continuo miglioramento delle condizioni di vita, di qualità di risposta assistenziale e scientifica”.

 

Qual’é il suo pensiero sull’impatto delle Tecnologia sul sistema sanitario?

“Il progresso determina costi crescenti delle grandi innovazioni in medicina, sanità ed informatizzazione, che richiedono forti investimenti in risorse umane e finanziarie. Tre problemi imponenti, che richiedono risposte strategiche forti. La prima etica: deve nascere nelle istituzioni, ma soprattutto nella società, la cultura che nella tutela della salute, nella assistenza, nell’attenzione ad una popolazione che sempre più si cronicizza non può lasciare indietro nessuno e che nell’attenzione alle risorse, nel rifiuto dello spreco, nel corretto utilizzo del bene pubblico non vede solo un imperativo economico da utilizzare in sede di bilanci ma un impegno morale per poter garantire tutti.

 

 Il tema della continuità assistenziale, con la definizione di percorsi che integrino ospedale e post-acuzie, e l’attenzione al tema della cronicità diventano la sfida futura per la sanità piemontese. La rete di nuovi ospedali, tra cui centrale è il nuovo Parco della Salute ed innovazione di Torino, è sostenibile se affiancato da una politica che guardi contemporaneamente al territorio ed al sociale. La seconda istituzionale: la salute, così come l’assistenza, non sono beni negoziabili, ma oltre ad essere diritti fondamentali dell’individuo, sono il vero collante, l’elemento centrale di coesione di una società moderna. Come tali, lo Stato, le Istituzioni devono garantirne la centralità, rifuggendo dagli slogan, ma lavorando per una forte tutela.

 

La terza organizzativa/economica: il mondo della salute, intesa nell’accezione più ampia, è una realtà centrale nel mondo del lavoro ed occorre incrementare tale ruolo sia attraverso investimenti in ricerca e sviluppo sia attraverso processi integrativi che vedano il terzo settore, in un rapporto sinergico con il pubblico, componente essenziale nel coniugare cura della persona, utilizzo corretto delle risorse e finalità  etica. Solo un riconquistato senso della comunità può porre un argine alla deriva di un individualismo troppe volte coniugato in egoismo, che fa purtroppo dimenticare il dovere inderogabile per ogni cittadino, sancito dall’articolo 2 della Costituzione, di solidarietà politica, economica e sociale”

 

Nell’affrontare la caduta dell’occupazione e la deindustrializzazione, ritiene di fare un accenno ai valori oltre che alle proposte? 

“La Democrazia Cristiana, alfiere convinto della dottrina sociale che – con la Quadragesimo Anno di Pio XI – fonda la necessità che l’autorità suprema dello Stato rimetta ad associazioni minori e inferiori il disbrigo degli affari e delle cure di minor impatto, dalle quali lo Stato stesso sarebbe mallevato attuando così i principi basilari della sussidiarietà, ritiene che il nuovo Piemonte post-fordista abbia bisogno di una grande iniezione di democrazia economica. Solo questa attenzione può risolvere in modo duraturo ed incisivo il problema abitativo delle periferie dove all’inquilinato diffuso ed ereditario devono essere preferite forme ed assunzioni di responsabilità tipiche della proprietà agevolata.

 

Così pure vi sono vaste e sempre più abbandonate aree interne, perlopiù collinari e montane, soggette allo spopolamento dove solo iniziative economiche limitate, ma solide ed integrate in una filiera – magari della green economy - possono determinare una ripresa sociale ed economica. Un esempio tra i molti possibili. L’accrescimento delle risorse forestali italiane è utilizzato al 10%, quello austriaco al 90%. False politiche ecologiche ed abbandono hanno privato il territorio di una filiera del legno che arrivasse fino, ad esempio, ai complementi per un’edilizia tipica e locale. L’assistenza vede una componente di matrice cooperativistica, per esempio nel comparto della non autosufficienza, pari al 30%, mentre la sanità, soprattutto di territorio, registra consolidate esperienze di collaborazioni professionali tra medici di base e farmacisti, per esempio”.

 

E’ importante per voi la sussidiarietà tra i valori enunciati?

“La sussidiarietà deve crescere anche in campo economico-culturale, dove siti e luoghi – magari poco noti o scarsamente sfruttati – possono divenire un’occasione di lavoro sotto la spinta di iniziative locali.  Gli interventi che abbiamo previsto, e riteniamo efficaci sotto il profilo economico ed encomiabili sotto quello sociale, avranno un impatto limitato se non sapremo costruire una comunità fondata sui valori. Per questo la Democrazia Cristiana si impegna alle elezioni regionali, riproponendo lo scudo-crociato ma, soprattutto, ripresentando con forza la sua idea di società.

 Pensiamo, innanzitutto, ad un forte rilancio economico basato sull’impresa, il lavoro e la collaborazione tra le categorie (interclassismo)”.

 

Su quali principi fondate il rilancio economico del Piemonte?

“Alla base di questo non vi sono solo e tanto interventi normativi: vi è  soprattutto la riappropriazione di una responsabilità comune a tutti gli operatori economici che l’assistenzialismo, l’edonismo ed il rancore hanno allontanato da un destino condiviso.

Il rilancio economico porterà benefici collettivi come la salute, la formazione, la cultura che dovranno fruire dell’innovazione e creare nuova innovazione, attenuando il disagio sociale ed il senso di abbandono e precarietà che attanagliano la nostra società. Però saranno l’ispirazione cristiana e l’umanesimo integrale a dare senso alla promozione umana cui aspiriamo tutti, per tutti e dappertutto, di cui la prosperità economico-sociale è solo un aspetto, non la ragione fondante, soprattutto se declinata in modo egoistico.

 

Sotto il simbolo dello scudo-crociato si realizza la sintesi tra i cristiani per la vita e quelli per il sociale, un dualismo nato non a caso con la fine della Dc. Per i democristiani Il feto, il malato terminale, il migrante, il povero, l’emarginato, la persona in difficoltà e lasciata sola sono compagni di strada da aiutare nella prospettiva di una vita migliore (meritata) promessaci con assoluta chiarezza.

Il realismo cristiano, il senso delle cose, la concretezza, la mancanza di pregiudizi e di strumentalizzazioni ideologiche tipici della sinistra e del populismo lasceranno alle spalle una stagione di immiserimento della vita collettiva nazionale se il consenso allo Scudo-crociato segnerà una nuova stagione della politica piemontese ed italiana”

 

Dottor Carmagnola, se dalle pagine del nostro giornale dovesse rivolgere l’ultimo appello agli elettori, in estrema sintesi cosa direbbe?

“Il voto allo Scudo-crociato è la garanzia di una politica diversa, migliore di quella attuale. La preferenza data a me è la certezza che in Regione ritornerà un democristiano da sempre, determinato a riproporre in Piemonte gli ideali e la prassi di Sturzo e De Gasperi, ma anche l’azione di Calleri, Oberto, Beltrami e Brizio che, da presidenti democristiani della Regione, fecero il bene del Piemonte”.

 

Grazie ed auguri dottor Carmagnola

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Articolo pubblicato il 05/05/2019