Dialoghi sul senso della vita – 2.1 di n

Il ricordo ancestrale di una vita diversa

Vedo con piacere che siete sopravvissuti al primo incontro; non è facile né scontato che si possano ascoltare certe cose e decidere di continuare a farlo! Sono informazioni che provengono dal nostro essere più profondo e per questo possono scatenare reazioni imprevedibili. Volevo ancora ringraziare la signora per l’intervento fatto sul finire, che ha permesso di chiarire meglio, prima di tutto a me stesso, il significato di alcune affermazioni che, espresse in modo troppo sintetico, avevano generato incomprensioni.

È molto importante poter rettificare le proprie affermazioni in una atmosfera di condivisione ed apertura; questa condizione permette di esprimersi a cuore aperto senza inutili timori o prese di posizione al solo scopo di salvare la faccia o per stabilire chi è il più bravo o il più forte!

 

Ricordo ancora che nessuno possiede la verità e siamo tutti qui per aiutarci reciprocamente a comprendere meglio le cose.

 

Una caratteristica di questi incontri è che non mi è stato possibile preparare in anticipo un canovaccio per trattarne il tema, diversamente da quanto è stato possibile fare negli scorsi anni su argomenti di portata più delimitata. Però quest’anno dispongo di uno strumento ben più potente di un canovaccio personale: voi!  Voi siete trentuno persone, canovacci viventi, irripetibili, disponibili e autonomi in grado di stimolare lo sviluppo di questo argomento da molti punti di vista.

 

È con grande gioia che, mettendo su carta i punti salienti dello scorso incontro, mi sono reso conto della quantità e tipo di informazioni che avete ascoltato perché significa che ci sono le condizioni per renderle disponibili.

 

Parlare di queste cose tempo fa è costato il rogo ad alcune persone, ma anche oggi non è privo di rischi.

 

Oggi, anziché bruciare fisicamente le persone, si usa bruciarne l’immagine e la dignità mettendole alla gogna mediatica. Quindi trovare un uditorio, fisico, pubblico e partecipante, è trovare un autentico tesoro che nessuno può svilire né rubare!

 

Ciò premesso e ringraziandovi ancora per la possibilità che mi e vi offrite, vediamo cosa ci riserva l’incontro odierno.

 

La scorsa volta abbiamo considerato la possibilità di essere frutto di una informazione, che già di per sé è un concetto difficile da assimilare, …

 

IDP…già, è molto tosto!

 

…. da trasferire nella pratica e da poter utilizzare come mezzo pratico per modificare la nostra percezione delle cose e di conseguenza il nostro comportamento nel quotidiano.

 

È pur vero che ogni tanto ci vengono in mente delle cose e quindi dobbiamo prendere atto che dentro di noi circolano sempre delle informazioni; sebbene non ne conosciamo la provenienza, sappiamo che molte volte agiamo in loro funzione.

 

Quando ricordiamo un fatto che ci ha fatto arrabbiare, ci arrabbiamo nuovamente anche se in quel preciso momento non è presente la persona e la situazione; siamo in un altro contesto, tuttavia al solo ricordo del fatto torniamo ad arrabbiarci.

 

Quindi ora prendiamo in considerazione quanto segue: pur non esistendo le condizioni, basta averne memoria, per agire come se esse fossero presenti.

 

Abbiamo un dato certo: nessuno può negare che quel fatto sia comunque accaduto! Infatti reagiamo a quel fatto solo perché è realmente accaduto a noi! E chi ci guarda, ma non lo ha vissuto, vedendo la nostra reazione non capisce la ragione del nostro comportamento.

 

Userei questo dato per evidenziare quanto segue: si può condividere un’esperienza solo con chi ne ha già fatta una analoga e, al contrario, non si può condividere un’esperienza con chi non l’ha mai fatta.

 

Ora butterò lì l’ennesima provocazione!

 

Risulta evidente che se uno avesse conosciuto l’origine da cui proviene, ricordandosene proverebbe le stesse cose provate allora.

 

Questa è una affermazione sconvolgente!

 

IDPe se non ce ne ricordiamo?

 

Lo sforzo che ci viene chiesto di fare nella nostra esistenza è proprio questo: ricordarci nuovamente da dove proveniamo, chi siamo veramente anziché continuare a riferirci a ciò che siamo diventati nostro malgrado.

 

Quando diciamo “noi siamo” dobbiamo ricordarci di non essere solo un corpo, ma un “qualcosa” prestato ad un sistema assai più complesso e più grande che ha bisogno di questo “qualcosa” per poter funzionare e ricordare quale è il suo compito. Similmente a come se noi fossimo un organo trapiantato in un corpo per aiutarlo a guarire da un danno subito.

 

IDPricordare il momento della nascita, del concepimento, dei primi anni o anche di moooolto prima!

 

IDPfin dall’origine dei tempi!

 

Sebbene tutti i ricordi siano importanti per qualche ragione, la dottoressa presente tra voi potrà confermare o smentire, e alcuni problemi di cui soffriamo traggano origine nei nostri primi momenti di vita, figuriamo quanto più potenti possano essere le conseguenze che stiamo patendo derivanti da fatti ancora più remoti il cui ricordo sia profondamente radicato in noi nell’inconscio personale o condiviso tramite l’inconscio collettivo.

 

IDPc’è qualcuno che ricorda?

 

Tutti noi ricordiamo! Ma nella maggior parte dei casi in maniera inconscia.

Quando cominciamo a percepire che alla nostra vita manca qualcosa è perché ci stiamo collegando con un tale ricordo, un “prericordo”, un ricordo ancestrale: il ricordo fondamentale di ciò che eravamo in origine che è stato sepolto sotto strati di altri ricordi più o meno utili.

 

Ovviamente, visto che apparteniamo ad una società che riteniamo evoluta, pensiamo di avere anche strumenti sufficienti per gestire tale condizione, per trovare il modo di colmare questo apparente vuoto mnemonico temporaneo. Ciò è parzialmente vero, poiché l’essere umano è stato concepito con tali caratteristiche, però non significa che egli sia in grado, o ancora in grado, di conoscerle e di usarle correttamente. Quindi tutti noi possediamo questo “ricordo”, questo principio informatore della vita, anche se attualmente non ne siamo più coscienti.

 

Siamo ormai così intrappolati nel turbinio degli eventi che ci mancano sia la possibilità che la volontà di osservarli con il sufficiente distacco e tranquillità

da permetterne la gestione equilibrata attraverso un’anima abilitata a farlo alla luce delle informazioni memorizzate in quel ricordo.

 

Gli aspetti contingenti della nostra esistenza hanno preso il sopravvento sugli aspetti essenziali al punto che pensiamo che esistano realmente solo i primi mentre, nel migliore dei casi, i secondi sono stati confinati nel campo delle buone intenzioni.

 

Ora sarei curioso di conoscere se qualcuno di voi sente in sé qualcosa di diverso dalle solite cose quotidiane, qualcosa di strano rispetto al consueto, qualcosa di cui non riesce a comprenderne la provenienza e la ragione!

 

IDPposso dire che fin da piccola avevo una sorta di bisogno che percepivo in modo particolare quando mi trovavo all’aria aperta e guardavo il cielo .. c’era come….allora non avevo neanche le parole per esprimerlo…..un anelito indistinto……che mi ha sempre accompagnata….una certezza che non era tutto lì….e che centrasse lo spazio…..Naturalmente ciò ha fatto sì che nel tempo cominciassi ad occuparmi di cose, che cercassi di arrivare ad avere delle conoscenze….e sono ancora qui che cerco e mi arrabatto. Comunque penso che quello che lei chiama ricordo….sì, è vero, noi ce l’abbiamo! Solo non riusciamo a metterlo nero su bianco! È una consapevolezza interiore per me assoluta!

 

Qualcun altro vuole aggiungere qualcosa?

 

Segue nell’articolo 2.2 dal titolo:

Che cosa cerchiamo continuamente?

Foto e testo

Pietro Cartella

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Articolo pubblicato il 01/08/2019