L’egemonia culturale della sinistra all’interno della scuola italiana

La lettera di denuncia di un’insegnante

Riportiamo, come è arrivata alla redazione di Mediaset, l’interessante lettera di un insegnate, la quale ci fa comprendere cosa succede, purtroppo ad oggi, nella scuola pubblica italiana in questo delicato momento storico e sociale.

 

“Sono una docente di Lettere di scuola secondaria superiore. Anch’io desidero intervenire in relazione all’egemonia culturale della sinistra all’interno delle aule scolastiche. 

Ricordo ancora con rammarico e raccapriccio quella Commissione di colleghi che durante l’Esame di Stato 2018 ha indossato le “magliette rosse”: cosa avranno provato gli studenti al momento dell’orale ?

Si saranno potuti esprimere liberamente ? (La domanda è ovviamente retorica). Personalmente non faccio politica a scuola: reputo che il mio ruolo consista nell’aiutare i ragazzi a sviluppare un pensiero critico personale, pertanto mi limito a coordinare il dibattito e ovviamente rispetto i punti di vista di tutti, anche le prese di posizione assai distanti o opposte al mio sentire (purché ovviamente si rimanga all’interno dei limiti stabiliti dalla legge). 

Mi sembra che quando si parla di scuola come “palestra democratica” si debba intendere proprio questo.

Purtroppo negli ultimi anni alcuni argomenti sono diventati dei tabù; o meglio, sono diventati dei tabù per me, ma non per molti miei colleghi. 

Mi spiego meglio. 

Quando si affrontano temi relativi ad immigrazione, accoglienza, pubblica sicurezza, diritti umani, Islam, ambiente, i colleghi di sinistra possono permettersi di pontificare in classe sui porti aperti, sul “restiamo umani”, possono santificare la “capitana Carola” o Greta Thunberg e proporre tali nuove eroine come modello a cui ispirarsi, possono permettersi anche pesanti critiche di “razzismo, fascismo e omofobia” rivolte all’indirizzo dell’attuale esecutivo. 

Ma se, come nel mio caso, il docente ritiene corretta una gestione dei flussi migratori che passi attraverso la legalità, apprezza i provvedimenti adottati dall’attuale Governo, trova quantomeno sospetto che lo “sciopero per il clima” di maggio si sia tenuto due giorni prima delle elezioni europee (chi è molto giovane è facilmente condizionabile), reputa che le forze dell’ordine dovrebbero godere di maggior supporto per garantire la sicurezza di tutti.

Beh, in tal caso la mia bocca deve restare cucita e non posso permettermi di far trapelare nulla.

I miei colleghi possono parlare, pontificare, orientare la mente dei più giovani…Io no.

E questo avviene perché i colleghi si trovano “dal lato giusto della storia”, sono superiori culturalmente, sono gli unici depositari dei “valori umani”, mentre se dovessi esprimere io le mie convinzioni personali, probabilmente verrei criticata, arriverebbero le proteste di alcuni studenti e genitori, ne nascerebbe un caso, probabilmente verrei convocata dal Dirigente e rischierei anche il posto di lavoro.

Pensi che quando in classe affronto l’argomento “La nascita dell’Islam, Maometto”, ho grosse difficoltà a parlare del profeta come personaggio storico, poiché quanto io affermerei in semplice prospettiva storica potrebbe essere letto come “blasfemia” da parte di un appartenente a tale cultura. E non voglio nemmeno immaginare cosa ne potrebbe seguire. 

E quindi tutto deve essere edulcorato e riportato a semplici favolette per bambini, in modo da non scontentare nessuno. 

Ma così facendo si perde anche la capacità di analizzare in profondità il divenire storico e viene a mancare la possibilità di comprendere a pieno ed interpretate il presente nelle sue molteplici sfaccettature.

La differenza fra docenti “culturalmente superiori” e docenti “ridotti al silenzio” si vede anche sui social, dove noi professori veniamo letti, oltre che da utenti comuni, anche da alunni e colleghi.

I docenti di sinistra possono condividere di tutto, anche insulti rivolti al Governo, e va tutto bene, nulla da eccepire; gli appartenenti allo schieramento opposto invece hanno le mani legate e la bocca cucita, in pratica hanno perso la libertà di parola e di espressione. Quello che pensiamo non possiamo esprimerlo; in pratica dobbiamo tenercelo per noi. I miei post sui social sono in maniera molto attenta “neutri”. 

Certo, in tal modo mi contraddistinguo per il bon ton.

Ma mi sento in gabbia.

Non capisco perché l’ideologia di sinistra debba essere accolta con tanto compiacimento all’interno del mondo della scuola, mentre chi ha un orientamento diverso debba stare attento alle singole parole che pronuncia. 

Ad esempio sappiamo tutti come sia “vietato” da parte di un pubblico ufficiale quale è il docente in servizio utilizzare la parola “clandestini”, e come invece in classe sia in pratica obbligatorio ricorrere al termine molto più neutro di “migrante”. Nomen omen, dicevano i latini.

Sembra proprio che il “politicamente corretto” non permetta più di citare un fenomeno con i termini che gli sono propri e che lo descrivono in maniera appropriata, anche a norma di legge”.

 

Voi cosa ne pensate ?

Lasciateci un vostro commento.

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Articolo pubblicato il 11/08/2019