Un talento portoghese per la nuova Italia

Ricordo di Alfredo D’Andrade, di Alessandro Mella

Secoli di storia comune hanno creato un importante rapporto tra il Portogallo e l’Italia. Due nazioni piene di talento, di senso dell’arte, di fede ed anche di pionierismo. L’uno affacciato sull’Oceano, l’altra sul Mediterraneo e quindi entrambe, fatalmente, destinate a diventare scrigni d’arte e cultura nonché fucine operose delle stesse.

 

Oltre, quindi, ai secolari legami tra i reali portoghesi e casa Savoia, consolidati anche da importanti matrimoni politici e dinastici, queste due nazioni si incontrarono anche sul piano culturale. Spesso ci sfugge, ma possiamo cogliere questo rapporto importante molto spesso quando visitiamo castelli e opere del Piemonte, della Liguria e della Valle d’Aosta.

 

Alfredo d’Andrade nacque a Lisbona il 26 agosto 1839 in un Portogallo che da poco aveva trovato un migliore equilibrio dopo l’infausta guerra civile seguita alle azioni sconsiderate di Michele I. La monarchia portoghese aveva assunto, coraggiosamente e tra le prime in Europa, un assetto non più assolutista ma già costituzionale e guardava lontano con la Regina Maria II.

 

Il giovane Alfredo iniziò, fin da ragazzino, a frequentare il mondo dell’arte ed a visitare il laboratorio dell’incisore e pittore Trifòn de Avilez ove scoprì un talento vivace per l’arte. Ma la sua famiglia, commercianti e borghesi, decise di avviarlo all’attività commerciale inviandolo a Genova a far pratica dai fratelli Baratta. La speranza era che il giovanotto potesse maturare un certo senso degli affari per poi dedicarsi al meglio al mestiere.

 

Ma così non fu anzi il ragazzo sviluppò una sempre maggiore attenzione verso l’arte e la cultura. Nel 1856 iniziò a viaggiare e visitò Firenze, Civitavecchia, Roma e Napoli prima di rientrare in seguito a problemi di salute. Tuttavia il viaggio lo segnò profondamente. Nel paese della cultura e dell’arte il suo amore per loro si andò consolidando sempre più e sopravvisse al suo forzato rientro in patria. Continuò, comunque, a frequentare esposizioni e studi di artisti rinomati e non per imparare, capire e sentire quella bellezza che ne esaltava lo spirito e ne nutriva il cuore.

Tra la fine degli anni ’50 ed i primi anni ’60 dell’ottocento si divise tra il Portogallo e l’Italia in particolare tra Lisbona e Genova. Lavorava e dipingeva, studiava e si preparava con grande passione. Ma nel 1865 coronò un sogno e si trasferì in Italia definitivamente per dedicarsi al rilievo di edifici storici maturando una conoscenza del patrimonio artistico del nordovest unica scoprendo nel contempo una predilezione particolare per il medioevo e le sue reminiscenze. Numerose ma assai trascurate. Al punto da ottenere l’incarico di Sovrintendente alle Belle Arti di Liguria e Piemonte.

 

Incarico che gli permise di seguire tutti i restauri e recuperi di siti, castelli e monumenti per il resto della sua operosa vita. Non c’è castello che non abbia giovato della sua attenzione e della sua opera ed ovunque egli lasciò un segno indelebile della sua passione consegnando ai posteri, in particolare in Piemonte e Valle d’Aosta, un patrimonio culturale, architettonico e storico di eccezionale importanza. Dalla Sacra di San Michele ai Castelli di Pavone, Verres, Fènis, Issogne e decine di altri nomi celebri. Ed anche fuori dal Piemonte al punto da essere consultato, tra gli altri, per il restauro del Campanile di San Marco crollato a Venezia e per la sistemazione della tomba del compianto Re Umberto I assassinato dalla mano vile di Bresci.

 

Dietro la loro rinascita ci furono lui e la sua passione trascinatrice dei migliori talenti disponibili. La sua vita fu un costante contributo al suo paese adottivo. Un paese che lo gratificò, non gli fece mancare le dovute onorificenze ed infine, nel 1912, la cittadinanza italiana. Il quotidiano “La Stampa” di Torino il 1 giugno 1909, nella cronaca della cerimonia tenuta a Fènis in suo onore, ci offrì di lui un preciso ritratto:

 

«Chi sia Alfredo D'Andrade e quanta riconoscenza il Piemonte gli debba non occorre dire. Se tanti nostri vetusti monumenti furono salvati dall'abbandono e dalla distruzione, se furono restaurati e ricondotti a nuova vita lo si deve a questo infaticabile gentiluomo portoghese che dell’Italia ha fatto la sua seconda patria e del Piemonte la sua sede più cara. Dalle mura romane d'Aosta diligentemente restaurate al castello di Fenis da lui salvato dalla rovina, dal Castello di Verrès acquisito allo Stato, a quello di Pavone reintegrato con infinita cura, dai lavori di Palazzo Madama al restauro del Palazzo Genovese di San Giorgio, salvato anch'esso dall'ira degli iconoclasti, l'opera conservatrice di Alfredo D'Andrade si è svolta ininterrotta e feconda. A Roma, a Venezia, a Firenze, (…) il suo prezioso consiglio è stato sollecitato e ascoltato. Da anni ed anni Alfredo D'Andrade dirige il nostro Ufficio Regionale pei monumenti e il patrimonio artistico del Piemonte e della Liguria ha in lui il più caldo ed amoroso difensore e conservatore».

 

Sarebbero necessarie lunghe biografie per elencare la quantità sterminata di importantissimi ruoli ed opere svolte nel nostro paese da questo dono che il Portogallo ci fece. La città di Torino lo volle cittadino onorario ed il Re Vittorio Emanuele III oltre a volerlo cittadino italiano gli conferì le insegne di Grande Ufficiale dell’Ordine dei Santi Maurizio e dell’Ordine della Corona d’Italia.

 

Ma anche la sua patria lontana, quella ove nacque, non lo dimenticò. Il giovanissimo Re Manuel II infatti, salito al trono dopo il drammatico regicidio di quell’anno, gli conferì le insegne di Cavaliere di Gran Croce del Real Ordine di Nostra Signora di Vila Vicosa. L’Ordine fu fondato nel 1818 da Re Giovanni VI ed ancora oggi viene conferito anche a ad alcuni italiani da Dom Pedro Duca di Braganza e di Loulè e Capo della Real Casa del Portogallo, gran maestro con cancelliere Dom Nuno Cabral da Camara Pereira Marchese di Castel Rodrigo e Connestabile del Portogallo, rappresentati in Italia dal conte Giuseppe Rizzani.

 

Pochi anni dopo i tanti e ben meritati riconoscimenti ricevuti e dopo decenni di impegno ed operosità, la salute prese a lasciarlo sempre più. Nella sua casa di Genova morì il 30 novembre 1915.

 

Lui che aveva amato l’arte e la cultura, veicolo di pace e fraternità, se ne andò mentre il mondo si divorava in guerra fratricida insensata e feroce. Dopo le cerimonie la sua salma fu portata a Pavone Canavese ove riposa. In quel suo amato Piemonte che ancora oggi ne ricorda l’opera e gli è grato per avergli lasciato un patrimonio che non ha pari nel mondo.

 

Queste poche righe non bastano minimamente a raccontarne la figura e l’opera ma vogliono essere un piccolo omaggio ad un grande uomo: D’Andrade, un grande artista giunto dal Portogallo per proteggere e consegnare all’avvenire la cultura dell’Italia unita e dell’Europa di domani.

Alessandro Mella

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Articolo pubblicato il 30/08/2019