L’EDITORIALE della DOMENICA di CIVICO20NEWS – Enrico S. Laterza : Cessazione

’Sta folle folle mondializzazione: dal Polo che si scioglie alle foreste in fiamme, dai cortei “gretini” al business delle migrazioni, fino al furto del wc aureo di Cattelan… Ma smettetela!

Sempre qui, quasi ogni giorno (se la pigrizia me lo consentisse), a scarpinare sulla pedana del tapis-roulant della palestra MacFat, dall’erma vetrata che s’affaccia sulla frontiera tra Algeria e Nigeria, da un lato, e tra Romania e Cina, dall’altro, alzandomi e rimirando leopardianamente l’infinito flusso di gioiose genti variopinte cosmopolite – italioti esclusi –, nell’estremo orizzonte del vivace quartiere di Medina Gate, impregnato dei caratteristici odori speziati – non il pucciniano olezzo di verbena – di certe crogiolanti pietanze della cucina tradizionale piemontese (la famosa bagna-kebabbà, mi pare), all’incrocio tra le congestionate ischemiche arterie stradali intitolate rispettivamente a Solimano il Magnifico e a Xi Jinping Imperatore, rifletto e medito, mumble mumble… (a imitazione di Paperon de’ Paperoni, senza possederne i dollaroni). Ove per poco/ il cor non si spaura.

Entro il 2050, i nostri prolifici fratelli africani, in un pianetino già assai gremito, cresceranno in numero da 1,3 a 2,5 miliardi, mentre noi decadenti decrepiti europei saremmo destinati a calare da 500 a 450 milioni circa (leggasi il recente saggio di Stephen Smith): col propulsivo nullaosta degli straricchi cresi Bezosoros, continuamente a caccia di manodopera digitale a bassissimo costo (e in procinto di rimpiazzarla coi robot), una marea montante di giovanottoni di-belle-speranze e fisico prestante in vendita (nonché spesso dall’antiquata mentalità maomettana) si riverserà dunque dal Mediterraneo nell’Invecchiato Incontinente; con un simile tasso di natalità – da cinque a dieci figli per nucleo familiare (nemmeno più le veterofemministe incartapecorite osano evocare il controllo demografico…) –, del ceppo locale di abitanti originari non resterà che un tralcio rinsecchito, la foto sbiadita. Ma – per carità! – non parliamo di invasione o sostituzione etnica.

Sovente i sedicenti “richiedenti asilo” per motivi umanitari (ancora non s’è capito che guerra, persecuzione o carestia affligga il Marocco, ad esempio) od economici (la maggioranza di costoro appartiene alla classe borghese, che riesce a racimolare il necessario per il cospicuo esborso di danaro per l’incomodo viaggio con Scafistour e poi – gratis, a carico del contribuente – tramite Onlus Lines), quando interpellati confidenzialmente, confessano che ritengono di avere diritto all’ospitalità, dovuta in qualità di risarcimento per lo sfruttamento esercitato nei secoli dagli aguzzini del colonialismo predatorio. Vero. Purtroppo, però, all’epoca erano gli schiavisti arabi o spagnoli ad accollarsi la spesa, la fatica ed il disturbo di recarsi a stanarli e catturarli a forza negli sperduti villaggi della giungla e a deportarli in catene su fradici velieri (tipo Amistad) alla volta delle Americhe; mo, invece, sono loro stessi, le vittime, sponte sua, a proprio onere, rischio e pericolo, a venirci a servire a infimo prezzo, lasciando affondare nella miseria e nella corruzione i Paesi che, energici virgulti sradicatisi dal patrio suolo, abbandonano da fuggitivi: wow, ottimo progresso, che trionfale rivincita sui dominatori tirannici cristiani!…

Ah, ’sta folle folle folle mondializzazione!

Contestualmente, sono i cortei della piccola Greta e dei “gretini” (così si sono auto-ironicamente auto-soprannominanti, benché preferiscano le biciclette, gli “inarrestabili” bamboccelli adepti della neo-religione dell’eco-thunberghianesimo), a rammemorarci ed ammonirci in merito alla trascurabile circostanza che il Globo sta per scoppiare di caldo; i (e le) governanti fingono di ascoltare, con orecchio-da-mercante, e, con bocca da furfante, proclamano futuribili iniziative verdi, tardive e inadeguate, per candidarsi a (falsi) salvatori dell’ambiente disastrato. Bazzecole, quisquilie, pinzillacchere, chioserebbe Totò.

Tanto, per fortuna, citando la conosciuta battuta di Keynes, “in the long run we are all dead” (“a lungo termine, saremo tutti morti”).

Le foreste pluviali di Amazzonia e Indonesia s’infiammano ed inceneriscono, sacrificate a favore della speculazione – per niente filosofica – dell’agricoltura estensiva devastante (dall’olio di palma ai pascoli per hamburger a-quattro-zampe).

I Poli si sciolgono, i ghiacciai defungono. Presto Venezia eliminerà alla base il problema delle gigantesche navi in transito negli stretti canali intasati: a breve, col sollevamento del livello delle acque dell’Adriatico, la città lagunare potrà essere ammirata solo dagli oblò di sommergibili inabissati (magari elettrici, a-emissioni-zero).

Gli oceani si plastificano. In compenso, l'aria è irrespirabile.

In ultimo, il culmine: in una triste notte buia e tempestosa di me/tà sette/mbre, a Woodstock, nell’Oxfordshire, inusitati ignoti ignobili ladruncoli hanno estirpato e rubato dai gabinetti del monumentale Blenheim Palace (l’ancestrale dimora aristocratica dei duchi di Malborough, modesta casupola settecentesca, di regale grandezza, che udì i primi vagiti di sir Winston Leonard Spencer Churchill) il celeberrimo duchampista wc aureo a 18 carati – sicuramente assicurato – di Maurizio Cattelan, in cui (nello splendente sanitario, non nell’irridente artista) stuoli di visitatori paganti, sia colà sia al Guggenheim, avevano realmente espletato essenziali bisogni.

Basta. Cesso di scrivere.

 

Enrico S. Laterza

 

 

 

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Articolo pubblicato il 29/09/2019