E' tempo di influenza, una malattia per nulla innocua, poiché può provocare complicazioni che richiedono l’ospedalizzazione.

Arrivano i primi freddi e, puntuale come tutti gli anni, ritorna l’influenza. Uno starnuto, difficoltà a respirare solo utilizzando il naso, una sensazione di stanchezza non giustificata associata a fastidiosi dolori ossei, ci avvertono che probabilmente siamo stati contagiati da uno dei virus più fastidiosi che si diffondono rapidamente per lo più nella stagione autunnale e in quella invernale, quello dell’influenza. 

Si tratta di una malattia virale fra le più contagiose che può manifestarsi sotto forma di casi sporadici, ma può assumere le caratteristiche di epidemia o di pandemia, ovvero di una epidemia  la cui diffusione interessa più aree geografiche del mondo, con un alto numero di casi gravi ed una mortalità elevata. La maggior parte delle infezioni umane sono causate da virus influenzali di tipo A o B. Il tipo A è stato associato a diffuse epidemie e pandemie, mentre il tipo B è stato raramente coinvolto in epidemie regionali. Le infezioni da influenza di tipo C causano solo una lieve malattia respiratoria.

Le epidemie influenzali annuali possono colpire tutta la popolazione, ma i bambini di età inferiore ai due anni, gli adulti di età superiore ai 65 anni, così come le persone con condizioni mediche croniche o un sistema immunitario indebolito, sono i soggetti più a rischio di complicazioni. Il tasso di attacco annuale è stimato al 5-10% negli adulti e al 20-30% nei bambini.

Il virus dell'influenza si trasmette tra gli esseri umani con differenti modalità: attraverso l'inalazione di aereosol contenente particelle di virus, condizione necessaria per la trasmissione respiratoria. Anche semplicemente il parlare, o cantare oppure la normale respirazione possono produrre una quantità elevata  di aerosol, minute gocce  di saliva, mentre starnuti e tosse portano ad una più forte espulsione delle goccioline in grado di trasmettere l'infezione con un meccanismo descritto per la prima volta da Carl Flugge, il ricercatore da cui tali goccioline prendono il nome. Le particelle di aereosol prodotte dalle suddette attività hanno dimensioni diverse. Le gocce più grandi cadono a terra nel giro di pochi metri e infettano solo le persone nelle immediate vicinanze. La distanza che le altre gocce possono percorrere è spesso determinata dalle loro dimensioni e possono venire trasportate più lontano.

Un altro meccanismo di trasmissione è quello rappresentato dal contatto diretto con gli individui infetti, toccando ad esempio oggetti contaminati, talvolta chiamati con un termine desueto di "fomiti",  a indicare la fonte di contagio, come asciugamani, fazzoletti o indumenti  vari, aghi infetti  toccati da un paziente a sua volta infetto. La trasmissione principale avviene da un individuo contagiato che manifesta una intensa secrezione dal naso, in cui sono contenute miriadi di particelle di virus ed è costretto a usare un fazzoletto per poterlo liberare e migliorare la respirazione, contaminandosi le mani. Qualsiasi contatto che ne derivi con lui, come una stretta di mano, è in grado di trasferire il virus ad un'altra persona, che si introdurrà il virus nel suo organismo  semplicemente toccandosi gli occhi o il naso.

Le epidemie stagionali dell'influenza, una malattia troppo spesso sottovalutata,  nei climi temperati, si verificano principalmente durante il periodo invernale, rispetto alle regioni tropicali dove possono verificarsi durante tutto l'anno, con il risultato di focolai molto più irregolari e variamente estesi. Le epidemie causate dal virus dell'influenza sono stimate in circa 3-5 milioni di casi di malattie gravi e fino a 500 mila morti in tutto il mondo.

Il trattamento dell'influenza è sintomatico, cioè volto ad attenuare i sintomi, perché la causa - il virus - non è direttamente combattibile. Esistono farmaci per il trattamento dell'influenza usati per alleviare sintomi come i soliti antidolorifici (acetaminofene o ibuprofene), ma è necessario ricordare che l'aspirina non dovrebbe essere somministrata a bambini piccoli, in quanto è correlata alla sindrome di Reye, la cui gravità è molto variabile.   

La sindrome di Reye esordisce infatti con i sintomi di un’infezione virale, proprio come un’infezione delle alte vie aeree, o come una banale influenza o, talvolta, come la varicella. Dopo 5-7 giorni, il bambino presenta improvvisamente nausea e vomito molto gravi. Nell’arco di un giorno, il bambino accusa una profonda sonnolenza, ed appare confuso, disorientato e agitato. Questi cambiamenti della condizione mentale del bambino sono causati da un aumento della pressione intracranica, seguiti talvolta da convulsioni, coma e decesso.

Per quel che riguarda il trattamento della sindrome influenzale viene raccomandato di bere molti liquidi, soprattutto nei bambini e negli anziani, e di adottare misure igieniche estreme per evitare il contagio, come: lavarsi sovente le mani, coprire la bocca con un fazzoletto quando si tossisce o starnutisce, o cercare di non frequentare la scuola o il posto di lavoro se abbiamo evidenti sintomi influenzali e c'è un chiaro rischio di contagio, soprattutto per le persone più vulnerabili, come gli  anziani o i bambini,).

E' necessario tenere presente che gli antibiotici sono inutili ai fini della terapia della sindrome influenzale, non essendo questa una infezione batterica, ma virale. L'utilizzo dell'antibiotico può essere addirittura dannoso, poiché il sistema immunitario può essere indebolito, venendo anche a svilupparsi una antibiotico resistenza con conseguente prlungamento dei tempi di guarigione. Gli antipiretici ed i farmaci antidolorifici, sono indicati per ridurre la febbre e per placare il dolore, utili per aiutare il paziente a sopportare senza eccessivo disagio la malattia.

Proprio perché non ci sono possibilità di poter agire direttamente sul virus o sui meccanismi di trasmissione della malattia, la misura di profilassi principale per l'influenza è la vaccinazione, che dovrà essere sempre presa in considerazione, affidandosi ai consigli del proprio medico curante e degli specialisti che potranno indirizzare al meglio il paziente nelle strutture preposte a tale servizio.

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Articolo pubblicato il 02/11/2019