Dialoghi sul senso della vita – 6.1 di n.

Capricci del destino oppure no?

Inizio del sesto incontro.

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Buongiorno e benvenuti!

 

IDP = INTERVENTO DAL PUBBLICO

… abbiamo subito delle domande….

 

IDP… io mi riferisco all’argomento relativo alle scelte possibili … quelle a cui si riferiva l’esempio del voler spingere il muro via dal suo posto … come collochiamo il destino e le fatalità … in questo sistema

 

Siamo abituati a sentire delle parole sul cui senso non ci siamo mai troppo addentrati; destino è una di quelle! Per esempio leghiamo il destino a fatalità, a qualcosa che non può essere cambiato. Il destino viene assegnato, in qualche modo, chissà come e perché, a ogni persona. Destino si lega anche ai concetti di giustizia e fortuna; destino favorevole o sfavorevole, giusto o ingiusto! E ci si interroga sulle modalità di assegnazione di un destino anziché un altro.

 

Perché quella persona ha quel destino? Perché proprio a lui e non ad un altro? Ne avevamo accennato in relazione al verificarsi di vite brevissime! Bambini che avevano vissuto solo pochi istanti! Ci eravamo interrogati sulla giustizia di questi fatti.

 

Allargando il nostro punto di vista possiamo osservare come le cose che appaiono immotivate se prese singolarmente, acquistano significato quando le vediamo inserite in un contesto più ampio che ci permetta di osservare un quadro generale.

 

Proviamo quindi allargare il nostro sguardo intorno al destino! Solo ora in effetti possiamo cominciare a parlarne, dopo quanto abbiamo già considerato negli scorsi incontri.

 

Il destino, che spesso viene rappresentato, come la fortuna, con una benda sugli occhi, perché non guarda in faccia a nessuno, in realtà non guarda veramente in faccia a nessuno perché contiene un fattore correttore della vita! Cosa significa? Significa che contiene una funzione il cui compito è quello di mantenerci dentro il nostro specifico programma di vita al fine di conseguire l’obiettivo che è il nostro destino. Tale fattore, che molti chiamano karma, è l’esecutore della legge di azione e reazione per cui ad ogni azione corrisponde una conseguenza.

 

Abbiamo detto che facciamo parte di un corpo più grande, in cui ogni cellula svolge la sua funzione e un corpo può essere sano solo se tutte le cellule di cui è costituito sono sane, cioè svolgono le proprie funzioni in modo corretto.

 

Come il nostro sistema immunitario biologico è il fattore che corregge la malattia per riportare la salute fisica, il karma è il sistema immunitario del destino che corregge le deviazioni dal nostro percorso di vita per riportare la salute della coscienza necessaria a conseguire l’obiettivo.

 

Sappiamo, per esempio, che quando qualcosa non funziona all’interno del corpo la temperatura corporea sale, ci viene la febbre, cosicché tutti gli agenti aggressori che non sono in grado di sopportarla vengono annientati. Altre cose avvengono dentro di noi a nostra insaputa; qualche volta ci sentiamo stanchi, oppure non stiamo tanto bene, ma non sapremo definire chiaramente cosa è che non va oppure dove le difese immunitarie stanno agendo.

 

Il karma agisce similmente; è una specie di meccanismo che tende a riportare sulla strada qualcosa che sta sbandando. Certo è che quando questa azione si manifesta e noi ne siamo l’obiettivo, non siamo quasi mai né contenti né d’accordo. Ciò è in relazione con il nostro crederci il centro del mondo, che per questa ragione dovrebbe obbedire ad ogni nostro capriccio. Perché dovremmo essere corretti se ciò che facciamo è giusto per definizione?

 

Per fortuna esiste il karma, per fortuna esiste la morte! Per poter comprendere il significato di queste affermazioni occorre rimettere in discussione ciò che noi pensiamo siano l’inizio e la fine della vita. Tali riferimenti sono relativi a un periodo temporale inserito all’interno di un ciclo vitale assai più ampio; solo che, non essendo osservabile secondo i nostri parametri abituali, è come se per noi non esistesse affatto. Però sappiamo bene, per esempio, che la vita del mondo non cessa con la nostra vita.

 

Inoltre osserviamo spesso che quando muoiono alcune persone che noi conosciamo si verificano alcune situazioni per lo meno curiose; loro sono sparite per quanto riguarda le nostre percezioni sensoriali dirette ma in qualche modo sembra che continuino a vivere, perlomeno nel nostro ricordo, al punto che a volte ne sentiamo ancora la presenza.

 

Il karma è il fattore che ci aiuta a tenere la direzione della nostra vita verso il compimento del suo destino e non cessa di agire con la nostra scomparsa; quando il sistema dell’essere umano che è stato privato della nostra compartecipazione, deciderà che sia giunta l’ora di ritentare una nuova esperienza mediante l’acquisizione di una nuova entità materiale, sarà ancora la sua traccia contenuta nel destino ad influenzarne la ricerca di una personalità compatibile con quella che siamo stati noi a suo tempo. In questo modo il programma progettuale, definito destino, potrà agire nuovamente integrandosi operativamente nella direzione del processo di realizzazione dell’obiettivo di vita del sistema.

 

Sebbene gran parte delle azioni promosse dal destino siano percepite solo a livello inconscio, arriva un momento, durante lo svolgersi del processo di sviluppo dell’anima, in cui esse incominciano ad essere individuate a livello cosciente quali tentativi di farci comprendere qualcosa che non riusciamo subito ad afferrare. Succederà spesso quindi che alcune situazioni si ripetano pressoché simili fino a quando non ne avremo capito il senso, dopodiché quel tipo di lezione, necessaria alla realizzazione del destino, non si ripeterà più.

 

Abbiamo ricordato che siamo noi stessi ad attirarci le cose che ci servono e che ci viene presentato solo ciò che siamo in grado di sopportare. Il destino tiene conto di queste leggi e quindi non apporta mai situazioni che siano solo negative, anche se spesso noi ci concentriamo su tali aspetti, perdendoci gli aspetti positivi che necessariamente sono legati ad essi.

 

Allargando il nostro campo di osservazione, potremo vedere come il bene e il male, il positivo e il negativo, non sono che fattori opposti necessari a mantenere una tensione in grado di far apparire delle cose. Come i due poli di una batteria sono necessari per lo scoccare della scintilla, rendendo visibile l’energia invisibile nascosta in essa, così il bene e il male rendono visibili le cose invisibili dell’universo! Purtroppo essendo abituati a giudicare ogni cosa e classificarla in buona o cattiva, tendiamo a cercare di trattenere le cose cosiddette “buone” e eliminare o dimenticare le cose ritenute “cattive”. Il risultato è che tali cose sono sempre incomplete e quindi imperfette e false; al massimo sono solo una parte del tutto!

 

Senza contare che, considerando gli aspetti “negativi” come punizioni di qualche ipotetica colpa, insistiamo nell’agire in tal senso aggiungendo errore ad errore.

 

Ma noi siamo solo uno strumento e non c’è strumento che abbia colpa dell’uso sconsiderato che si fa di esso. Un coltello può servire ad affettare il pane o ad uccidere un uomo; ma che colpa può avere il coltello dell’uso che ne fa chi lo impugna?

 

Prosegue nel prossimo articolo 6.2 di n dal titolo:

che cosa ci sfugge continuamente?

 

Foto e testo

Pietro Cartella

 

 

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Articolo pubblicato il 01/12/2019