Roma - CIDA: i Comunicatori scendono in campo; comunicazione e informazione non sono la stessa cosa

Comunicazione e informazione, due mondi paralleli e molto diversi. Confonderli minerebbe le basi del nostro sistema democratico, peggio ancora se per interessi corporativi

Le categorie professionali dei comunicatori, aderenti a numerose associazioni di categoria, contestano l’unificazione del proprio regime pensionistico nell’Inpgi e chiedono di essere ascoltati dalle istituzioni per evitare contraccolpi negativi alle proprie pensioni ed al bilancio dell’Inps.

 

I risultati dell’ultimo bilancio della gestione previdenziale dell’Istituto di Previdenza dei Giornalisti “Giovanni Amendola”, si legge in una nota congiunta, confermano un dissesto finanziario annunciato: assestamento al bilancio 2019 negativo per oltre 169 milioni di euro; preventivo 2020 quasi -190 milioni di euro.

 

La soluzione del Presidente Marina Macelloni non lascia spazio ad interpretazioni: la costante perdita di posti di lavoro

 

“…ci ha portato ad ottenere, nel giugno scorso, la legge che ci consentirà di ampliare la nostra platea. Dal 2023 la nostra platea di iscritti potrà essere allargata ad altre figure professionali che svolgono attività affini e in molti casi sovrapposte alla nostra. Certo, il percorso va completato ma la soluzione da noi prospettata con forza e discussa nel corso di oltre un anno di incontri con i ministeri e con tutti gli interlocutori istituzionali, è diventata legge dello Stato” (fonte sito FNSI).

 

Una soluzione discussa con tutti tranne che con i soggetti professionali che sarebbero coinvolti in questa operazione: i comunicatori e le loro associazioni di categoria.

I comunicatori sono fermamente convinti della necessità di collaborare sul piano professionale, ma ribadiscono con grande fermezza le differenze strutturali di vocazione e di missione che distinguono gli informatori dai comunicatori.

 

Tutte le associazioni del mercato della comunicazione chiedono trasparenza sia sui conti dell’INPGI che sulle ipotesi legislative e sottolineano:

 

La legge cui fa riferimento il presidente Macelloni (decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n. 58) chiede ad INPGI (articolo 16-quinquies) tagli

dei costi e riforma del sistema previdenziale quali condizioni per ipotizzare l'allargamento della base contributiva ad altre figure professionali. Tuttavia, nessuna riforma e nessun taglio dei costi sono stati nemmeno ipotizzati”. 

 

“Allo stato attuale, l’INPGI non reggerebbe nemmeno se fosse coinvolto un esercito di comunicatori. Si intende privare l’Inps di 20/30.000 contribuenti per conferirli ad una cassa privata in dissesto finanziario.  Le criticità di gestione dell’Istituto – ammesse pubblicamente anche dai vertici della Cassa - non possono essere risolte, tuttavia, obbligando migliaia di soggetti a cambiare ente previdenziale, peraltro con le difficoltà che ne deriverebbero nell’uniformare le prestazioni di due enti così profondamente diversi.

 

E quella che oggi viene proposta come soluzione irrinunciabile per INPGI, sarebbe non solo manifestamente inefficace, ma avrebbe ricadute disastrose sull’occupazione nel mercato della comunicazione, sull’INPS e sul futuro previdenziale di centinaia di miglia di professionisti, giornalisti compresi”.

 

Ecco quindi perché chiediamo di essere ascoltati dalle Istituzioni competenti e di aprire un tavolo tecnico per la gestione dei criteri economici di fattibilità di un’operazione che, per come è stata gestita fino ad ora, punta a confermare privilegi immotivati di una categoria – quella dei giornalisti/informatori – in forte crisi occupazionale”.

 

 

 

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Articolo pubblicato il 09/11/2019