I nonnetti delle sardine e la stazione ferroviaria di Bologna

Il treno della vergogna

L’Unità, organo ufficiale del P.C.I., aveva già annunciato il 30 novembre del 1946, con un articolo del suo direttore Piero Montagnani, la ferale notizia. Erano in arrivo alla stazione di Bologna dei treni che, provenienti da Ancona, trasportavano esuli italiani della Venezia Giulia e della Dalmazia, che fuggivano da quello che gli antenati delle sardine di Bologna consideravano un esempio di democrazia ed anche una specie di paradiso terrestre per i lavoratori.

La Iugoslavia di TITO.

I poveri profughi giuliano dalmati dovevano pertanto essere per forza dei fascisti in fuga da un regime democratico.

Il giorno 18 febbraio 1947, la notizia dilagò e si diffuse in Piazza Grande e per le vie di Bologna.  I nonnetti delle sardine si riversarono in massa nella stazione ferroviaria. Già prima dell’arrivo del convoglio, i sindacati social comunisti CGIL avevano già diffuso l’avviso:

                  se i profughi si fermano per mangiare, lo sciopero bloccherà la stazione.

Gli antenati delle sardine bolognesi non si fecero ripetere l’invito. Comunisti staliniani e comunisti di Tito, uniti tra loro ( lo saranno ancora per poco tempo), si precipitarono in massa alla stazione e fecero muro intorno al treno che trasportava gli esuli giuliano dalmati. Volevano impedire loro di scendere e di violare con le loro scarpe il sacro terreno di una città bolscevica, quale era Bologna.

Giovani attivisti, sventolando bandiere rosse con falce e martello, si gettarono sul treno, sputarono sui profughi e lanciarono ortaggi e pietre sugli esuli.

Arrivarono perfino a rovesciare sui binari il latte destinato ai bambini, portato dalle dame di san Vincenzo.

A nessuno fu permesso di scendere dal treno, che dovette proseguire per Parma, dove i profughi trovarono finalmente cibo, acqua e latte per i bambini.

La vicenda suscitò sdegno in tutta Italia e quel treno fu chiamato il treno della vergogna.

Solo molti anni dopo, il comune di Bologna ammise, in concorso con l’Unità, che allora era l’organo ufficiale del Partito Comunista, che su quel treno vi erano “anche persone per bene”, e che vi “erano stati in città atteggiamenti di iniziale incomprensione (sic).

Ed una targa marmorea applicata di recente non è stata purtroppo sufficiente a cancellare dalla memoria della città il ricordo di quel vergognoso episodio.

Permane in alcuni ambienti della città di Bologna, e cova sotto la cenere, uno spirito di intolleranza, di avversione ed anche di vero e proprio odio malcelato sotto una coltre di ipocrisia, verso chi professa opinioni diverse.

Disturbare o contrastare quell’apparato ideologico che ha portato al governo della città politicanti sempre dello stesso colore, il rosso, viene considerato un’intollerabile intromissione ed anche un’offesa alla storia del luogo.

Chi si azzarda a proporre un progetto diverso da quello in corso, viene considerato un usurpatore e va combattuto nel modo più aspro. Non è concepibile che un uomo di apparato (i compagni lo definiscono apparatscik) come Stefano Bonaccini venga detronizzato.

Ed allora è sufficiente che un input partito dal vetusto bolognese Romano Prodi e qualche sotterranea fonte finanziaria messa in campo dal Bonaccini e dal PD, scatenino nella parte più retriva dei bolognesi una reazione di rigetto.

Ecco nascere il movimento delle sardine, guidato da quattro ragazzotti che si definiscono studenti. Sardine che sono legate all’ANPI, alla CGIL e ad altre organizzazioni catto comuniste, con l’obbiettivo di scendere in piazza a manifestare, non contro il governo, ma contro chi si oppone all’attuale governo.

Un pizzico di ilarità viene gettata sulle sardine dall’adesione al movimento dei PAPA BOYS,  guidati da un uomo che era un boy non meno di venti anni fa, dalla compagna di Berlusconi, Francesca Pascale e dal prelato bergogliano Nunzio Galantino.

Incuranti del nome che portano e che definisce una insignificante specie ittica che si muove solo in branco, le povere sardine si riuniscono tutte insieme nelle piazze e si proclamano un movimento spontaneo, indipendente dal partito democratico.

A parte il fatto che tra loro vi siano più anziani che giovani, il movimento nato a Bologna e poi esportato con dovizia di mezzi di trasporto in altre città, non riesce a nascondere la sua vera identità.

Le cosiddette sardine sono null’altro che dei pesci rossi, convinti che il loro travestimento possa nascondere il patrocinio e l’appartenenza alle sinistre ed in particolare al PD di cui si vergognano.

Appare pertanto sbagliato ed autoillusorio il calcolo che fanno i giornali di sinistra ed i talk show rosso fuoco, come Agorà, quando attribuiscono nei sondaggi il 17 per cento di consensi allo pseudo movimento ittico. Perché si tratta di un 17 per cento che non si addiziona ma si rimescola con la percentuale del 18 per cento circa attribuita nei sondaggi al PD.

E’ da approvare invece in modo incondizionato l’inno BELLA CIAO, che cantano le sardine anziane e giovani, quando cita L’lNVASOR che occupa l’Italia.

Perché l’invasor che oggi opprime il nostro paese è senza alcun dubbio l’Unione Europea, accampata con i suoi trattati in Bruxelles, Strasburgo e soprattutto in Berlino.

(immagini Times - Vicenza Today - meteoweek.com - interris.it)

 

 

 

 

 

  

 

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Articolo pubblicato il 13/12/2019