Come la virale sindrome cinese contagia i media soprattutto
Mentre s’abbassano le Altezze Windsor, allettate dal profumo dei soldi, perdendo svagatamente il trattamento riservato ai rispettivi titoli nobiliari, per godersi la dolcevita in libera e placida miseriaccia-ladra multimilionaria nella loro modesta megangalattica casetta (due troni una capanna, esatto, di 650 striminziti metriquadri) in Canadà, Dominion del Commonwealth Britannico e quindi dell’immarcescibile nonnina Betta, piuttosto arrabbiatella, pare, quantunque costretta a far buon viso al cattivo gioco del diletto nipotino Harry, pilotato dall’ambiziosa mogliettina, succede invece che nel residuo orbe terracqueo, abitato da puzzoni plebei, regni il coronavirus.
A parte i numerosi malati e parecchie vittime (a me/tà feb/braio, febbricitante, circa 1500 complessive, già il doppio di quelle dell’esiziale sars nel 2002-2003), prevalentemente a Wuhan e nella regione di Hubei, epicentro dell’epidemia, forse trasmessa agli umani dai pipistrelli, passando per un animale “ospite” (un allocco?), ad esserne maggiormente contagiate – e “untrici” della nuova sindrome cinese – si sono dimostrate altre bestienere: gli sciacalli del circo mediatico planetario. Riempiendo ogni interstizio del palinsesto tivù e dell’affollatissimo stupidario socialinternautico, a qualsiasi ora del giorno e della notte, con amene bufale e sentito-dire (tra cui l’immancabile spia israeliana – ovviamente israeliana – che avrebbe rivelato l’ineffabile complotto o tragico errore di sperimentazione con armi batteriologiche, illogiche), costoro – con in testa gli inquietanti pseudo-giornalisti della cronaca-in-diretta – non cessano mai di raccomandare, con toni allarmistici, a ‘sto Belpaesello di cortesi ascoltatori, spettatori e seguaci (traducendo la parola dall’usuale odioso forestierismo “follower”) di rimanere “sereni”, per non disseminare un “panico ingiustificato”: messaggi tranquillizzanti, tipo “state caaaaaalmiiiiiih, si salvi chi puòooh!”, urlato a squar/cia-go/la all’accenno di un flebile starnuto con gli occhi-a-mandorla. E confortanti paragoni con apocalittici flagelli biblici, piaghe d’Egitto (ad esempio, i riposanti pacifici interrogatori dei bravi sgherri del faraone Al-Sisi), vetuste pestilenze oscure, nonché l’amorevole colera romanzesco di García Márquez (no, non il centauro iberico!), storiche calamità sepolte nella sabbia dell'oblio, dal tifo durante la Guerra del Peloponneso (430 a.C.) all’influenza “spagnola” del 1918-1920 (proprio un secolo fa), dalla “mucca-pazza” dell’86 all’aviaria del ’96… Iettatoria pletora di disgrazie.
Si sa, la prima a morire stecchita in un conflitto – o in una crisi – è la verità (“ne ignorata damnetur”, auspicava l’apologetico Tertulliano, citato in frontespizio nelle Osservazioni sulla morale cattolica del Manzoni).
Ironia-della-sorte e sorta di nemesi, Li Wenliang, il medico che, sventurato profeta-in-patria, denunciò in anticipo l’incipiente emergenza sanitaria, fu arrestato, minacciato, screditato e, dopo la meritata riabilitazione professionale, contaminato e ucciso dal morbo che egli stesso aveva scoperto e combattuto personalmente, con ammirevole abnegazione, nelle corsie del suo ospedale. Onore a lui.
Si mormora, all’inverso, che le impagabili ricercatrici precarie che allo Spallanzani individuarono il ceppo del covid-19 (così poi l’OMS ha ufficialmente denominato il fetente microbo), subito portate in trionfo dall’orgoglione narcisistico peninsulare, fossero state invitate ad una recente famigerata kermesse canora rivierasca nazionalpopolare (non… repubblicana, ove si voglia cogliere l’extralocale allusione con riferimento maoista). Saggiamente han declinato.
Certo che, se si riuscisse a sfruttare l’energia dell’imbecillità (irretita o meno), si risolverebbero per sempre i problemi di approvvigionamento di combustibili fossili o nucleari per spingere l’intera industria mondiale!… Sostituiremmo il pesante inquinamento da scorie radioattive e da anidride carbonica – all’origine di gas-serra e del relativo deterioramento climatico – con una varietà di esalazioni impalpabili probabilmente più velenose, soprattutto in termini mentali, però comunque palesemente onnipresenti e plausibilmente inevitabili, ahinoi!
Nel frattempo, Europa, Asia e America si attrezzano per arginare il germe patogeno, tramite blocchi ai veicoli su gomma o ferro, bastimenti mercantili o da crociera e vettori aerei, precipui controlli agli scali, selezionata quarantena sintomatica dei viaggiatori in arrivo dalle zone colpite eccetera. L’economia (il totemico pil) ne soffre.
E l’Africa? Immune? Gremita di im-prenditori, ingegneri e coloni dell’Impero del Dragone Xi alla conquista di un Continente carente di nosocomi e laboratori scientifici in grado di diagnosticare le insorgenze, apprestare l’adeguata profilassi e monitorare la situazione, ci donerà l’amaro scherzetto esplosivo d’una bomba-ad-orologeria di bacilli?
Persino un cardiolitico (cuore-di-pietra) del calibro del sottoscritto mo quasiquasi prova pietà e si trattiene un po’ dal sacramentare indiscriminatamente per le lampo di burro-metallo che s’incagliano e/o si sciolgono tra-le-dita, i nugoli di fastidiose cimici asiatiche verdastre olezzanti, i balocchi in plastica tossica, i petardi illegali che tron/cano gli ar/ti, insomma le tonnellate di prodotti mandarini tarocchi taxiobsolescenti (cioè programmati per rom/per/si appena comprati, magari al ritorno sul tassì, appunto), o i ciberintelligenti cellulari ficcanaso, senza cui neppure immagineremmo la nostra meschina esistenza quotidiana di robottini-burattini disinformatici iperconnessi…
Pensare che l’azzardo di spostarsi su binari (e scambi), a bordo di un convoglio pendolare o un frecciarossa, o incamminarsi in macchina a scornarsi sull’asfalto decrepito del groviglio autostradale benettonico-gavionico supera di-gran-lunga l’ipotetica percentuale di rischio di beccarsi tale infezione transpeciale inglobalizzante dall’Oriente!…
Per giunta, fidiamoci, si prospettano enormi speranze di cura e vaccino tra sei mesi o un anno.
Ecco la luce in fondo al tunnel!
Ma sono i fari somari del tav Trenitalia. Deragliato.