Il caffè italiano nell’era di Starbucks.

Lavazza, Illy e Kimbo: tre big nostrani che crescono e si fanno strada nel mondo. Acquisizioni, partnership, etica e diversificazione sono alcuni degli elementi il denominatore comune.

La lingua del caffè è l’italiano, da sempre. Lo sa bene Howard Schulz, fondatore della catena americana di caffetterie Starbucks, che per la sua fortunatissima creatura si è ispirato all’efficienza dei baristi italiani e all’atmosfera di cordialità che solo nei nostri locali si respira. Dopo la prima apertura nel nostro Paese a Milano a fine 2018, Starbucks ha in programma un piano di espansione che prevede nuove aperture fra Torino, Roma, Assago e Serravalle Scrivia.

Ma certo i big italici della tazzina non rimangono alla finestra a guardare. Molti i progetti, le nuove iniziative, gli obiettivi da centrare.

Lavazza non smette di “tirarsi su”

Partiamo da Lavazza, top player del settore. L’azienda, fondata a Torino nel 1895, è oggi presente in oltre 140 Paesi e impiega circa 4.000 persone. Gli ultimi dati economici disponibili risalgono al bilancio 2018 e raccontano una crescita solida e costante, con numeri di tutto rispetto. Il fatturato è arrivato a 1,87 miliardi di euro (+9,3% rispetto all’esercizio precedente) e gli utili a 87,9 milioni di euro (+12,9%). A caratterizzare la strategia del gruppo, ci sono state importanti acquisizioni: Mars Drinks, Carte Noire ed ESP in Francia, Merrild in Danimarca, Kicking Horse Coffee in Canada, NIMS in Italia e Blue Pod Coffee in Australia.

Lavazza cresce soprattutto in Francia, suo secondo mercato, e tende verso traguardi ambiziosi. Il vicepresidente Giuseppe Lavazza ha dichiarato di recente di puntare al terzo posto come player mondiale, di voler raggiungere il 70% dell’export entro il 2021 (ora è al 64%) e raddoppiare il fatturato entro i prossimi dieci anni. A fare la differenza, le già citate acquisizioni (fondamentali per l’internazionalizzazione) e il ricorso ai manager (dal 2010, nessun membro della famiglia ha ruoli operativi).

Ultimamente, Lavazza è entrato nel mondo dei distributori automatici, rilevando quasi il 18% di Ivs Group, leader italiano e secondo in Europa nel suo settore (si parla di un investimento da 75 milioni di euro). L’azienda continua a investire molto anche in pubblicità, come testimonia la campagna Frames of Coffee di Armando Testa, andata in onda durante le serate del Festival di Sanremo. Un altro segnale positivo arriva al nuovo accordo integrativo firmato a febbraio: a favore dei dipendenti ci sono premi di produzione e anzianità, banca del tempo, bonus bebè, smart working e gratifiche matrimoniali a beneficio di tutte le coppie stabili, a prescindere dal sesso dei suoi componenti.

Illy: retail e formazione

Buone notizie anche in casa Illy. Nel 2018 il fatturato è stato di 483 milioni di euro (+3,5% rispetto all’anno precedente) e l’utile ha toccato quota 18,1 milioni di euro (+39%). A settembre 2019 Andrea Illy aveva dichiarato che il gruppo era alla ricerca di un partner per avviare “una sinergia più operativa che finanziaria” con l’obiettivo di aumentare la rete retail negli Usa (investimento stimato: 200 milioni di dollari). E ora arriva la notizia che vorrebbe il fondo Peninsula Capital interessato a rilevare il 23% del gruppo. Altri numeri notevoli: 144 i Paesi in cui è presente, 159 i punti vendita a marchio Illy, quasi 1.300 i dipendenti nel mondo, 100mila i punti vendita in cui è servito il caffè Illy. Oltre a ciò si segnalano una macchina del caffè ad hoc (con De’ Longhi), iniziative in ambito dell’agricoltura sostenibile (tematica a cui l’azienda tiene molto) e un master per formare i nuovi professionisti del caffè (ogni anno sono circa 27mila i corsisti dell’Università del caffè).

 

Kimbo: non solo caffè

Ultimo, ma non ultimo Kimbo. L’azienda di Melito (Napoli), oggi presente in circa 80 Paesi del mondo, ha chiuso il 2018 con un fatturato di 187,5 milioni di euro (+2,3%) e un reddito operativo di 16 milioni di euro. In crescita del 13,7% il fatturato generato all’estero, che oggi arriva a pesare sul totale per il 22%.

L’azienda cresce nel settore dei monoporzionati e in particolare delle cialde in carta, segmento di cui è leader italiano con una quota di mercato del 22%. E punta moltissimo sul canale Horeca, che cresce del 12,5% grazie all’aumento del numero di punti vendita e referenze.

Kimbo diversifica per attrarre nuove fasce di clientela: 15 miscele, 20 Paesi di origine, diversi profili di tostatura. Ma anche bevande diverse dal caffè (dall’orzo al ginseng, la terza bevanda consumata al bar dopo espresso e cappuccio) e “free from” (senza lattosio glutine, Ogm…). Queste bevande sono fornite in capsule e abbinate a una macchina professionale specifica. Viene dimostrata poi una grande attenzione all’ecosostenibilità, con Kimbo bio organic fairtrade, miscela coltivata nelle migliori piantagioni biologiche del mondo (in Nicaragua, Perù, India e Tanzania).

Borsaitaliana.it

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Articolo pubblicato il 26/02/2020