Riprende, con "opportune cautele", il Campionato di Serie A
“Poscia, più che 'l dolor poté 'l digiuno”.
La ripresa del Campionato di calcio di Serie A, anche se a porte chiuse, mi ricorda il verso della Divina Commedia (Inferno canto XXXIII) in cui Dante Alighieri racconta del Conte Ugolino condannato a morire per fame; imprigionato a Pisa nella Torre Muda con i figli, la storia narra delle morte di questi ultimi e del padre dopo due giorni sopraffatto dalla fame più ancora che dal dolore per la scomparsa dei figliuoli.
Una vicenda angosciosa, indipendentemente dalle cause, che nella trasposizione del quotidiano mi riporta alla dipendenza esistenziale dal “Dio pallone” quasi fosse il protettore del popolo da tutti i mali, compreso quello che sta preoccupando seriamente il mondo intero.
E’ pur vero, o così ci viene detto, che sono state prese tutte le precauzioni per evitare ogni forma di contagio, che in campo ci saranno solo gli addetti ai lavori ed i giornalisti accreditati dopo i dovuti controlli, ma è altrettanto vero che tutto avviene in funzione di una realtà economica fatta di sponsorizzazioni e di contributi pecuniari senza i quali anche il calcio “vivrebbe” parentesi devastanti.
Alla faccia della salute, della chiusura delle fabbriche e degli esercizi che sono l’essenza della vita di tutti e non solo per qualcuno.
E non c’è nemmeno da pensare di interrompere il Campionato “dei ricchi” provvedendo, istituzionalmente, a sovvenzioni governative atte a limitare le perdite: sarebbe un insulto alla gente normale, quella che deve arrabattarsi per trovare qualcuno cui lasciare i figli lasciati giustamente a casa da scuola, potenziali veicoli d’infezione verso i nonni, frangia più debole e soggetta al contagio.
Come pure agli artigiani, a bar e ristoranti cui non è stato imposto, senza mancare di rispetto ad alcuno, di usare bicchieri, piatti e posaterie usa e getta.
Ma si sa che l’interesse, a determinati livelli, non conosce ostacoli o impedimenti di qualunque tipo. Per cui, ancora una volta, trionfa il potere forte, quello che sa determinare i soggetti a rischio e chi li può soccorrere, medicalmente o con l’uso di palliativi come la "distrazione di massa" capace di offuscare la parente prossima "distruzione di massa" che deriva dall’abbassamento, anche momentaneo, del livello d’attenzione.
Ciò che può vanificare l’impegno e la dedizione, commovente per il sacrificio, di tutti coloro che quotidianamente mettono la loro vita in gioco per curare il prossimo, per donare conforto e capacità personali alla salute degli altri mettendo in pericolo la propria.
Non che si voglia demonizzare una scelta, che personalmente ritengo per lo meno azzardata, ma semplicemente per riportare i “poteri decisionali” allo stesso livello per tutta la popolazione che ha gli stessi diritti di sopravvivenza anche se non difende o gonfia la rete di una qualsiasi porta di calcio.
Civico20News
Il Direttore Responsabile
Massimo Calleri
Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini
Articolo pubblicato il 08/03/2020