L'emergenza sanitaria - Appello ai buonisti dei porti aperti: ora aderite alla realtà. Di Paola Mastropasqua.

Quegli insopportabili predicozzi sull’emergenza razzismo mentre si mangiavano involtini cinesi in diretta tv.

Un ceffone. Il Coronavirus è un ceffone che ci sta riportando alla realtà. Si spera sia la volta buona.

 

Come quando si è sovrappensiero, con lo sguardo fisso, immobili, con la mente che rincorre riflessioni e fantasie e poi, all’improvviso, un forte rumore (o, volendo, uno scappellotto o una shakerata di guancia) fa sobbalzare e tornare all’attività interrotta.

 

Ecco. Mentre l’allarme contagio nasceva e il buon senso ci chiedeva prudenza e precauzioni (e magari anche la quarantena per chi arrivasse dalla Cina), in Italia si farfugliava. Si organizzavano cene inclusive con i cinesi, si diffondeva l’hashtag #abbracciauncinese, si mangiavano involtini cinesi in diretta tv e si organizzavano campagne contro il razzismo.

 

Sì, quegli insopportabili predicozzi sull’emergenza razzismo. Perché si sa, ormai è tutto un “restiamo umani” e “porti aperti”. Ah, e poi, come dimenticare i banchi di pesci italici, le Sardine, che dall’alto del loro spessore culturale, spopolavano con il “metti un libro al posto della mascherina”.

 

In pratica, la realtà andava in una direzione e la nostra Nazione in un’altra. In quella ostinata e contraria. La realtà ci chiamava alla responsabilità, ad adottare tutte le misure necessarie per proteggerci dall’avanzare di un virus pericoloso e nel Belpaese ci si armava di slogan in salsa “peace and love”. E con questo spirito, alla volemose bene, siamo arrivati ad essere secondi nel mondo, dopo la Cina, per mortalità e diffusione della malattia.

 

Ora che siamo in piena emergenza, ci riusciamo a rendere conto delle corbellerie (acida sì, ma volgare – quasi – mai) dette per settimane? E della assoluta incapacità di rispondere in modo reattivo a ciò che la realtà ci metteva davanti? Ora riusciamo a comprendere che il problema non era il razzismo?

 

Facciamo un esercizio in questo periodo di quarantena: piantiamoci nel reale e sbarazziamoci, una volta per tutte, delle “lenti dell’ideologia”. Sono di vecchissima generazione, ma si adattano ad ogni tempo e moda, la loro funzione è sempre la stessa, ossia filtrare la realtà, distorcerla. Queste lenti più si adoperano più impediscono di vedere davvero la verità delle cose e di agire di conseguenza. Fanno vivere in un mondo irreale.

 

Sono quegli stessi occhiali che impediscono di dire che “due più due fa quattro” e che “le foglie sono verdi in estate”. Sono quegli stessi occhiali che ci portano ad affermare che nel grembo materno c’è solo un grumo di cellule, che un bambino può avere due madri o due padri e che esistano persone non degne di vivere perché malate.

 

Ora è il tempo di tornare alla realtà e di rimanerci.

 

loccidentale.it

 

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Articolo pubblicato il 11/03/2020