Non ricordo un momento più tragico di quello attuale; la guerra contro il Coronavirus, nemico invisibile e quindi ancor più difficile da sconfiggere o per lo meno da ostacolare, è quella che quotidianamente ognuno di noi si trova a dover combattere per la sopravvivenza, per ritrovare la serenità improvvisamente smarrita.

Per vincere la paura, è inutile negarlo, di un ulteriore peggioramento della situazione peraltro assai grave che sta mettendo in ginocchio la nazione, e non soltanto la nostra.

Sono i momenti della vita in cui ognuno riscopre se stesso, la propria disponibilità, l’amor proprio che ti mette al servizio degli altri ed al rispetto delle disposizioni emanate per limitare i danni in attesa di poterli eliminare totalmente.

Sono altresì i momenti in cui, per molti, la vita di tutti i giorni subisce una profonda trasformazione, una sorta di clausura per evitare fortuiti contagi e la conseguente propagazione del virus. E tutto mentre una parte della popolazione, con le dovute cautele, prosegue nel lavoro che garantisce la vita, la sussistenza, le scorte indispensabili per la sopravvivenza.

Sono anche i momenti in cui, fra le mura amiche, si ritrova il conforto della dimora rivivendo la propria storia in compagnia di immagini e di scritti che la raccontano. Come pure il piacere della lettura che distoglie il pensiero dalla tragica realtà appena fuori dall’uscio di casa o dalla finestra che si schiude per ascoltare e partecipare al canto propiziatorio.

Scorrendo fra i libri della biblioteca, traendone beneficio e sollievo, mi è tornata sotto gli occhi l’introduzione al discorso del Cardinale Arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini (6 dicembre 1995 - Centro Ambrosiano - ITL spa Milano) in cui alcuni passaggi ricordano l’attuale momento ed invitano a riflettere:

Questa, che io chiamo buona lettura, mi ha aiutato a coltivare la volontà di continuare, la determinazione dell'essere ancora un tassello importante nel mosaico della vita, e non soltanto della mia.

(immagine d'apertura nytimes.com)