
Ricordi e riflessioni conseguenti in periodo di Coronavirus
Quando nel corso della seduta del Gran Consiglio del Fascismo, la sera del 24 luglio del 1943,Dino Grandi presentò l’ordine del giorno che chiedeva sostanzialmente le dimissioni di Mussolini, poi approvato con 19 voti contro 7 e uno astenuto successe l’iradidio.
Tra urla e schiamazzi tra i due schieramenti, Guido Buffarini Guidi, un gerarca della prima ora, a capo del Ministero dell’Interno, urlava a Mussolini” Quando avevi da scegliere fra una mezza dozzina di uomini per un posto importante, sceglievi sempre il più fesso: ecco qui un esempio” e” indicava il capo del Minculpop, Gaetano Polverelli che non sapeva più come nascondersi”.
La sera del 25 luglio, il re faceva arrestare Mussolini e consegnava il governo al generale Badoglio.
Questa è una pagina di Storia che, soprattutto di questi tempi deve indurci alla riflessione.
Ma il nostro intento, poiché non siamo storici e tantomeno desideriamo inoltrarci in scenari di altri, non è certamente quello di dissertare sulle vicende del passato regime.
Bensì constatare come il malvezzo di avvalersi di persone mediocri e di “buon comando” abbia anche infettato la Repubblica italiana che pretendeva di nascere in antitesi al Fascismo stesso.
Purtroppo sin dall’avvento della Repubblica, accanto a personaggi che dalla macerie belliche hanno saputo trasformar l’Italia in una potenza industriale e garantire un tenore di vita elevato alla popolazione, abbiamo avuto esempi deleteri di figuri che, non essendo il grado di “disturbare il manovratore” sono stati posti in situazioni strategiche producendo danni, a volte incalcolabili.
Sino ad oggi alcune scelte sciagurate, hanno avuto una ricaduta negativa sotto il profilo economico od occupazionale, rimarcate solamente da osservatori ed addetti ai lavori, tra l’indifferenza generale. Man mano che i decenni trascorrevano e la politica diveniva sempre più spettacolo e teatrino, le masse festanti hanno ancor più favorito il deleterio andazzo, perché poi un mano lavava l’altra. Sino ad arrivare alla sciagurato credo dei grillini ove “uno vale uno”.
Oggi invece stiamo contando i morti. Riascoltiamo e leggiamo le dichiarazioni e le direttive governative di poche settimane or sono e tocchiamo con mano il pressapochismo delle scelte e la superficialità delle decisioni, la mostruosità giuridica delle ordinanze e dei decreti mentre la morbilità del Coronavirus stava già galoppando.
Ma a prescindere dalla chiacchiere dei politici, emerge come coloro che avrebbero dovuto, anche in epoche recenti, impegnarsi in scelte avvedute, a tutela della pubblica incolumità ed alla salute dei cittadini, non sono stati in grado di assolvere al loro compito di supporto e in taluni casi, nell’allertare la politica e la macchina dello Stato. Ci riferiamo ai grand commis dei ministeri maggiormente strategici che avrebbero dovuto trovarsi in prima linea.
Torniamo inevitabilmente ai “più fesso” per essere generosi, citato da Buffarini Guidi.
Per ampliare il riferimento, si è sviluppata, a partire dal governo Monti, la lotta contro gli sprechi nella Sanità, portata avanti dai governi nazionali che si sono succeduti, a penalizzazione delle Regioni che conservano la competenza sulla Sanità e che di sprechi ne avevano realmente fatti e non pochi.
Per riferirci al Piemonte, la mission è stata affidata a mani sbagliate, a burocrati mezzani e servili ed all’assessore Antonino Saitta adatto sicuramente a condurre carretti siciliani, piuttosto che a sedere in un contesto di teste pensanti e responsabili che si occupano della salvaguardia della Salute dei cittadini.
Il risultato clamoroso è che gli sprechi e le assunzioni clientelari di dipendenti inservibili, sono rimasti tali, ma le strutture alienate, con ulteriore sperpero di denaro pubblico, sono ora inservibili per le emergenze, in quanto vandalizzate. Gli ospedali dell’Eremo del Camaldolesi e dell’eremo di Lanzo, lo attestano, per non parlare della selvaggia chiusura dell’Oftalmico e del Maria Adelaide.
Pur disabilitandone le funzioni non ci si è preoccupati della tutela patrimoniale. Non c’è stato la saggezza e competenza di falciare il superfluo e potenziare ciò che veramente è indispensabile o prudenziale a tutela della salute dei cittadini.
Così mancano medici e infermieri e non da oggi, ma abbondano scribacchini e sindacalisti a tempo pieno. I tagli hanno riguardato servizi essenziali, mettendo a repentaglio la salute dei cittadini ed oggi si cerca in modo affannoso di correre ai ripari.
Così è stato per l’approvvigionamento delle mascherine, i tamponi, i generi di protezione indispensabili per medici e infermieri e financo le apparecchiature per i centri di rianimazione. Il tapino, e non solo lui, a dire il vero, invece di puntare su produzioni nazionali tenendo presente che, in caso di pericolo, questi generi sarebbero divenuti strategici nel confine tra vita e morte, colto dal raptus della globalizzazione, si é approvvigionato in Cina o in Paesi che in un contesto internazionale difficile, come quello che stiamo vivendo, hanno chiuso le frontiere o per lo meno, stanno diradando le forniture.
Ma non è finita, in piena bufera di Coronavirus, il Governo centrale, dinanzi all’emergere dei contagi ed al progredire dei morti, incalzato dalle Regioni e dall’opinione pubblica, nomina come testa pensante, per fronteggiare il morbo ed assumere le decisioni strategiche, un personaggio riprovevole, lecchino politico e collezionista di denunce gravi e di incapacità conclamate. Aggravando ancor più il distacco tra Governo, il cittadino e il territorio.
Questa è la fotografia che emerge di un Paese vittima delle disonestà ed incompetenze elevate a sistema.
Appare controproducente, il patriottismo da perecottari che sta emergendo, orchestrato da accorti cialtroni, per sviare le attenzioni su quel che sta succedendo.
Stiamo invece assistendo allo sfacelo della Stato rappresentato dal più indegno presidente del Consiglio che l’Italia abbia conosciuto, non di certo impegnato a salvare vite umane e tenere alta l’onorabilità dell’Italia.
Parlando del Governo e delle scelte collaterali che non ci stanno favorendo nel contesto internazionale non ci immischiamo in polemichette partitiche e non intendiamo certo essere di parte.
Ci riferiamo invece all’inadeguatezza umana di coloro che ci rappresentano, facendoci capire come siamo caduti in basso.
La vita comunque continua. Scelte dolorose s’imporranno, mentre il livello degli ammorbati e dei decessi non da tregua.
C’è chi, pur in carenza di mezzi ed ostacolato in più occasioni dal Governo centrale, si trova a reggere la situazione. Sono i governatori di Lombardia, Piemonte e Veneto che ogni giorno diramano il bollettino dei cadaveri e assistono alla sordità di Conte nell’assumere decisioni efficaci per l’intero Paese.
Avranno anche fatto errori o sottovalutato la gravità della situazione i nostri Presidenti di Regione, ma dinanzi alla flemma romana, sono gli unici che stanno assumendo posizioni coraggiose. Hanno nominato Commissari di comprovata fama e vitalità, senza pescarli nelle fogne dei galoppini, per sopperire alle carenze dei burocrati e s’ingegnano in scelte ardimentose per non farsi sfuggire di mano la curabilità dei cittadini.
Siamo certi che, se il morbo si estendesse in altre regioni a prescindere dal colore politico, altri Governatori uscirebbero dagli schemi del “politicamente corretto” per non trasformarsi in becchini dei loro elettori.
L’Italia vigile e competente è quella che emergerà dalle difficoltà della prima linea ove una scelta improvvida o ritardata, potrebbe seminare morte e dolore.
In questi giorni, anche complice il cinismo delle nazioni europee che confinano con noi, si sono riaccesi i colori del conformismo e del disfattismo pro o contro l’Europa.
Se ci scagliamo contro le Istituzioni e gli atti della Comunità e della BCE è perché implicitamente ne sentiamo il bisogno e ne denunciamo l’impotenza.
A tragedia finita, sperando che tale non sia, molti tasselli andranno necessariamente ricomposti, dalla situazione economica del Paese, al ripristino e difesa della filiera produttiva, ai rinnovati rapporti tra gli stati europei su basi completamente rinnovate e partecipate. l’Italia se vuole emergere e non dimenticare che il 25 marzo del 1957 è stato uno dei Paesi fondatori della Comunità economica europea, non potrà affidare le sue sorti ai fantocci fisici che oggi ci dovrebbero governare e assumere decisioni strategiche e lungimiranti per il Paese, ma che invece vivacchiano.
Non potrà più trionfare la prevalenza del “cretino di buon comando” o la spartizione selvaggia delle incompetenze. Abbiamo ricevuto l’esempio e il modello dai nostri Governatori, per capire su quali basi si dovrà ricominciare. Decisioni responsabili assunte da coloro che conoscono le problematiche, supportati da collaboratori competenti e non da galoppini d’infimo ordine, elevati al rango di ministri.
Dovrà affermarsi tutt’altro modello che potremmo definire di poche chiacchiere e molti fatti, al contrario del modello al quale tradizionalmente siamo stati abituati, e cioè: molte chiacchiere e pochi fatti.
Se, i leader politici hanno a cuore il bene dell’Italia, invece di punzecchiarsi sulle inezie, provvedano a presentare una classe dirigente degna di una Nazione che guarda al futuro, ove lo Stato di Diritto non venga calpestato campando scuse, tra l’indifferenza generale. Le macchiette e gli omuncoli li lascino all’avanspettacolo, Conte incluso.
Francesco Rossa - Direttore Editoriale
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Articolo pubblicato il 22/03/2020