Passaporto pitagorico estemporaneo.

Per sperimentare altri inaspettati punti di vista in ogni situazione di vita.

Nei mesi da aprile a maggio del 2017 ho avuto la possibilità di fare una esperienza di cui riferisco operato e suggestioni.

Ringrazio le maestre e gli alunni delle classi elementari I°B e III°A dell’I.C. Piossasco Plesso Gramsci presso il quale tutto ciò si è svolto, per quanto hanno saputo dare in termini di accoglienza, disponibilità, partecipazione e comprensione, di cui l’intrusione, che mi hanno permesso di fare secondo modalità non politicamente corrette, aveva necessità per poter operare.

 

Un particolare ringraziamento lo devo anche alla camerawoman dei momenti salienti della vicenda; sulla base del suo operato ho potuto rivedere quello che è avvenuto e così scoprire cose che altrimenti mi sarei perso (essendo direttamente coinvolto ed immerso totalmente negli avvenimenti).

 

Infatti, proprio grazie a tutti loro, la situazione che si è creata è andata molto al di là di quanto si poteva supporre ad un esame preventivo.

 

Il pretesto è stato la partecipazione delle due classi al 1° Concorso Salone dell’Auto (anno scolastico 2016-17, vedi articoli precedenti), pensato dagli organizzatori per stimolare negli alunni e studenti delle scuole di ogni grado e genere una certa sensibilità e un diverso pensiero in relazione all’automobile e al contesto in cui essa si muove e interagisce.

 

Può sembrare banale, riduttivo o strumentale, chiedere a qualcuno fuori dal contesto specialistico di sensibilizzarsi rispetto ad un argomento e fare delle proposte migliorative in tale ambito, quando anche gli stessi specialisti non sanno ormai più che pesci prendere.

Infatti l’automobile è attualmente l’oggetto che meno è cambiato dalla data della sua prima apparizione alla fine dell’ottocento.

 

La sue strutture e funzioni sono rimaste la stesse, sono solo cambiati i modi tecnologici di ottenerle, a volte esagerando in quantità e capacità per render solamente più competitivo il prodotto in termini di appeal verso il consumatore.

 

Quello che abbiamo fatto tutti insieme non si discosta molto da quanto esposto perché non era tale la finalità, e lasciamo a chi ne sa e può più di noi il compito di proporre qualcosa di veramente nuovo in tale ambito.

 

Ecco in sintesi il risultato del lavoro che si è basato su uno scambio a tutto campo non solo attraverso i disegni che gli alunni hanno fatto, ma anche allo scambio “molto sottilmente fisico” che ne è stato veicolo.

 

Da questo ultimo aspetto scaturiscono le suggestioni che riporto di seguito.

 

MOLTO SOTTILMENTE FISICO.

 

È un modo di definire qualcosa di tangibilmente indefinibile che arriva fino al coinvolgimento fisico e produce interazioni imprevedibili “nel presente realmente vivente”, in grado di permettere alla vita di esprimersi senza aspettative fuorvianti o deludenti insoddisfazioni, senza che, come al solito, ci mettiamo per traverso con la nostra supponente arroganza.

 

Questo è il Regalo che mi è stato concesso, indipendentemente da me, e che desidero, ma dovrei dire “sono molto gentilmente costretto” dal mio intero essere, a ricambiare con chi lo ha vissuto insieme a me oppure semplicemente si trova a leggere queste righe.

 

COME UN UNICO CORPO.

 

I fisicamente piccoli Esseri con i quali ho interagito hanno mostrato grandi doti che non siamo più avvezzi a notare.

 

Ben mantenendo la propria caratteristica individuale, si sono comportati come un essere unico in grado di esprimere, in qualunque direzione, un potenziale che non si poteva semplicemente ascrivere alla somma dei presenti, ma piuttosto come una funzione esponenziale, esattamente come il nostro corpo esprime potenziali che non sono solo il risultato finale delle caratteristiche esprimibili dalla somma del numero delle cellule che lo compongono.

 

Le caratteristiche di questo corpo unico sono peculiari e terapeutiche; infatti:

 

  1. una volta che uno dei suoi componenti accetta l’intruso, anche gli altri lo fanno;

 

  1. se uno dei suoi componenti ha particolari problematiche in altri ambiti (siamo tutti normalmente schizofrenici – vedi DSM V ed.), e nessuno interviene d’autorità, in questo contesto la forza del gruppo lo equilibra e sintonizza;

 

  1. se uno dei suoi componenti mostra di volersi isolare, la forza del gruppo lo richiama a se gentilmente;

Per il punto 1 ho giocato in casa in quanto l’insegnante aveva creato una aspettativa rispetto a qualcuno che doveva venire e non appena mi sono presentato sono stato fagocitato letteralmente dal loro corpo di gruppo.

 

Per il punto 2 il problema è la paura di chi è preposto a “gestire” la situazione. La paura di non essere all’altezza, dei giudizi altrui, delle responsabilità che derivano se qualcuno dovesse farsi male, etc etc.

 

Per il punto 3 si è visto chiaramente che chi non voleva cantare insieme al gruppo, isolandosi, ha poi repentinamente cambiato idea, reintegrandosi e sostenendo positivamente tale azione, oppure, chi ha voluto restare in disparte ha comunque cantato insieme agli altri.

 

Quindi perché qualcuno faccia ciò che gli viene chiesto non occorre che rispetti tempi e modi imposti.

 

Il risultato è buono comunque.

 

BISOGNO DI RIFERIMENTI NON LIMITATIVI.

 

Un aspetto che mi sta particolarmente a cuore è questo:

 

gli insegnanti sono o uomini o donne, inoltre sono quasi sempre soli, e questo è un limite fondamentale che dovrebbe essere superato. Infatti la percezione dello stato delle cose e la risposta correlata finisce per essere unilaterale, limitata, poiché esclude una parte essenziale della visione d’insieme.

 

L’istituzione scolastica mostra di aver intuito qualcosa del genere quando propone insegnanti di sostegno; tuttavia non è nel giusto senso perché si fa ancora qualcosa di più particolare nel particolare.

 

Quale alternativa ci può essere?

 

Personalmente credo che la cosa più sensata sia aprire la classe, o le classi insieme, in una open life, ovvero tutti gli alunni presenti con tutte/i gli insegnanti.

 

  • Ogni insegnante spiega il proprio programma senza preoccuparsi di chi la segue.

 

  • Ogni alunno prenderà quello che gli interessa nei suoi tempi e nei suoi modi.

 

Ho avuto modo di sperimentare questo metodo sia nel lavoro che nell’insegnamento, in contesti diversi nel mondo e con persone provenienti da ogni luogo, e devo dire che, senza merito da parte mia, ho potuto trarre informazioni utili circa le leggi che governano tali interazioni.

 

Esplicativo di quanto esposto è il presente episodio:

mentre stavo parlando, finito tutto, con la camerawoman, mi si è avvicinato, un piccolo o una piccola (non lo saprò mai perché non mi ha chiesto niente e non gli dato attenzione non richiesta), ed ha abbracciato per alcuni istanti la mia gamba per poi andare a fare altro.

 

Aveva semplicemente preso quello che gli o le serviva da chi lo metteva a disposizione senza riserve. Il tutto in un attimo come richiede il continuo cambiamento che è la caratteristica della vita, in antitesi alla necessità di interazione strutturata di cui noi adulti sentiamo il bisogno e imponiamo a chi non serve.

 

NECESSITÀ DI PRENDERE LE MISURE.

 

I bambini devono prendere le misure delle cose e degli altri; per questo si sfidano anche con rischio di farsi male.

 

Questo è inevitabile e più si cerca di evitarlo, più si sposta in età avanzata, più cresce come il livello dell’acqua trattenuta dietro una diga fino a tracimare disastrosamente o sgretolare la diga, dilagando senza ritegno.

 

Certamente le cose non devono essere lasciate degenerare: “est modus in rebus” ("esiste una misura nelle cose”), dicevano i latini.

 

Se il confronto/conflitto supera un certo limite (ognuno può capirlo da sé) occorre intervenire senza costringerli a schierarsi da una parte o dall’altra (giusta o sbagliata) perché in tal modo si accentuerebbe comunque la ragione del contendere o confrontarsi.

 

Esplicativo di ciò è questo episodio:

 

mentre stavo parlando con l’insegnante, due alunni si stavano spintonando; ad un certo momento mi sono avvicinato e ho chiesto a uno di loro (normalmente conviene farlo con chi sta subendo) di fare una cosa per me.

 

Questo ha interrotto l’azione senza richiedere schieramenti.

 

L’aggressore di turno è rimasto interdetto dalla repentina scomparsa dell’antagonista/vittima che la vita aveva chiamato ad altri compiti.

 

Chi ha dovuto togliersi dall’impiccio, perché chiamato a farlo dalla vita, non ne è uscito con senso di inferiorità o colpa o frustrazione; semplicemente è stato chiamato a fare altro.

 

Così tutto si conclude senza strascichi di vendetta/rivalsa o altro ancora.

 

ELIMINARE LE ETICHETTE.

 

Quello è un bullo! Se tutti la pensano così sarà molto difficile che colui che è stato così etichettato possa uscire dal ruolo che gli è stato cucito addosso, mantenuto attivo dall’attenzione (troppo particolare, malata oserei dire) che gli viene dedicata dagli osservatori.

 

Certo è più comodo per chi osserva condividere e sostenere tale condizione, più facile da gestire, per poter giustificare in ogni evenienza la propria impossibilità o incapacità a fare altro.

 

PER INSEGNARE A VOLARE MANCANO I CORTILI.

 

Avete mai visto un uccellino mentre cerca di insegnare a volare al proprio piccolo?

 

Non lo fa mettendolo in una scatola per proteggerlo, ma, con tutta la circospezione e attenzione necessaria, all’aperto dove sono presenti tutti i pericoli connessi alla libertà di volare.

 

Solo così il piccolo può veramente imparare a volare, altrimenti alla prima occasione non sfuggirà al gatto in agguato.

 

Abbiamo eliminato i cortili dove ogni cosa interagiva e si amalgamava fuori dalla portata limitativa delle regole degli adulti e i piccoli poteva fare le loro necessarie esperienze.

 

Forse occorre correre ai ripari.

 

BISOGNO DI SPAZIO, SILENZIO E CONTATTO CON SE STESSI.

 

Per attivare e mantenere attiva la propria capacità di autonomia occorre trovare un modo iniziale; poi ognuno troverà il suo.

 

Quale stimolo, ho proposto loro il PASSAPORTO PITAGORICO che riporto di seguito nella sua versione specifica per l’occasione (nato proprio come suggestione estemporanea) …

 

 

 

Dopo averlo distribuito ai presenti, ho visto molti di loro usarlo più volte completamente immersi in se stessi e in un silenzio molto attivo, in modo particolare quando credevano di non sapere come fare per rispondere alle richieste fatte loro.

 

E, ovviamente, aver trovato molte risposte, che sono quelle che si trovano sintetizzate nei loro disegni ed interventi.

 

Questa esperienza li ha toccati a tal punto che in seguito, e ancora oggi mi risulta, sono stati proprio loro a chiedere alle insegnanti 5 minuti di silenzio prima di iniziare le attività, in modo da lasciar fluire e raccogliere idee provenienti da … ma questa è un’altra storia.

 

Perché ho raccontato tutto questo?

 

Perché può servire a chi ha mantenuto ancora un po’ del suo essere bambino originale (… non rimbambito!) in grado di percepire e cogliere le meravigliose suggestioni presenti dentro ognuno di noi indipendentemente dalle convenienze, abitudini, aspettative, paure, luoghi, condizioni, e non tema di sentirsi ridicolo, deficiente, inadeguato, credulone, mettendosi in una semplice situazione 

 

… cinque minuti di silenzio

 

… con o senza passaporto pitagorico

 

… è lo stesso.

 

È il mistero della creazione continua della vita che origina dal silenzio.

 

schema e testo

pietro cartella

 

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 27/03/2020