Paola Giovetti nota giornalista, oltreché scrittrice di successo, è direttrice responsabile della rivista "Luce ed ombre" dedicata a tutto quel che ha a vedere con il paranormale e all'utilizzo delle numerose energie sottili insite nell'essere umano. Le sue ricerche attraggono, oltre ad un gran numero di appassionati, anche studiosi di varie specialità tanto che, ai suoi convegni, non mancano mai medici, psichiatri ed altri titolati esperti del settore. Studia da sempre tutto ciò che ha a che vedere con l'utilizzo delle facoltà extrasensoriali e in quale modo la dimensione sottile possa presentarsi a noi, con particolare attenzione alla dimensione angelica.
A lei chiedo come e da quando è cominciata questa sua passione verso misteriosa dimensione che, da sempre, affascina l'umanità e come è nato il suo amore per gli Angeli di cui ha scritto molto.
"Mi successe un episodio singolare quando avevo quattro anni. Lo ricordo benissimo, come se fosse avvenuto ieri, mentre non ricordo tante altre cose relative a quell’età. Una notte mi svegliai all’improvviso a causa di una luce che era apparsa in fondo al mio letto. Mi misi seduta per capire cosa stesse succedendo e vidi una figura maschile giovane (25/30 anni, direi oggi), vestita di una tunica bianca, capelli castani lunghi fino alle spalle, immersa in una luce dorata, che mi guardava con tenerezza. Non ebbi nessuna paura, cosa che ancora mi stupisce, e rimasi a guardare quell’apparizione per un tempo che mi sembrò abbastanza lungo. Non ci furono parole, solo uno scambio di emozioni e sentimenti di affetto e sicurezza. Poi la luce cominciò a svanire e con essa la figura. Quando la stanza fu tornata al buio mi sdraiai di nuovo e mi riaddormentai tranquillamente. Per moltissimi anni non dissi nulla a nessuno: era una cosa mia, da non condividere. Solo da adulta chiesi a mia madre quanti anni esattamente potevo avere al tempo dell’apparizione: in quel periodo la mia famiglia si era trasferita da Firenze in Emilia, con alcuni cambi di residenza, io ricordavo bene la casa in cui era avvenuta la mia esperienza e così ricostruimmo che avevo quattro anni."
E' chiaro che questa manifestazione non restò un episodio isolato
"Naturalmente questa vicenda ebbe un seguito, nel senso che rimase dentro di me, anche se non ne parlavo, e quasi inconsapevolmente cominciai a raccogliere esperienze analoghe quando mi capitava di incontrarne. Così si è arrivati al libro, anzi ai libri, perché ne ho scritti tre. Il primo, dal titolo Angeli, lo scrissi con qualche timore, perché non essendo io un teologo temevo di essere criticata. Invece andò molto bene. In quel lavoro ho parlato degli angeli da tanti punti di vista: religioso, psicologico, artistico, esperienziale ecc. Gli altri due sono dedicati rispettivamente all’arcangelo Michele e all’Angelo caduto".
Invece per quel che riguarda le Near Death Experience, note con la sigla "NDE", le esperienze provate da chi, al termine della sua vita, è in procinto di abbandonare il corpo fisico?
"Vengo alle NDE. Anche questo interesse prese le mossa da una esperienza personale. Avevo poco più di trent’anni, un lavoro come insegnante, un marito e due figli ragazzini. Erano le vacanze di Natale e mi trovavo in montagna e stavo sciando insieme ad alcuni amici. Mio marito sciava con amici più esperti su piste più complesse, i bambini erano a scuola di sci. Ricordo la bellissima giornata, fredda ma serena, il cielo azzurro, la neve perfetta. Poi successe una cosa strana: senza soluzione di continuità mi trovai sdraiata su un lettino del Pronto Soccorso con un medico che mi ricuciva l’arcata sopraciliare destra: forse a farmi svegliare era stato proprio il dolore dei punti dati senza anestesia. Ero confusa, non capivo cosa fosse successo, che ora fosse, che stagione fosse, perché mi trovassi lì, dove fossero mio marito e i miei figli… sapevo di averli ma non avevo idea di dove potessero essere. Non pensai alla scuola di sci, ero in uno stato di confusione totale con un terribile mal di testa, dolori un po’dappertutto e il medico che mi diceva di non muovermi, …"
Cos’era successo? Poco per volta, con pazienza perché non riuscivo a collegare, mi fu spiegato che ero stata investita da uno sciatore che correva molto, aveva perso il controllo degli sci proprio dietro di me e mi aveva coinvolta nella sua caduta. Un suo sci si era staccato e mi aveva colpita alla testa. Lui si era rialzato, si era rimesso lo sci e se ne era andato il più velocemente che poteva dicendo che avrebbe mandato soccorsi. Non c’erano i telefonini, a quel tempo. Di fatto mi lasciò svenuta sulla neve col viso coperto di sangue e non si fece mai più vedere ne’ sentire. Mi dissero che si era fermato un medico tedesco che mi aveva prestato i primi soccorsi e aveva capito che si trattava di una commozione cerebrale: non grave, ma che richiedeva attenzione. Poi era arrivato il gatto delle nevi e mi avevano portato al Pronto Soccorso, dove mi era svegliata".
"Gradatamente ripresi piena coscienza. Il medico mi spiegò che ero stata molto fortunata perché se lo sci del mio investitore mi avesse colpito con quella stessa violenza un centimetro più a destra o un centimetro più a sinistra, cioè alla tempia o nell’occhio, sarebbe probabilmente stato fatale. Presi atto e ringraziai il Signore. Gli amici che sciavano con me si occuparono di tutto e mi riportarono a casa dove rimasi ferma a letto per una decina di giorni sempre con un gran mal di testa, che mi accompagnò poi per mesi. In quell’occasione compresi che cosa vuol dire “morire sul colpo”: non ci si accorge di niente, l’avevo sperimentato di persona. E per chi sopravvive, la commozione cerebrale cancella la memoria retroattiva. Mi chiedevo che cosa avrei visto se fossi morta così improvvisamente - e soprattutto, che ne sarebbe stato della mia coscienza? Si sarebbe estinta o avrebbe continuato a vivere in altra dimensione?D’istinto e per la formazione ricevuta propendevo per la seconda ipotesi, ma non mi ero mai posta seriamente il problema. Essere arrivata potenzialmente vicina alla “terra di nessuno” che separa la vita dalla morte rendeva però il problema molto attuale. Cominciai a desiderare di saperne di più: quando mi fui ripresa e fui in grado di farlo intensificai le mie letture e il mio rapporto col mondo della ricerca psichica, che fino a quel momento avevo appena sfiorato, e poco per volta mi trovai coinvolta in una ricerca che ancora non si è conclusa (e non può concludersi, è una ricerca infinita…) ma che mi ha portata a maggiori conoscenze e a maggiori certezze".
Poi cosa successe?
"Negli anni successivi all’incidente frequentai convegni, lessi molto, conobbi studiosi e sperimentatori, cominciai anche ad essere parte attiva scrivendo articoli e dando inizio a mie personali ricerche, la prima delle quali fu proprio sulle esperienze di chi era stato in punto di morte. Non ero mai stata in pericolo di vita, L’incidente però aveva suscitato in me molti interrogativi e mi chiedevo con insistenza cosa avessero provato coloro che invece avevano avuto coma, arresto cardiaco, perdita dei sensi prolungata… Ad aiutarmi venne un libro pubblicato proprio in quel periodo (1977): il libro si intitolava La vita oltre la vita e l’autore era Raymond Moody, un medico statunitense che aveva raccolto molte testimonianze di persone che erano stata vicine alla morte e le aveva confrontate e commentate. Il libro ebbe vasta risonanza e richiamò l’attenzione di molti su un tema che innegabilmente suscita un interesse generale. Scoprii poi che prima di lui la dottoressa Elizabeth Kuebler Ross, psichiatra svizzera residente negli Stati Uniti, aveva compiuto ricerche analoghe su pazienti terminali che seguiva professionalmente. In seguito ebbi occasione di incontrare in Germania la dottoressa Kuebler Ross, che in una conferenza organizzata da medici raccontò la sua esperienza e i convincimenti che da questa le erano derivati. Era una donna di straordinaria energia e forza morale, mi sembra ancora di sentirla mentre davanti a una affollatissima platea di colleghi gridava a conclusione del suo intervento: Ich glaube nicht, ich weiss! Cioè: io non credo, io so!"
Che cosa sapeva la dottoressa Elizabeth?
"Che con la morte non tutto finisce, che la coscienza non si estingue, anzi continua a vivere più viva, vigile e consapevole che mai, che tutto ciò che rende l’essere umano tale - e cioè il ricordo, la capacità decisionale, la volontà, l’amore - prosegue la sua esistenza attraverso quel quid che quando il corpo muore si separa dal corpo. Come sapeva tutte queste cose? Glielo avevano insegnato anni di osservazioni e colloqui con persone che dopo una forte crisi per incidente, malattia, intervento chirurgico, vecchiaia, tentato suicidio, erano state salvate dai medici e riportate alla vita".
Quale sono stati i suggerimenti ricavati dalla lettura del testo del dr. Moody?
"Il libro de dottor Moody diceva in sostanza le medesime cose, allo stesso modo di altri libri che furono pubblicati negli anni successivi. Una concordanza straordinaria, che non può lasciare indifferente nessuno. Tra i libri che furono pubblicati dopo quelli della Kuebler Ross e di Moody ci fu anche il mio. Colpita dalla positività dei racconti riportati dai due autori e interessata a controllare se anche in Italia le esperienze dei “rianimati” erano di quel tipo, volli fare una inchiesta italiana: attraverso i giornali ai quali collaboravo e con l’aiuto determinante del giornalista Renzo Allegri, che mi fece un’ampia intervista per il diffusissimo settimanale “Gente”, mi arrivarono decine e decine di lettere di persone che avevano vissuto un’esperienza di quel genere e desideravano comunicarla a chi era interessato a quelle vicende e ne aveva rispetto. In più d’una delle persone che si misero in contatto con me percepii un senso di sollievo per poterlo finalmente fare senza timore di non essere capite: troppe volte erano state messe a tacere con un’alzata di spalle o, nei casi più fortunati, bonariamente informate che certamente si era trattato di un sogno o di un’allucinazione. Ma così non era, ne erano più che convinte.
Purtroppo è un atteggiamento diffuso
"Da parte mia, ho sempre provato un grande senso di rispetto e una altrettanto grande riconoscenza nei confronti di chi con fiducia mi ha affidato esperienze tanto intime e delicate e mi sono impegnata al massimo per proporle ai lettori nel modo giusto. Con un buon numero di persone che mi avevano scritto ci furono contatti telefonici e in alcuni casi anche diretti. Grazie a tutto questo materiale scrissi il mio primo libro, Qualcuno è tornato, che ebbe la prefazione del professor Emilio Servadio, noto psicoanalista e cultore delle tematiche di confine. Oggi queste esperienze vengono chiamate con termine internazionale NDE e, grazie al lavoro di ricerca e divulgazione compiuto in questi anni, non suscitano più scalpore e incredulità: sono entrate nella coscienza di tutti. Alcuni anni dopo quel primo libro ne ho pubblicato un secondo, NDE Testimonianze di esperienze di premorte,entrambi pubblicate dalle edizioni Mediterranee, che riprende una parte della casistica del primo e aggiunge molto altro materiale di confronto e verifica".
Quali sono le sue pubblicazioni a cui è più affezionata?
I libri sugli angeli e quelli sulle NDE sono quelli ai quali sono maggiormente legata, anche se amo anche tutti gli altri perché sono frutto di altrettante ricerche su tematiche che mi interessavano. Ognuna ha contribuito a costruire un mosaico…A una in particolare sono affezionata:la "Piccola antologia dell felicità", scaricabile gratuitamente dalla rete e poi annche ad alcuni e-book in cui tratto a fondo le manifestazioni NDE.
Cosa pensa della reincarnazione, alla luce delle nostre attuali conoscenze?
"Il tema della reincarnazione ritorna molto spesso: nelle sedute medianiche ad alto livello le entità comunicanti parlano spesso di reincarnazione sebbene essa non faccia parte del patrimonio culturale del medium stesso e delle persone che sono intorno a lui. Nelle regressioni ipnotiche capita che i soggetti si ritrovino in quelle che sembrano vite precedenti, di cui rievocano tanti dettagli che a volte sono stati trovati esatti. Poi ci sono le ricerche del prof, Ian Stevenson sui ricordi spontanei dei bambini che appena cominciano a parlare raccontano di vite e di persone che nulla hanno a che fare con la loro situazione di vita e che, anche qui, spesso hanno trovato riscontri oggettivi. La letteratura in merito è molto ampia.
Poi ci sono quelle strane impressioni che si provano a volte incontrando persone nuove.
"A volte ci sono delle simpatie così forti che incontrandosi per la prima volta sembra di ritrovarsi: il poeta francese Alfred de Musset, vissuto nel XIX secolo, descrive così la strana sensazione che a volte si prova quando si incontra una persona fino a quel momento sconosciuta e si ha l’immediata impressione di conoscerla invece da sempre. Un deja vu che invece di riguardare luoghi o situazioni, come in genere avviene, riguarda qualcuno, un uomo o una donna. Veri e propri “riconoscimenti” che non hanno alcuna spiegazione logica eppure sono reali e non di rado imprimono una svolta nella vita di chi li vive. E viene spontaneo pensare alla dottrina della reincarnazione.
Gli indizi sono dunque tanti, senza che sia ovviamente possibile dire una parola definitiva, ma dopo il colloquio con la dottoressa Giovetti, le ipotesi risultano ancor più affascinanti, sempre più accettate da una larga fascia della popolazione poiché di grande conforto per tutte le persone che, provate da gravi lutti, "avvertono" vicina la presenza della persona amata, in un gran numero di casi la "sentono" accanto a loro. Per questo motivo i suoi studi relativi alle tematiche di confine, hanno riscosso fin dall'inizio un notevole e sempre più crescente interesse da cui deriva un possibile, utilizzo di doti paranormali, energie di cui si parla da sempre e che andranno coltivate, non più in silenzio e in solitudine come avveniva di nascosto in epoche passate, ma anche con l'aiuto di psichiatri, psicologi pedagogisti e, pediatri che seguiranno chiunque manifesti particolari predisposizioni, fin dalla più giovane età.
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Articolo pubblicato il 28/03/2020