C’erano una volta “i ribelli”

Contro un’Europa di ieri e quella di oggi

Era il termine con il quale negli anni 1944-1945 venivano chiamati alcuni cittadini italiani che non volevano sottostare ad una dominazione straniera. Che, anche allora, era impersonata da uno stato germanico che, con le insegne del Terzo Reich, era agli ordini di un dittatore e trovava dalla sua parte molti italiani che si erano adunati sotto l’egida  di un partito che portava il nome di Repubblica Sociale Italiana.

Solo in seguito i ribelli furono chiamati partigiani e con tale denominazione continuarono la loro lotta contro il dominio straniero.

Ma non tutti insieme.

Perché anche quei partigiani in seguito si divisero ed una parte di loro ebbe come obbiettivo di rendere l’Italia un paese libero ed indipendente, mentre l’altra voleva sostituire la dominazione e l’occupazione tedesca con un altro tipo di dominazione, quella sovietica.

Non mancarono gli attriti tra le due parti. Sì arrivò perfino ad eventi vergognosi come quelli commessi dal partigiano comunista Francesco Moranino, detto Gemisto, nei confronti della missione Strassera, che prendeva nome dal capo di un commando di cinque combattenti non comunisti.

Avevano il compito di tenere i collegamenti con le forze alleate che operavano in Svizzera.

Dopo avere ucciso in un’imboscata i cinque della missione, il compagno Gemisto non si fece alcun scrupolo di assassinare anche due mogli dei partigiani da lui uccisi, che erano salite nel biellese per avere notizie dei loro congiunti.

Nonostante questi fatti, la figura del Moranino è ancor oggi additata ad esempio da un’associazione   come l’ANPI, che ancor oggi presume di rappresentare un settore della resistenza.

E proprio quella frazione che non nascondeva l’obbiettivo di voler sostituire a quella hitleriana la dominazione bolscevica impersonata da Giuseppe Stalin.

Anche nell’immediato dopoguerra quindi, nel nostro paese si trovarono di fronte due fazioni: una che voleva l’Italia libera da ogni sudditanza ed un’altra che aspirava a far parte di una confederazione internazionale dominata dall’URSS e che aveva il nome, prima di Komintern e poi di Kominform.  

La liberazione del nostro paese, da parte delle armate angloamericane mise fine ad una guerra, tutt’altro che teorica, e l’accordo di Yalta sancì le sfere di influenza tra il mondo libero e quello bolscevico.

Le radici ideologiche che avevano germogliato in ambienti sotterranei e nascosti come quelli di un carcere o di un confino, sopravvissero al periodo fascista ed ispirarono schemi governativi atti a promuovere la costruzione di uno stato federale che doveva però essere dotato di organismi sufficienti a fare eseguire nei singoli stati le sue deliberazioni.

Fu tale il “manifesto di Ventotene” elaborato da Altiero Spinelli e da Ernesto Rossi durante un periodo di detenzione nell’isola. Un progetto che prevedeva la promozione di una unità delle nazioni del continente, ma che fu in seguito più di una volta riveduto, perché non collimava con la concezione comunista dei suoi fondatori.

Fino ad arrivare alla proposta di una confederazione europea di stati, sottoposti ad una drastica menomazione della loro sovranità nazionale. Che si avvicinava davvero ai caratteri di una specie di nuovo cominform. vestito all’occidentale.

Ancora una volta, e di nuovo, appare il concetto di uno stato nazionale asservito e messo alle dipendenze di una entità sovranazionale, con un progetto accettato con entusiasmo anche da molti statisti dell’epoca, che non si rendevano conto di quanto i loro sogni sarebbero stati in contrasto con la realtà.

Alcuni governanti sprovveduti decisero l’istituzione della moneta unica europea e fecero nascere l’euro, che secondo il povero Prodi avrebbe consentito agli italiani di lavorare un giorno in meno guadagnando come se lavorassero un giorno in più.

Oltre che dalle menti sognanti di molti esponenti liberali e comunisti, l’Europa fu fatta oggetto negli anni successivi di un vero e proprio culto da parte dalle testate giornalistiche che facevano parte del mainstream ubicato a sinistra.

Nessuno si rendeva conto che un’unione europea come quella approvata stupidamente dai singoli stati, andava riproducendo, passo dopo passo, le condizioni che avevano dato luogo nel secolo scorso al movimento della resistenza.

Non c’erano più le panzerdivisionen del terzo reich, ma la Germania, nel corso degli anni, si impose al comando dell’ente europeo e, fedele alla ragione sociale “Deutschland uber alles”, cominciò a dettarne le regole.

Regole che, sotto la forma di alcuni trattati e di pesanti ingerenze nella politica economica od addirittura di compiti da fare a casa, (vedi Mario Monti nominato senatore a vita da Napolitano), furono accettate con devota obbedienza dai governanti degli altri stati europei.

Rinacquero come nel 1945, ma questa volta organizzate in partiti, le formazioni dei nuovi ribelli. Volevano un ente europeo diverso e più solidale da quello imperante, ma furono aggrediti da quel mainstream sinistrorso che ancor oggi non ha capito e definiti con disprezzo sovranisti, nazionalisti, xenofobi,  razzisti ed anche fascisti. Colpevoli soprattutto di lesa maestà di sua eccellenza l’Europa.

Neppure l’exit, ossia l’abbandono dell’ente da parte della Gran Bretagna riuscì a farli riflettere.

Fino ad oggi.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, è stato il vergognoso comportamento tenuto da un ASSE che tiene insieme Germania, Olanda e staterelli del nord, amplificato dalla presenza di ridanciani  personaggi come quella madame La Gaffe Lagarde, che opera in sintonia con la presidenta Ursulina.

La quale era stata salutata, al momento della sua nomina, con grandi manifestazioni di giubilo da euroburocrati obnubilati, quali il Sassoli ed il Gentiloni e dagli attuali governanti tra i quali in particolare va ricordata la disastrata ciurma grillina, che pensava di potersi arrogare chissà quale merito per averla votata.

Di fronte all’ennesimo rifiuto dell’agonizzante UE di dimostrarsi solidale con l’Italia, aggredita dal virus cinese, anche loro, insieme al nostro capo dello Stato, hanno fatto la scoperta  che la van der Lejen  è  …..tedesca.    

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 01/04/2020