Archeologia Industriale: The Nizhny Tagil Charter for the Industrial Heritage

Di Marco Montesso (seconda e ultima parte)

Leggi qui la prima parte dell’articolo

 

La metodologia dell’A. I. si definisce necessariamente improntata sulla interdisciplinarietà con lo scopo di addivenire alla più completa investigazione e successiva miglior comprensione possibile dei fenomeni analizzati, sia meramente legati al passato che collegabili al presente, quando vi permanessero attività produttive. Tale caratteristica la si trova nell’identificazione, classificazione, studio, analisi di ogni testimonianza, sia essa materiale che immateriale, documenti, artefatti, stratigrafie e strutture in genere, insediamenti antropici collegati e paesaggi, naturali e urbani, così come si son determinati nei tempi attraverso i processi industriali.

Per far ciò si deve, talvolta soprattutto di fronte a ruderi di stabilimenti per esempio, ricorrere alle tecniche investigative tipiche dell’Archeologia, appunto perciò la Disciplina ne è stata, con codesta Carta, ufficialmente e definitivamente consacrata specializzazione.

Tecniche archeologiche che van al di là delle sole tipologie di scavo ma che riguardano anche la creazione di un reseau di interdipendenze, nel senso più ampio del termine, tra quanti più studiosi possibili, utile a scambiarsi informazioni e quant’altro al fine di addivenire a sempre più soluzioni degne di rilevanza scientifica.

Ovviamente, tale impostazione scientifica viene sottolineata dalla Carta al fine di promuovere nei confronti dei Governi, nazionali e locali, e delle loro emanazioni nel campo dei Beni Culturali, una sensibilità a ciò che è A. I. Il motivo è chiaramente quello di impedire scempi, abbandoni, distruzioni o, anche, cambi di utilizzo totalmente irrispettosi del bene strutturale in questione.

Ecco l’importanza, sempre suggerita dalla Carta, della Tutela Giuridica alla quale si devono sottomettere i beni propri dell’A. I. Tale Tutela, perché efficiente, deve essere puntuale, precisa e veloce nelle sue attuazioni. Essa la si deve armonizzare, per meglio applicarla, alle singole specificità che l’A. I. può via via presentare.

Si pensi allo stabilimento, ancora strutturalmente solido che può divenire un supermarket senza grossi investimenti da chi lo vorrebbe o al semplice rudere che potrebbe comunque, se ben inserito in un contesto didatticamente rilevante per esempio, fruibile e valido anch’esso, che rischia di essere distrutto completamente.

Anche gli aspetti legati alla Manutenzione e Conservazione dei beni, in generale, sono fermamente presi in considerazione dalla Carta. La ragione è lapalissiana e segue spontaneamente il filo dei ragionamenti compiuti sul Documento finalizzati allo spirito culturale dell’Industrial Heritage.

Qui si è collegati a doppio filo al concetto basato sul rispetto e sulla dignità, or ora summenzionata, del bene di A. I.

Sulla stessa linea d’onda, la Carta prescrive l’importanza della formazione e pratica scientifica di alto profilo, attraverso corsi universitari, master e dottorati.

Nonché sulla dotta divulgazione da loro condotta nei confronti della popolazione, in particolare degli studenti e scolari affinché ne siano educati, su studi, analisi, progetti, ecc. inerenti. Alla stessa stregua di quanto si dà per un dipinto del Rinascimento o per la salvaguardia di un sito ambientale.

Ecco perché nella Carta pure si propugna la nascita e lo sviluppo di ogni possibile iniziativa di tipo museale o almeno espositiva.

Data la ben nota peculiarità dei beni propri dell’A. I., il “Museo” talvolta potrebbe essere all’interno della stessa struttura “industriale”, come lo stabilimento, la stazione ferroviaria, ecc. o finanche tratti di strade o parti o totalità di ponti, ovviamente quando non più utilizzati per lo scopo primigenio.

In questi ultimi casi e qualora si tratti di stabilimenti o di villaggi operai ancora abitati o quantomeno aperti al pubblico per cambi di uso, come per esempio una fabbrica trasformata in un centro commerciale laddove la facciata è stata restaurata ma mantenuta nel suo aspetto originario, che almeno si compiano delle visite con itinerari mirati alla loro storicizzazione.

Mentre nel caso di documenti giuridici, progetti, foto e rilievi di siti, parti o totalità di macchinari, ecc. la sede logica è quella di uno spazio espositivo tradizionale.

Marco Montesso – montesso.marco@icloud.com

Foto di apertura fonte: https://www.pexels.com/it-it/ Foto nel testo fonte Wikipedia.

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Articolo pubblicato il 13/04/2020