Dai governanti tignosi ai burocrati ottusi, sino ai partiti ingordi, anche in tempi di Coronavirus
L’abbiamo scritto in più occasioni e meglio di noi si sono espressi insigni studiosi del Diritto e della Dottrina dello Stato. L’Italia, almeno dall’avvento della seconda repubblica, non è più un Paese liberale.
La pochezza dei politici cooptati e non scelti dall’elettore, il vezzo malsano di non approfondire ed innovare, di affidarsi alla straripante burocrazia, hanno prodotto la paralisi ed il decadimento dello Stato. L’avvento dei grillini ha poi fatto scoppiare il sistema, in quanto alla mediocrità degli eletti si somma l’ideologia perversa della decrescita felice e dell’uno vale l’altro.
Di fronte all’impotenza della pubblica amministrazione, le proteste del cittadino, sono sempre cadute nel vuoto, perché il tutto veniva santificato dalle indiscutibili decisioni politiche operate.
Da qualche mese siamo entrati nel tunnel del Coronavirus, ove la discriminante non è più dovuta a quando partiranno i lavori dell’Asti – Cuneo, per fare un esempio recente, ma tra le migliaia di cittadini che muoiono, anche a causa di scelte sbagliate o ritardate operate dall’Esecutivo, e, per i sopravvissuti al virus, quale destino tocchi o risparmi la crisi economica che sta incombendo, ovviamente incontrollata.
Massima è la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, e qui, la vuotezza di uno Stato che puzza ormai di uova marce, è esplosa in tutta la sua pestilenza. Per sopperire alle manifeste debolezze, il Presidente del Consiglio e qualche presidente di regione, si sono contornati di oltre mille esperti, in gran parte lottizzati, che si stanno pestando i piedi, in contraddizione l’un con l’altro, fornendo un’immagine ancor più penosa e sconcertante del Paese. Quali sono le conseguenze?
Il varo di Decreti del Presidente del Consiglio, incostituzionali e privi di effetti pratici e tangibili, l’eruzione di norme non solo ridicole, ( come la scoperta del termine “congiunti” adottato per circoscrivere la libertà dei cittadini) o il limite fisico e numerico alla partecipazione dei funerali, stanno creando mutilazioni alle libertà Costituzionali e beffa per chi è in attesa di un misero obolo da oltre un mese, nonostante la “provvidenza” sia stata ampiamente strombazzata.
Conte, concentra in sé le peggiori caratteristiche. E’ statalista, assolutista, assistenzialista, paternalista, l’opposto di quel che dovrebbe essere il capo dell’Esecutivo in un Paese democratico.
A supporto delle sue infelici ed infruttuose decisioni, il nostro presidente del Consiglio, non si è neppur avvalso di collaudati contatti che alcuni ministeri (Attività Produttive, Agricoltura, Trasporti e altri) hanno da sempre stabilito e tenuto con le maggiori organizzazioni imprenditoriali e di categoria, per tastare il polso reale della situazione ed individuare le terapie da adottare.
L’imperizia, associata ai vuoti mentali cerca di supplire con l’affollamento di comparse che, prive di regia, si pavoneggiano e basta, a danno del cittadino.
Cosa ci azzecca sula libertà di movimento dei cittadini e le esigenze delle filiere produttive, il dottor Colao, che si è sempre occupato d’altro? Forse è messo lì per favorire la svendita delle nostre aziende a capitali d’oltre Manica, ma non per dirci come dobbiamo salire sul tram!
Con la prossima settimana dovrebbe ripartire la circolazione delle persone e la ripresa delle attività. Ci auguriamo che con l’uso appropriato di mezzi di difesa, adottati da ognuno, la virulenza del morbo si attenui.
In un Paese normale, il Governo dovrebbe occuparsi, ed alla svelta della ripresa economica, già compromessa.
Si fa un gran vociare intorno ai vari strumenti europei o nazionali da attivare ed attingere per finanziare i cospicui interventi strutturali nel comparto sanitario e nelle scuole, oltre l’avvio delle attività produttive ed il sostegno a imprese e lavoratori svantaggiati. Abbiamo assistito, sino ad oggi ad una tragica farsa.
Non si è ancora visto il presidente del Consiglio che esponesse in Parlamento i contenuti dettagliati di ogni possibile alternativa con le conseguenze di carattere finanziario oltre le clausole relative.
Se ci estraniamo dagli slogan, non siamo in grado di capire realmente rischi, vantaggi, tempistica di erogazione ecc. delle diverse ipotesi o soluzioni, di matrice europea e non.
Intanto il tempo scorre infruttuoso.
Per dar fiato a imprese e lavoratori, è bene ricordare che giacciono, nei meandri ministeriali, progetti di centinaia di opere pubbliche di rilevante dimensione già finanziate, ma bloccate dalla caparbietà dei grillini e dalla burocrazia miope e parassitaria.
In alternativa, abbiamo sotto gli occhi il modello Genova.
Anche li, dopo i crollo del viadotto. il famigerato ex Ministro Toninelli, auspicava la scelta di un nuovo progetto ove, tra un Tir e un bus in corsa, i bambini potessero giocare a nascondino.
Poi prevalse la ragione, sotto pressione dell’opinione pubblica. La città di Genova, la Regione Liguria e aziende serie presero in mano la situazione ed oggi, in tempi record, stiamo avviandoci verso la completa messa in esercizio dell’imponente opera.
A vantaggio dei lettori se non dello stolto presidente del Consiglio vorremo elencare, a futura memoria, quanto si è deciso a Genova. Stiamo parlando di un manufatto imponente, completamente in acciaio, lungo 1067 metri, formato da 19 campate che poggiano su 18 pilastri alti 40 metri. Martedì scorso è stata posata l’ultima impalcata, a dieci mesi esatti dalla posa della prima pietra avvenuta il 25 giugno dell’anno scorso. Ora mancano soltanto i lavori da eseguire sul ponte, la facitura del manto stradale ecc., e il passaggio della prima auto è previsto per la metà di luglio.
Possiamo dire che sembra incredibile? Sì, purtroppo possiamo dirlo per un paese che è noto nel mondo per le sue incompiute, per le cattedrali nel deserto, per le opere pubbliche che non si sa mai quando finiscono e spesso non finiscono mai.
Ma dobbiamo anche dire che quel che sembra incredibile è invece accaduto davvero. E dunque dobbiamo ragionarci e vedere che insegnamenti trarne, tanto più che gli inconvenienti non sono mancati a Genova in questi dieci mesi, compreso un tempo particolarmente inclemente con piogge torrenziali, vento forte e mareggiate che hanno ostacolato i lavori, un paio di incendi, e ovviamente il Coronavirus che ha colpito un operaio e costretto a controlli che hanno fortemente rallentato i lavori.
Perché si è riusciti? Il progettista Renzo Piano sottolinea il fatto che esistono in Italia persone e tecnici dotati di grande competenza, disponibilità e dedizione, praticamente in tutti i campi. Ha perfettamente ragione.
Ci chiediamo come mai questi tecnici non vengano usati più frequentemente nella pubblica amministrazione, visto i casi di inefficienza che costellano il suo operato (come l’Inps che non ha saputo costruire un sistema informatico capace di rispondere alle richieste dei cittadini dieci giorni fa e ha miseramente inventato di essere stato attaccato dagli hacker?).
Ancora, per il ponte di Genova c’è stata una splendida collaborazione tra pubblico e privato, come ha sottolineato il Presidente di Fincantieri, “senza la quale saremmo stati molto meno efficienti”. Sì, proprio la sinergia tra pubblico e privato che tanti ideologi da salotto vetero-marxisti aborriscono, perchè sognano il “tutto pubblico” e le nazionalizzazioni dove i loro partiti ingrassano e gli ideologi sguazzano. (L’ultimo esempio riprovevole; nel provvedimento a favore delle piccole imprese portato la settimana scorsa in Parlamento, Conte ha avuto la spudoratezza di inserire la nazionalizzazione della più volte fallita Alitalia con un ulteriore esborso di un miliardo per i contribuenti italiani).
Vorremo citare un aspetto, forse il più significativo ed eclatante: per ricostruire il viadotto, a Genova hanno potuto basarsi sul codice degli appalti europeo e non su quello italiano. Sì, non hanno dovuto sottostare alle variegatissime burocrazie italiote, agli infiniti controlli preventivi, alla ricerca e consegna a lavori bloccati, non ancora iniziati, mentre il tempo scorre, di infinite certificazioni, di chili e quintali di carte.
Hanno potuto sottostare al codice europeo, il codice approvato dalle magistrature europee, che rimane valido per i magistrati di tutti i paesi UE. Ma non per l’Italia. Ecco l’insegnamento decisivo, a nostro parere: da applicare subito, a partire dalle pratiche per i prestiti causa Covid che non arrivano mai agli artigiani e agli imprenditori!
Basta con gli eccessi della burocrazia italiana, basta con lo strabordare, con lo straripare della burocrazia italiana che tutto rallenta e tutto blocca.
Mandiamoli in pensione, magari a calci nel sedere tutti, i nostri burocrati, o se preferite cancelliamo le clausole burocratiche aggiunte a quelle europee. Usiamo i codici tedeschi o quelli francesi. E con loro, questi politicanti fanfaroni che non riescono a tastar il polso dell’Italia e si nascondono dietro al timbro od alla clausoletta. Costoro ci stanno conducendo ad un degrado spaventoso e in una crisi economica senza paragoni, per paura d’iniziare a ragionare ed agire di conseguenza.
Solo liberandoci dei mezzani e della visione clientelar - parassitaria della società, l’Italia tornerà a risorgere. Costi quel che costi! Urge la rivoluzione dei “cervelli”, contro l’opacità delle menti, per cacciare i parassiti.
Francesco Rossa - Condirettore responsabile e Direttore editoriale
Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini
Articolo pubblicato il 03/05/2020