DENTRO - FUORI - DENTRO

Considerazioni più o meno amare, di Armeno Nardini, sulla gestione della pandemia da Coronavirus

Civico20news ospita un inedito del pubblicista e saggista torinese Dr. Armeno Nardini, che focalizza l'attenzione sugli aspetti più critici e contradditori di una pandemia che sta modificando le abitudini di gran parte dell'Umanità.

 

DENTRO - FUORI - DENTRO

**** coronavirus ****

di Armeno Nardini

 

La fretta, talvolta, è cattiva consigliera. Talaltra, il consiglio è giusto, ma il provvedimento è sbagliato. Ilnostro Paese è ancora sotto shock per il contagio parainfluenzale diffuso, cui forse troppo tardi è stata dato il giusto nome di pandemia dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, cui abbiamo delegato questo potere.

Come in Cina prima e così poi in altre parti del mondo, anche qui da noi c’è stato tutto ed il contrario di tutto, per un succedersi in breve di consigli da parte di un numero sempre più numeroso, ne  hanno contati più o meno 450, di esperti in ogni cosa: dalla sanità, che ha preso atto di quanto veramente era “mala”, alla politica, che ha mostrato tutte le deficienze d’una maggioranza di governo in qualche modo rabberciata; dalla privacy, che va difesa, al tracciamento dei contagi, che evoca timori orwelliani d’un Grande Fratello dai controlli totalitari.

Nel miraggio sempre più spettrale d’una economia in dissesto, con solo quattro soldi in cassa ed indigenti sempre più numerosi, cui stanno mancando anche le forze per tenersi in piedi, figuriamoci per reagire, siamo stati privati non solo della libertà di movimento, ma anche della possibilità d’affidare le nostre pene alla accoglienza d’un banco in Chiesa, nella distanza sociale consentita dalle ampie navate, ma con la vicinanza spirituale a Chi sempre dà ciò che promette, bilanciando in tal modo le tante promesse ricevute fuori dal sagrato e ruzzolate lungo le scalinate d’una burocrazia, che continua ad ignorare i piani inclinati ben lubrificati lungo i quali possano scorrere veloci gli aiuti necessari.

Ci sono già troppi morti, così per il coronavirus, come per il sopravvenire di questo morbo alle comorbilità sofferte da tanti nostri congiunti, tali a prescindere dal significato cercato con affanno a questo termine. Lo ha introdotto, dopo i pressanti inviti/obblighi di stare a casa, un provvedimento di parziale riapertura alla socialità, discusso forse più di tutti gli altri, perché toccava il nostro cuore.

Era uno dei tanti DPCM, Decreti del Presidente del Consiglio, succeditisi alcuni anche per rettificare altri, cui hanno aggiunto più d’una volta confusione. Sono intervenuti i costituzionalisti per cercare di spiegare che di questi DPCM non si era fatto nessun abuso e che non c’era stato nessun travalicamento dei poteri parlamentari.

Certo è che, mancando essi di un dibattito alle Camere, sono rimasti esposti alle incongruenze di decisioni prese nella fretta di decidere. Sicché, ciò che si doveva fare, bene o male è stato fatto ed alcuni ne hanno visto solo il bene mentre altri hanno voluto enfatizzarne solo il male.

L’ultima perla è stata la concessione dei domiciliari a 376 detenuti, seguiti poco dopo da altri 80, tra i quali c’erano anche dei condannati per reati di mafia, sottoposti al regime del 41 bis, che ne prevede il più assoluto isolamento anche nelle ore d’aria.

Il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede si è affrettato a cercare di sedare le polemiche levatesi immediate ed alte i giorni scorsi. I provvedimenti, comunque, erano stati presi per motivi sanitari, nel timore che gli interessati potessero essere contagiati dal morbo che sta funestando il mondo, ma nessuna informazione era stata data di ciò.

Oggi siamo nella fase due e questo timore pare ridimensionato. Il Decreto fa quindi obbligo ai Magistrati, che avevano disposto i domiciliari, di rivedere periodicamente le loro decisioni. Certamente lo faranno, ma quanti avevano mal digerito i loro primi provvedimenti considerandoli di fatto solo agevolativi e non cautelativi a fini sanitari, son sicuri che, ancora una volta, si è cercata una pezza a colore per chiudere lo strappo e intanto già si chiedono se le decisioni saranno veramente revocate da chi le ha prese.

 

Si vales, valeo.

 

Torino, 10.5.2020 – armeno.nardini@bno.eu

 

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Articolo pubblicato il 14/05/2020