FCA. Occupazione o decrescita?

In merito alle tante levate di scudi, prive di approfondimento

Una notizia mal scritta ed interpretata peggio sta alimentando una querelle frutto di scarsa conoscenza e di un tantino di  demagogia. Ci riferiamo alla richiesta di FCA di accedere alle garanzie che il Governo Conte si appresta a concedere ad aziende che intendono richiedere  prestiti bancari. Versione dei fatti ottimamente descritta da Umberto Minopoli che per correttezza riportiamo.

“La FCA, multinazionale italiana, da sola paga tasse in Italia per circa 1 miliardo e mezzo. Quanto le italiane Eni ed Enel (che pure ha un utile doppio di FCA prima delle tasse). FCA con Exor (controllante) e Ferrari paga, nel complesso, 4 miliardi di tasse (il doppio di Eni ed Enel) e supera di gran lunga ogni azienda italiana o straniera presente in Italia. FCA occupa in Italia 86.000 persone in 5 stabilimenti, il grosso al Sud. Viene da 3 anni di bilanci in rosso (crisi dell’auto) e da un terribile azzeramento delle vendite dovuto al Covid. O investe o chiude. Non chiede “aiuti” (conferimenti a fondo perduto o sottoscrizioni di capitale). Chiede un prestito di 6 mld da restituire in 3 anni. I prestiti, per chi opera in Italia, non si sono mai negati, a prescindere dal domicilio fiscale, legale o proprietario dell’azienda. L’unica condizione è che si investa in Italia. Solo tre mesi fa si parlava di aiuti dello Stato ad un’azienda franco-indiana che salva l’Ilva. Nessuno ha obiettato (tranne pazzi grillini). FCA non è Mittal: è una grande multinazionale “italiana” con storia in Italia, cervelli, fabbriche e fatturato in Italia. Per i suoi competitori FCA è italiana”

E’ bene tornare, pro veritate, all’origine della scelta di eleggere le sedi legali in Olanda, Lussemburgo o Inghilterra. Andrebbe precisato, come nel caso in esame, che al momento di costituire joint venture con aziende italiane, i partners stranieri, hanno sempre preteso, che le sedi legali risiedessero in Paesi ove la tassazione fosse meno cruenta di quella italiana ed il diritto societario più adatto ai tempi e non vittima di farraginose ed antistoriche normative. La componente italiana non avrebbe potuto imporre scelte che due partners debbono condividere. Se i nostri Governi fossero stati lungimiranti, da molti anni avrebbero potuto adeguare la nostra legislazione e beneficiare dei cospicui frutti di una tassazione equa anche da parte di società multinazionali con una componente italiana. Non è mai troppo tardi, anche  per Conte!

Nel leggere l’animosità delle argomentazioni sostenute da esponenti dell’ultrasinistra, ci pare di ripercorrere le grida dei loro padri quando, negli anni ’70 scatenarono vertenze e scioperi perché la FIAT continuava ad investire ed a occupare migliaia di lavoratori a Torino, invece di espandersi nel sud Italia.

I Governi di centro sinistra arrivarono persino a penalizzare le aziende del nord Italia che assumevano altri dipendenti, introducendo un balzello ad ogni assunzione, per indurle a delocalizzare. Quando Aldo Viglione era a capo di una giunta di sinistra alla Regione Piemonte impedì alla Saint Gobain di aprire uno stabilimento a Mondovì, invitando l’azienda francese ad investire nel sud Italia. Come risposta la Saint Gobain non investì più in Piemonte ed andò altrove. Con l’ex giappista Gianni Alasia assessore al lavoro della regione Piemonte, successero cose peggiori, con aziende, quali la Gimac, condannate al fallimento, invece di accettare altri partner industriali disposti al rilancio produttivo ed occupazionale.

Invece di creare al Sud infrastrutture per il Turismo e modernizzare porti, aeroporti e ferrovie, i Governi aderirono alle proposte sindacali e finanziarono le costruzioni di fonderie inquinanti e stabilimenti di produzione industriale nelle regioni meridionali, obbligando le aziende del nord a delocalizzare. Oggi di queste cattedrali nel deserto ne restano poche in funzione, tra queste le principali sono di proprietà FCA. Al Nord ed a Torino in particolare oggi, complici altre vicende economiche, succedutesi negli anni, si stanno ancora pagando le conseguenze di queste scelte, in termini occupazionali.

Al colmo dei colmi, per riferirci alla situazione dei nostri giorni, la sindaca invece di farsi interprete presso il governo della crisi di Torino ed invocare interventi finalizzati a favorire la produzione di nuovi modelli in loco, con la rottamazione delle auto datate, per ringiovanire il parco auto e favorire le vendite, anche a tutela dell’ambiente, si cimenta a rovinare i controviali della città ed ottiene i prestiti per l’acquisto delle biciclette.

Qui, nonostante  la crisi economica più grave che abbia sconvolto il mondo, stiamo osannando nuovamente al “tanto peggio, tanto meglio”. Intanto coloro che stanno cercando il lavoro, possono anche arrangiarsi o pitoccare sussidi, chi ha lo stipendio garantito può permettersi di concionare.

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Articolo pubblicato il 19/05/2020