Meglio mai che tardi?

Decreto Rilancio: tra ironia e amarezza il commento di Armeno Nardini

L'intelligente ironia può essere un'arma indispensabile per superare le odierne difficoltà, tuttavia il rischio di cadere nel baratro della disperazione, come ci racconta il Pubblicista torinese Armeno Nardini, sta iniziando ad essere percepito come una concreta realtà. Sovente alla divertente ironia fa seguito il feroce sarcasmo... la possibilità che questo possa avvenire è sempre più concreta.

 

MEGLIO MAI CHE TARDI?

DECRETO RILANCIO

di Armeno Nardini

 

Il 17 di questo mese di maggio, che per la pandemia non abbiamo goduto nel suo splendore primaverile, non è stato certo un buon giorno per i tanti superstiziosi; ma era l’ultimo del lungo lock down d’un collettivo KO epocale del nostro Paese. Ero seduto sulla panchina d’uno dei viali più belli di Torino, per respirare un anticipo di libertà.  Davanti a me, agli estremi opposti di un’altra panchina, con distanziamento sociale e mascherine d’obbligo, due amici conversavano ad alta voce, consentendomi, certo senza volerlo, di sentire così i loro discorsi, sul sottofondo di un tenue stormire delle alte robinie. Uno era completamente calvo; l’altro aveva un ciuffo bianco che non vedeva da mesi il parrucchiere.  Discutevano dell’argomento del giorno: non i morti ed i tamponi, ma la partenza, all’indomani, di negozi, botteghe e bancarelle senza il carburante della liquidità. Il calvo diceva che tanti non avrebbero riaperto perché le norme dettate dal Governo, arrivate il giorno prima, erano farraginose come tutte le precedenti sulle regole di comportamento e difficilmente potevano essere rispettate. L’altro raccontava d’un suo parente con una pizzeria, nella quale serviva contemporaneamente 40 coperti; il distanziamento li riduceva 7; quindi, le spese sarebbero state maggiori degli incassi. Convenivano, i due, d’essere fortunati perché, pur in là con gli anni e quindi nella fascia più soggetta alla pandemia, non erano stati toccati da questo morbo maledetto.  Il calvo, con tono ironico in parte sfumato dalla mascherina, aggiunse che col loro tranquillo lavoro d’ufficio, non usurante, tra una pausa e l’altra si erano mantenuti in buona salute e, con buone difese immunitarie e tanta attenzione, l’avevano sfangata bene. Secondo l’altro, pur essendo lontani da tempo dal lavoro, potevano contare sull’accredito mensile di una buona pensione statale, mentre artigiani, negozianti, lavoratori autonomi e piccoli imprenditori erano a secco da mesi; per riaprire, adesso dovevano affrontare le spese di sanitificazione e di risistemazione dei locali e quindi al lucro cessato si aggiungeva per loro il danno emergente dalle spese impreviste. Per fortuna, il Governo aveva sostenuto le fasce deboli con le erogazioni liberali del decreto liquidità. Sì, però i soldi promessi non erano ancora arrivati, dicevano i giornali, e le procedure per accedere ai finanziamenti agevolati avevano incontrato per strada le mille pietre d’inciampo d’una burocrazia che entrambi ben conoscevano e di cui uno era stato vittima, perché aveva ricevuto in ritardo la sua liquidazione, pur conoscendo le persone giuste nei posti giusti.

  • Tu dici che le cose cambieranno col decreto rilancio?
  • Mah! Doveva uscire ad aprile e siamo a metà maggio. Ne rinviano la pubblicazione da una settimana, tra una correzione e l’altra. Ho letto che sono più di 300 pagine, ti rendi conto, e che tante norme diventeranno operative solo dopo i provvedimenti attuativi delle varie autorità amministrative. Conte ha detto che è una manovra da 55 miliardi che vale due finanziarie; ma non so che cosa succederà in Parlamento quando dovranno convertire in legge questo decreto; ci saranno migliaia di emendamenti richiesti non solo dalle opposizioni, perché la maggioranza di governo non è per niente coesa.  Intanto, accumuliamo ritardo quando dovremmo invece procedere spediti. Così, mentre alcuni sono affogati per coronavirus, altri stanno affogando per mancanza di liquidi, che necessitano come l’aria..
  • Conte è incazzato nero per questo ritardo. Ha dichiarato più volte anche la data di pubblicazione del decreto rilancio ma i fatti lo hanno smentito. Però, sta già pensando ad un decreto semplificazioni che dovrebbe snellire la burocrazia.
  • Penso che servirà innanzitutto a semplificare questo decreto rilancio. Ho letto un paio di giorni fa sul Corriere della Sera che Sabino Cassese - lo conosci, vero,  questo giurista emerito della Corte Costituzionale – sì, per Sabino Cassese, certe norme sembrano scritte da un teologo medievale. Comunque, meglio tardi, che mai.
  • Tu dici? Io penso invece, con tutti questi casini, che forse è meglio mai, che tardi.

Ho ripreso la via di casa meditando su queste conclusioni. Il Decreto Rilancio è nato il 19 di maggio scorso, col taglio del cordone ombelicale a firma del  più che spazientito Presidente della Repubblica, e vedrà finalmente la luce sui fogli della Gazzetta Ufficiale dopo una problematica gestazione di oltre 45 giorni ed un travaglio di parto da cardiopalmo, cominciato il 13 di maggio con la approvazione del Consiglio dei ministri.  Quello dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha dichiarato che nell’arco di due, tre giorni al massimo, ci sarà il pagamento diretto di 600 euro a tutti i lavoratori autonomi. Beh! Se ci sarò la stessa velocità anche per tutti gli altri provvedimenti elencati nei ben 266 articoli del decreto, potremo forse dire, invocando la beata speranza: meglio tardi, che mai. Si vales, valeo.

 

Torino, 20.5.2020 – armeno nardini@bno.eu

 

 

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Articolo pubblicato il 22/05/2020