Il Governo italiano rintanato a Villa Panphilj peggio di Luigi XVI di Francia a Versailles
Ma ci rendiamo conto che questo Paese rischia un’implosione? O meglio, si rendono conto – loro, quelli rinchiusi nelle ville auliche a pasteggiare e pasticciare – che la precarietà della situazione economica italiana rischia di sfociare in una pericolosa pandemia sociale?
Li chiamano “Stati Generali dell’Economia”, quasi non si rendessero conto (anzi ne siamo certi, non se ne rendono conto affatto) del significato che storicamente e concretamente questa etichetta porta con sé.
Forma e sostanza. Forma perché gli Stati Generali sono un istituto codificato nei secoli. I più famosi che si ricordino sono quelli convocati dal Re di Francia Luigi XVI il 5 Maggio del 1789, su impulso e pressione del Terzo Stato (formato dalla nascente borghesia e dal ceto rurale) che chiedeva a gran voce l’ascolto dei bisogni e delle necessità del popolo.
I lavori si arenarono dopo pochi giorni, di fronte al diniego di superare il voto per classi (che avrebbe sempre visto prevalere Aristocratici e Clero per due consensi contro uno): dopo venne la presa della Bastiglia, con tutti gli sconvolgimenti storici che essa determinò.
E se l’evento di Villa Pamphilj richiama plasticamente la miopia e la sordità dell’ottusa corte francese, rintanata a Versailles, le criticità emergono anche nella sostanza.
Dieci giorni di kermesse, o meglio di one-man-show, con un consistente dispiegamento di forze (e di quattrini per supportarle) finalizzati a stabilire che cosa? Semplicemente quello che
I soldi mancano, i silenzi e gli omissis si alternano alle ennesime sparate rutilanti, come se le pance degli Italiani potessero riempirsi mangiando solo parole.
Ai Francesi affamati di trecento anni fa la nobiltà, saputa la carenza di pane, rispose con scherno di consumare brioches. Conte offre neanche quelle. Da lui solo promesse e richieste di atti d’amore.
SARA GARINO
Vicedirettore
CIVICO20NEWS
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Articolo pubblicato il 21/06/2020