Le infezioni virali e il sistema nervoso

Il caso del COVID-19 - Osservazioni del professor Antonio Ponzetto

La pandemia da Coronavirus SARS-CoV-2, che causa la sindrome COVID-19, resta ancora nel nostro Paese un evento da considerare con grande attenzione per la sua pericolosità.

Le recenti disposizioni in merito all’allentamento delle rigide misure di prevenzione non devono far dimenticare il reale rischio di contagio di questo terribile agente infettante.

Tuttavia, man mano che le conoscenze medico scientifiche si ampliano e forniscono spiegazioni scientifiche, ci si rende conto delle potenzialità di questo virus di colpire sempre nuovi organi, creando sovente lesioni e/o complicanze non sempre reversibili.

Possiamo affermare che il coronavirus SARS-CoV-2 ha creato una nuova realtà patologica, non ancora completamente definita e che richiederà ancora adeguati studi per conoscere gli intimi meccanismi biologici che causano i gravi effetti lesivi sull’organismo umano.

Un problema, fra i tanti che ancora attendono una risposta in questa complessa pandemia che ha sconvolto il mondo, è quello di conoscere quanti siano complessivamente gli organi bersaglio coinvolti da questo pericoloso virus.

Ci giungono in merito le osservazioni del gastroenterologo professor Antonio Ponzetto sul coinvolgimento del sistema nervoso da parte del Coronavirus SARS-CoV-2.

Nel ringraziare l’Autore per la sua costante collaborazione, auguriamo una buona lettura dell’articolo che segue.

 

Le infezioni virali e il sistema nervoso - Il caso del COVID-19

 

Le malattie virali sono spesso complicate da sintomi che interessano il sistema nervoso, come molti hanno sperimentato nel corso di un’influenza più “grave del solito”. La febbre già di per sé può causare effetti psicologici, in primis depressione. Moltissime mamme temono che il bambino con la febbre possa soffrire di convulsioni, secondo una diffusa credenza popolare.

Che certi virus influenzali possano danneggiare specificamente alcuni centri nervosi fu dimostrato nelle anatre e nei topi infettati sperimentalmente con il virus dell’influenza “aviaria H5N1” (quella famosa che avrebbe potuto fare un’ecatombe, ma fu un flop): molti degli animali avevano difficoltà di movimento, simili a quelle dei malati di Parkinson.

In queste infezioni sperimentali, infatti, il virus aveva danneggiato gli stessi centri nervosi (la substantia nigra) colpiti nella malattia di Parkinson umana.

I casi umani di “aviaria” furono pochi, ma con mortalità elevatissima. Paradigmatico fu il caso di un bambino il cui unico sintomo dell’influenza fu il coma improvviso.

 

Molti virus possono dare sintomi e lesioni al sistema nervoso: molto noto e diffuso è il virus della varicella (figura 1), il quale, dopo la fase acuta, si nasconde nei neuroni gangliari vicini al midollo spinale. Dopo molti anni può essere riattivato da uno stress o da una malattia, migrare lungo il decorso dei nervi e causare sulla cute, lungo il decorso delle terminazioni nervose, l’herpes zoster cioè il “fuoco di Sant’Antonio” ed anche encefaliti, paralisi e spesso dolore neuropatico cronico.

 

Pericolosissimo è il virus del morbillo che può invadere il cervello, molto spesso senza conseguenze e causare, in un caso su mille, un’encefalite.

Questa può essere gravissima e anche mortale, soprattutto nel primo anno di vita, nei ragazzini dopo i 10 anni di età e negli adulti che non avevano sofferto di morbillo da bambini. (figura 2).

Oggi in Italia non si vedono più (o quasi) queste gravi malattie, grazie alla vaccinazione dei bambini. Tuttavia il numero di morti per morbillo era ancora superiore a 650 mila nel 2000 e pari a 134.200 nel 2015, a livello mondiale.

Quando è scoppiata l’epidemia COVID-19 (COronaVIrusDisease-19) oltre a tosse, naso che cola, si sono notati anche sintomi neurologici, prima di tutto nei pazienti ricoverati in ospedale, perché è molto più facile osservare e registrare segni e sintomi nei pazienti ricoverati che non in quelli restati a casa.

In ospedale l’osservazione è continua ed è obbligatorio descrivere ciò che si osserva, sia da parte dei medici, sia degli infermieri. Fra i sintomi di esordio della malattia frequentemente c’è il mal di testa, che però è un sintomo molto generico. Più raramente si sono osservate convulsioni epilettiformi e perdita di coscienza: un caso emblematico è stato descritto in un giapponese di 24 anni da Moriguchi e colleghi (1).

Inizialmente il giovane aveva febbre, astenia e mal di testa, poi tosse, ma si aggravava nonostante la terapia. Al nono giorno perse coscienza e fu portato in ospedale ed in ambulanza ebbe una crisi comiziale (epilettiforme). L’aggravamento proseguì e la diagnosi finale fu di encefalite con positività per il virus SARS-CoV-2 nel liquido cefalo-rachidiano, oltre a polmonite COVID-19.

Ma un caso singolo non è mai dimostrativo, può essere per l’appunto un episodio casuale, quindi si andò a cercare che cosa era successo in Cina: uno dei primi lavori pubblicati indicava che il 36% di 214 pazienti ricoverati aveva sintomi neurologici, in particolare nausea (17%) e mal di testa (13%), anche crisi epilettiche e alterazioni della coscienza (2). Ma anche questo non era uno studio “ben condotto”, non era prospettico, non era basato su una ipotesi da confutare. Per avere dati più ponderati una soluzione è stata quella di studiare cosa si era osservato nelle precedenti infezioni da coronavirus simili, tipo la Middle East Respiratory Syndrome (MERS) del 2012 e in particolare la SARS del 2002-2003.

Questo virus, come il nuovo SARS-CoV-2, entra nelle cellule attraverso il recettore ACE2. Questo è presente anche in alcune aree del cervello, in particolare in quelle dette “cervello primitivo” o da lucertola, che controlla le funzioni vitali: la regolazione della respirazione, del sistema cardiovascolare, dei movimenti fini (perduti nella malattia di Parkinson) e dei nervi cranici (figura 3). Allora non è più così sorprendente che un paziente COVID-19, con una funzione di scambi polmonari ancora efficiente, d’improvviso non respiri o che non senta gli odori, né i sapori e addirittura veda doppio (diplopia).

Abbiamo già visto che ogni infezione è causa di infiammazione e di conseguenza anche di aumento della coagulazione intravascolare (vedi il precedente scritto del 20 maggio). L’infiammazione del sistema nervoso centrale che si ha nell’infezione da SARS-CoV-2 anch’essa può essere accompagnata da lesioni ischemiche. Questo è stato descritto in una revisione della letteratura fatta da Aggarwal che riportò l’insorgenza di “colpo apoplettico” nel 5% dei pazienti ricoverati con malattia COVID-19 grave (3).

È chiaro che la malattia più grave è quella con i segni e sintomi più evidenti, ma questi sono la spia di eventi che appaiono in tutti i pazienti, in misura più lieve.

Altrettanto chiaro è che ognuno di noi quando ha un’infezione virale, che sia influenza, morbillo, varicella ed ancor più da questo coronavirus, può avere una complicazione ischemica localizzata, temporanea, che si risolve da sola; me se il paziente ha la pressione molto alta, se è diabetico, se ha già avuto un infarto, allora è prevedibile che la complicazione non si risolva “da sola” e questo sarà tanto più frequente quanto più l’età è avanzata.

Cosa è stato visto nelle varie epidemie da coronavirus? Una revisione di 65 pubblicazioni su SARS 2002, su MERS 2012 e sulla attuale malattia, descrive i sintomi più frequentemente osservati nella fase acuta nei pazienti gravi: insonnia e umore depresso nel 42% dei casi, perdita della memoria nel 34% ed anche confusione e delirio.  Dopo la guarigione i sintomi rimanevano in una minore percentuale di pazienti: insonnia nel 12%, depressione nel 10,5%, perdita della memoria nel 19%, come anche facile affaticabilità (4).

Tutti questi dati sono difficili da ottenere con una ragionevole sicurezza per chi non è stato ricoverato in ospedale e poi seguito nel post-ricovero.

Perciò non si hanno ancora notizie sicure sui danni al sistema nervoso nei malati meno gravi, che non hanno avuto bisogno di ospedalizzazione.

Un dato riportato con frequenza anche in persone che hanno avuto una malattia molto lieve, ma non sentivano più gli odori, è la lentissima ripresa della percezione degli stessi.

Questo dato è in accordo con la nozione che il sistema nervoso ha scarsa capacità di ricostruire sé stesso, al contrario della epidermide, che tutti sappiamo si rinnova, o delle cellule del sangue, continuamente in riproduzione.

In conclusione, per controbattere i rischi di ischemia, il miglior metodo è quello di fare attività fisica, come tutti i cardiologi consigliano da decenni: diecimila passi al giorno sono necessari per evitare l’infarto e il colpo apoplettico.

 

Bibliografia

1-Moriguchi T, Harii N, Goto J, et al. A first case of meningitis/encephalitis associated with SARS-coronavirus-2. Int J Infect Dis 2020; 94: 55–58.   

2-Mao L, Wang M, Chen S, et al.: Neurological manifestations of hospitalized patients with COVID-19 in Wuhan, China: a retrospective case series study. medRxiv. 2020,10.1101/2020.02.22.20026500

3-Aggarwal G, Lippi G, Henry BM. Cerebrovascular disease is associated with an increased disease severity in patients with Coronavirus Disease 2019 (COVID-19): A pooled analysis of published literature. International Journal of Stroke 2020; (0) 1–5

4-Rogers JP, Chesney E, Oliver D, Pollak TA, McGuire P, Fusar-Poli P, Zandi MS, Lewis G, David AS.  Psychiatric and neuropsychiatric presentations associated with severe coronavirus infections: a systematic review and meta-analysis with comparison to the COVID-19 pandemic. Lancet Psychiatry. 2020 May 18:S2215-0366(20)30203-0.  doi: 10.1016/S2215-0366(20)30203-0

 

Antonio Ponzetto

Professore di Gastroenterologia

Dipartimento di Scienze Mediche - Università di Torino

 

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Articolo pubblicato il 24/06/2020