Cavour, Gioberti, D'Azeglio: lettere autografe nella Biblioteca di Storia e Cultura del Piemonte "Giuseppe Grosso"

L'inventario è stato digitalizzato e ora si può consultare on line sul sito della Città metropolitana

Fonte: Cronache da Palazzo Cisterna n. 22 del 5 giugno 2020.

 

Sei faldoni contenenti centinaia di lettere autografe, acquisite dalla Provincia di Torino in momenti diversi, e pervenute tramite donazioni di privati o acquisti da antiquari: è quanto è contenuto nel fondo archivistico omonimo, il cui inventario è stato recentemente digitalizzato dai bibliotecari della “Giuseppe Grosso” e pubblicato on line.

Si va dallo scritto più antico, una dichiarazione di devozione e benevolenza del duca Carlo Emanuele I di Savoia al cardinale Tosco, datata 6 gennaio 1613, a due fotografie di Ida Pellegrini, moglie del presidente Luigi Einaudi, risalenti al 1967-68.

Il corpus più sostanzioso di lettere è riferibile a personalità operanti nel diciannovesimo secolo, e appartenenti a vari ambiti: politici, storici, letterati, scultori.

Ci sono 6 lettere di Cavour - una attribuita alla contessa di Castiglione e datata novembre 1869 in cui si descrive l'apprensione della corte per la grave malattia di Vittorio Emanuele II - e 3 lettere di Maria Vittoria di Savoia Aosta, l'ultima principessa Dal Pozzo della Cisterna moglie del primo duca d'Aosta, Amedeo, con il quale regnò sul trono di Spagna dal 1871 al 1873.

Si conservano inoltre un autografo del re di maggio, Umberto II, su cornice silografata e stemma reale in blu, e un mazzo di 7 lettere del re Carlo Alberto di Savoia, indirizzate dal 1824 al 1829 al marchese di Clermont-Tonnerre.

In molti casi è difficile distinguere i letterati puri dai politici: molti personaggi sono ascrivibili a entrambe le categorie.

C'è ad esempio un fitto carteggio che coinvolge i vari membri della famiglia Taparelli D'Azeglio, quel Cesare cui Manzoni indirizzò la famosa Lettera sul Romanticismo, e i suoi due figli, il patriota, pittore e scrittore Massimo e Roberto, che fu il promotore della campagna di emancipazione delle minoranze religiose del Piemonte (ebrei e valdesi).

Le lettere più interessanti sono però forse quelle della moglie di Roberto, Costanza Alfieri di Sostegno, sostenitrice di un'apertura in senso liberale della monarchia e animatrice di un salotto frequentato da diversi patrioti.

Tra gli altri politici-letterati troviamo Vincenzo Gioberti, che il 18 febbraio 1848 scrive da Parigi all'abate Germano di Vercelli raccontando del suo soggiorno nella capitale francese, con cenni al clima di tensione politica. Censiamo inoltre quattro poesie manoscritte di Costantino Nigra, e un mazzetto di lettere di Silvio Pellico.

E ancora, poesie autografe di Norberto Rosa, alcune lettere del Brofferio, fra cui una (indirizzata forse a padre Bottari) nella quale l'autore descrive il proprio soggiorno a Venezia e la ricca vita culturale della città.

Citiamo ancora due lettere di Edmondo De Amicis: quella diretta a Domenico Lanza contiene peculiari riflessioni sul teatro.

 

Carteggio Don Bosco - Barone Ricci Des Ferres

Nel fondo troviamo un fascicolo contenente 21 lettere di San Giovanni Bosco, più un biglietto, disseminate lungo un arco di tempo che va dal 1856 al 1888, e dirette al barone Feliciano Ricci des Ferres.

Furono questi gli anni in cui si rafforzò l'amicizia del santo sociale piemontese con il barone, durata fino alla morte di don Bosco, il 31 gennaio 1888.

Dal carteggio emerge con evidenza il leit-motiv della continua richiesta di aiuti economici al nobile piemontese: dal denaro ai più svariati oggetti che potessero essere di utilità per gli oratori, le case salesiane, gli stabilimenti di lavoro e le altre opere di don Bosco.

In un lessico sobrio e immediato le richieste del santo sono accompagnate da sincere espressioni di riconoscenza verso il barone, al quale il sacerdote sa trasmettere la sua profonda spiritualità e la sua preoccupazione per la salvezza eterna.

Nel biglietto del gennaio 1888, inedito, scritto con grafia tremante al termine di una vita spesa per aiutare i più deboli, leggiamo: "O Signor Barone, voi dovete assolutamente salvarvi l'anima, ma voi dovete dare ai poveri tutto il vostro superfluo quanto vi ha dato il Signore. Prego Dio che vi conceda questa grazia straordinaria. Spero che ci vedremo nella beata eternità.

Pregate per la salvezza dell'anima mia".

Versamento Cena

Il Versamento Cena è sostanzialmente costituito da un gruppo di lettere, appunti, biglietti, inviati dallo scrittore canavesano Giovanni Cena (1870-1917) al pittore parmense Antonio Maria Mucchi (1871-1945). Cena, che nel 1902 fu assunto, a Roma, come capo redattore della prestigiosa rivista Nuova antologia, spese quasi tutta la sua vita in un'importante opera di assistenza e promozione sociale delle popolazioni della campagna romana, organizzando fra l'altro la prima vera scuola dell'Agro Pontino. Di lui restano le poesie e soprattutto il romanzo sociale Gli ammonitori, pubblicato nel 1903.

Di Antonio Maria Mucchi, che fu allievo di Giacomo Grosso e fu attivo a Torino fino al 1910, la Biblioteca storica conserva materiale specifico in un apposito Fondo.

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Articolo pubblicato il 27/06/2020