La repressione cinese dei diritti umani e la disinformazione della stampa cattolica. Di Luca Della Torre

La drammatica condizione politica di “libertà sorvegliata” in cui versa Hong Kong è ad un passo dal tramutarsi in tragedia.

Come purtroppo anticipato sulle pagine di Corrispondenza Romana, la Repubblica Popolare Cinese è passata all’attacco sul fronte dei diritti umani a Hong Kong: senza alcuna attenzione nei confronti delle molteplici proteste della comunità politica internazionale, il brutale regime totalitario comunista di Pechino ha esteso anche alla Regione autonoma di Hong Kong la Legge sulla Sicurezza Nazionale approvata dal Congresso del Partito Comunista cinese all’inizio di giugno.

 

Subito dopo l’entrata in vigore della famigerata Legge sulla Sicurezza Nazionale, decine di migliaia di cittadini di Hong Kong si sono riversati per le strade per contestare la criminale legge in oggetto, che de facto elimina ogni garanzia giudiziaria ai diritti civili e politici dei cittadini, attribuendo alla autorità di polizia il potere unilaterale di arrestare e condannare all’ergastolo chiunque incorra in reati d’opinione, ovverosia di critica al feroce antidemocratico regime comunista di Pechino. La reazione delle forze di polizia cinesi è stata durissima e selvaggia: l’autorità di polizia ha represso con violenza le manifestazioni procedendo all’arresto di centinaia di giovani studenti, intellettuali, giornalisti ed avvocati – persino di una ragazzina di 15 anni – con capi d’accusa pesantissimi, che prevedono la pena dell’ergastolo.

 

La Legge sulla Sicurezza Nazionale è il perno giuridico su cui si basa e legittima il regime di terrore poliziesco repressivo che il Partito Comunista esercita sulla popolazione da 70 anni. Terrorismo, sovversione, secessione, sedizione, collusione con lo straniero, questi sono esattamente i capi di reato di natura “politica” – o reati d’opinione – che sono previsti nella Legge sulla Sicurezza Nazionale cinese. Un pacchetto legislativo di reati collaudato nella storia dei criminali regimi totalitari del XX secolo, dall’Unione Sovietica al Terzo Reich, per imprigionare, perseguitare, sopprimere i cittadini che manifestassero il loro legittimo dissenso a governi che violano i diritti dell’uomo.

 

Secondo la Legge sulla Sicurezza Nazionale della Repubblica popolare cinese l’autorità di polizia ha il pieno, assoluto potere discrezionale di reprimere ogni iniziativa politica, culturale, religiosa in forma pubblica che non sia organizzata dalle autorità del Partito Comunista cinese: in buona sostanza, nessuna fede religiosa, nessun giornale, organo di stampa, movimento culturale, organizzazione politica può manifestare le proprie idee se non sotto l’autorizzazione del “Grande fratello comunista”.

 

Solo i Paesi anglosassoni hanno assunto una posizione forte e chiara contro questo attentato allo stato di diritto ed al rispetto delle libertà democratiche: il Foreign Office britannico ha espressamente condannato l’adozione della Legge sulla Sicurezza Nazionale cinese e, forte del suo ruolo di garante dei diritti dei cittadini di Hong Kong, fino al 1997 colonia inglese, ha invocato il rispetto della Basic Law, l’accordo internazionale sottoscritto tra Cina e Gran Bretagna all’atto della cessione della colonia, in virtù del quale lo statuto speciale a favore di Hong Kong prevede il mantenimento delle garanzie giuridiche dei diritti fondamentali del cittadino secondo il modello occidentale della Rule of Law liberale.

 

Nel criminale regime comunista cinese è risaputo infatti che i diritti civili, politici, di libertà, non sono riconosciuti per il solo fatto che l’individuo sia una persona umana, ma sono “graziosamente” concessi dal Partito-Stato in virtù della sottomissione del cittadino al primato del potere del regime comunista.

 

Il Premier inglese Boris Johnson ha dichiarato espressamente che è un dovere morale, per il proprio Paese, offrire il riconoscimento della cittadinanza britannica ai cittadini di Hong Kong che abbiano titolo per ottenere il cosidetto BNO (British National Overseas, il passaporto britannico degli ex territori d’oltremare): rarissima prova di forza d’animo e polso politico che la leadership inglese ha sempre mostrato di fronte all’arroganza prepotente di regimi criminali nella storia.

 

Il Financial Times riporta che è in atto un vero e proprio “tsunami” ad Hong Kong, dove il numero dei richiedenti le pratiche di espatrio è in aumento vertiginoso. Australia, Giappone, USA si sono detti pronti ad accogliere i cittadini di Hong Kong che richiedessero asilo: un evento che – metaforicamente – rammenta l’esodo drammatico dei Boat-people, masse di milioni di derelitti cittadini del Vietnam del Sud in fuga dal terrore del regime comunista nordvietnamita nel 1975.

 

In questo quadro sempre più preoccupante per la tenuta dei valori e principi dei diritti civili e della democrazia a causa della sempre più arrogante geopolitica planetaria del regime poliziesco e della Cina comunista, desta sconcerto, amarezza, forti perplessità un articolo di Avvenire, il quotidiano cattolico della Conferenza Episcopale italiana proprio sul tema di Hong Kong: un concentrato di cinico, indifferente “neutralismo” ermeneutico di fronte al grido di angoscia che sale dai cittadini di Hong Kong.

 

L’estensore dell’articolo del 3 luglio su Avvenire, lo storico Agostino Giovagnoli, cita la Basic Law, il trattato internazionale tra Repubblica Popolare cinese e Regno Unito che disciplina il regime giuridico di tutela dello stato di diritto secondo i canoni internazionalistici ad Hong Kong, affermando che la Cina avrebbe il diritto di legiferare su materie come terrorismo, sovversione, secessione, sedizione, collusione con lo straniero, organizzazione di movimenti politici; ma l’estensore omette di precisare ai lettori che la Basic Law fu espressamente voluta proprio dal Regno Unito come una sorta di “Costituzione ad hoc” per la Regione speciale amministrativa di Hong Kong, per garantire quel sistema di diritti fondamentali internazionali, civili e politici, del cittadino, proprio in quanto nel territorio continentale della Cina vige un rabbioso regime giuridico di polizia, di impronta totalitaria comunista, che ignora e calpesta le libertà fondamentali dell’uomo garantite dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1949. 

 

Dichiarazione che il criminale regime di Mao Zedong non ha mai sottoscritto; l’estensore dell’articolo su Avvenire non informa i lettori che la Basic Law stabilisce che fino al 2047 lo statuto speciale a favore di Hong Kong preveda il mantenimento delle garanzie giuridiche dei diritti fondamentali del cittadino secondo il modello liberale della Rule of Law britannica; l’estensore dell’articolo omette di informare i lettori del quotidiano cattolico che il pericoloso strumento di cui intende avvalersi il regime di Pechino contro le libertà dei cittadini di Hong Kong è l’introduzione della Legge sull’estradizione, che permette l’estradizione verso la Cina continentale per sottoporre a processo secondo l’ordinamento giuridico comunista tutti i cittadini di Hong Kong a cui sia contestato uno dei reati oggetto della Legge sulla Sicurezza Nazionale.

 

Sul territorio continentale i magistrati cinesi, a differenza dei loro colleghi di Hong Kong, sono dei funzionari politici incaricati per legge di difendere in giudizio l’interesse supremo del Partito Comunista cinese, secondo un modello politico totalitario di matrice ideologica marxista leninista.

 

In sostanza, Agostino Giovagnoli, sul quotidiano dei Vescovi cattolici italiani, pare rappresentare la questione della Basic Law ad Hong Kong come una mera, semplice, semplicissima questione di affermazione legittima giuridica della sovranità politica della Repubblica Popolare cinese: pare invece ignorare del tutto il sistema giuridico-istituzionale di terrore e violazione dei diritti umani che Pechino da decenni utilizza come perno del suo criminale regime comunista, e di cui ora rischiano di divenire vittime milioni di esseri umani, milioni di persone, milioni di coscienze.

 

Paradossalmente si potrebbe citare un famoso aforisma di Mao Zedong: «grande è la confusione sotto il cielo». Grande, ma molto preoccupante, è la confusione sotto il cielo dell’impegno politico e pastorale della Chiesa cattolica, aggiungiamo.

 

Corrispondenzaromana.it

 

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Articolo pubblicato il 09/07/2020