L’impegno di Antonio Frigè per la diffusione del repertorio barocco
Antonio Frigè

Incontro con uno dei protagonisti della riscoperta del patrimonio musicale italiano sia come interprete sia per la sua intensa attività di trascrittore.

Oggi molti tendono ad attribuire il merito della riscoperta dello sterminato repertorio preromantico agli interpreti che nel corso dell’ultimo mezzo secolo hanno dedicato gran parte delle loro energie all’esecuzione “storicamente informata” delle opere di una schiera di compositori noti e virtualmente sconosciuti, ma in questo modo si tende a sminuire il preziosissimo contributo offerto da centinaia di studiosi che – spesso nell’ombra – hanno provveduto a togliere la polvere a partiture dimenticate da secoli sugli scaffali delle biblioteche di tutta Europa, catalogarle in database consultabili online in tutto il mondo e realizzarne curatissime edizioni critiche.

 

Anche se molti appassionati non lo sanno, a questi studiosi dobbiamo il progressivo recupero di una civiltà musicale che correva – e corre ancora oggi, vista la scarsissima attenzione che nel nostro Paese viene generalmente prestata alle tematiche culturali – il serio rischio di andare irrimediabilmente perduta. Tutti noi, appassionati del patrimonio musicale del XVII e XVIII secolo, non possiamo dimenticare l’inestimabile impegno dei ragazzi e delle ragazze che – dopo aver portato a termine un rigoroso percorso di studi – si dedicano con amore assoluto (e spesso con poche risorse e compensi estremamente risicati) alla tutela di queste opere e di questi autori, dimostrando di essere davvero un’eccellenza della nostra bella Italia.

 

Per approfondire questi temi, ho incontrato Antonio Frigè, organista attivo da tempo nella diffusione del repertorio barocco, che – oltre all’attività artistica – si dedica da molti anni con inesausto impegno alla trascrizione di capolavori rimasti fino a oggi nell’ombra, che mette in vendita tramite la sua casa editrice Edizioni Pian & Forte. L’occasione mi è stata offerta dall’uscita del terzo e ultimo volume delle dodici cantate per soprano, due violini e basso continuo di Antonio Caldara, compositore veneziano ai suoi tempi famoso in tutta Europa, di cui in questo disgraziatissimo 2020 si sarebbe dovuto celebrare il 350° anniversario della nascita.

 

Maestro Frigè, pare proprio che la ricorrenza di Caldara sia passata quasi sotto silenzio, fatte salve poche benemerite eccezioni, tra le quali si inserisce questa nuova pubblicazione delle Edizioni Pian & Forte. Ci vuole parlare di questo vostro impegno a suo favore?

       
«La produzione musicale di Caldara è veramente sterminata e, avendo la disponibilità di moltissimi musicisti alla corte imperiale di Vienna, le sue opere richiedono spesso organici troppo ampi per le possibilità esecutive dei giorni nostri. Per questo motivo, ho deciso di dedicarmi alle partiture cameristiche, in quanto risultano più semplici da eseguire, rispondendo quindi allo scopo di una casa editrice».

 

Al momento, lei è tra i pochissimi a essersi ricordato di questo grande autore, che si affermò nei tre centri più importanti dei suoi tempi, Venezia, Roma e Vienna. Secondo lei, a cosa è dovuto questo oblio?


«In primo luogo bisogna considerare il fatto che nel XVIII secolo le opere che ascoltiamo oggi sui dischi erano considerate musica di consumo, come dimostra il fatto che nella maggior parte dei casi venivano eseguite solo poche volte e poi messe da parte. Inoltre, i gusti del pubblico cambiavano velocemente e lo stesso Vivaldi verso la fine della sua vita venne totalmente dimenticato, al punto che, per poterli vendere, molti suoi manoscritti venivano attribuiti a Baldassare Galuppi».

 

Concretamente, pensa che si possa fare qualcosa per riportare in auge Caldara?

 

«Come è successo per Bach, Vivaldi, Monteverdi, Scarlatti e tanti altri, l’unica possibilità è quella di pubblicare i manoscritti rimasti sepolti nelle biblioteche».

 

Ci può parlare di queste dodici cantate?

 

«Caldara scrisse queste cantate nell’agosto del 1711 a Milano, mentre aspettava di trasferirsi a Vienna: sono 12 gioielli in cui due violini dialogano con il soprano in un intreccio raffinatissimo».

 

Nel prossimo futuro, la sua casa editrice ha in serbo altri progetti su Caldara?

 

«Certamente! Le prossime novità a uscire saranno cinque Missae Breves contenute in una raccolta conservata a Monaco di Baviera, poi altre cantate… Ogni tanto salta fuori qualcosa di sconosciuto».

 

Oltre a Caldara, le Edizioni Pian & Forte si sono dedicate con impegno anche ad altri autori, alcuni noti come Alessandro Scarlatti, e altri assai meno conosciuti. Ci vuole parlare della sua linea editoriale e di come il suo catalogo si è sviluppato nel corso degli anni?

 

«Nel corso degli ultimi 20 anni la digitalizzazione delle biblioteche ha aperto un orizzonte infinito, al punto che oggi, invece di girare il mondo, è possibile consultare comodamente i manoscritti online.


Tenga però presente che è sempre molto difficile capire se una musica sia “bella” o meno quando ci si trova davanti a parti staccate e non a partiture complete. Questo succede praticamente sempre nella produzione musicale del Sei-Settecento, proprio per il fatto che si trattava di musica di consumo, la carta costava e non esisteva una vera necessità di avere partiture.

Pertanto, dopo aver acquisito una notevole facilità nell’utilizzo del programma di scrittura musicale, ho iniziato a copiare prima le musiche che volevo eseguire con il mio gruppo (Ensemble Pian & Forte, fondato nel 1989 con Gabriele Cassone) e in seguito ho allargato lo sguardo rivolgendomi a un repertorio più vasto ma sempre legato al periodo barocco, da utilizzare con i miei allievi di musica da camera presso la Civica Scuola di Musica “Claudio Abbado” di Milano, dove insegno dal 1982.

 

Un giorno mi sono reso conto di avere sul computer più di 200 partiture e ho deciso di mettere online questo patrimonio, con l’intento di aiutare soprattutto i giovani a conoscere un repertorio dimenticato a un prezzo simbolico di circa 10 centesimi di euro a pagina. Di recente ho poi stipulato un accordo con Da Vinci Edition, fondata da Edmondo Filippini in Giappone, in base al quale pubblicano su richiesta tutto il mio catalogo in formato cartaceo (in questo caso a prezzo di mercato, notevolmente più alto!)».

 

Quale è il mercato a cui si rivolge? Prevalentemente italiano o straniero?

 

«Direi che è abbastanza indifferente, in quanto grazie al web è possibile raggiungere comodamente tutti i paesi del mondo… Ricevo regolarmente ordini dalla Nuova Zelanda, dal Canada, dagli Stati Uniti, dal Messico e, ovviamente, dall’Europa».

 

Quale è il futuro che immagina per le Edizioni Pian & Forte?

 

«Al momento devo confessare che, se dovessi considerare quanto tempo dedico alla trascrizione delle partiture, dovrei chiudere all’istante! Però non posso dimenticare che questa è la mia passione e ho la speranza che, con il passare del tempo, le Edizioni Pian & Forte riescano a essere conosciute da un pubblico più ampio: diciamo che sto investendo sul futuro!».

 

Per finire, c’è un progetto particolare che spera di realizzare?

 

«Per ora Caldara; ma nel frattempo ho iniziato a dedicarmi a un altro autore particolarmente raffinato e poco ricordato: Giovanni Bononcini».

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 24/07/2020