Svizzera. Si sta consolidando la criminalità organizzata italiana

Espulso solo il 58% dei criminali stranieri: "Volontà popolare violata"

La maxi-retata di martedì scorso tra l’Italia e la Svizzera, con 70 arrestati, ha messo ancora una volta in evidenza come il problema della mafia non sia solo un problema marginale nella Confederazione, ma ben radicato e in evoluzione. La Radiotelevisione svizzera ne ha discusso con il sostituto procuratore della divisione antimafia di Catanzaro e con un esperto di cronaca giudiziaria.

Quando in Svizzera vengono a galla vicende legate alla criminalità organizzata italiana, in Ticino si tende a parlare di "casi isolati". Ma il fatto stesso che se ne parli al plurale è un segnale che così isolati non sono. 

In particolare la 'ndrangheta calabrese è radicata nella Confederazione  sin dagli anni ‘70 ed è ancora oggi in continua evoluzione. Oltre al traffico di droga, armi e riciclaggio di denaro sono stati individuati, ad esempio, casi di estorsione, finora inediti in Svizzera, sottolinea il cronista giudiziario della Radiotelevisione svizzera Francesco Lepori. 

Anche il lavoro delle forze dell'ordine sta però sviluppandosi. Come sottolinea Antonio de Bernardo, sostituto procuratore della divisione distrettuale antimafia di Catanzaro riferendosi all'operazione di martedì. Nel caso dell'operazione “Imponimento” ,"la procura federale ha messo in campo un armamentario investigativo molto più efficace rispetto ad altre volte", spiega de Bernardo. Si presume che  altri casi potrebbero affiorare nel prossimo futuro.

C’è che a ragione si lamenta che il rigore abbia le maglie larghe. Infatti, solo il 58% degli stranieri che commettono reati gravi viene espulso nonostante la norma votata dal popolo nel novembre 2010 preveda espressamente il loro allontanamento, ha lamentato mercoledì l'Unione democratica di centro (destra nazionalista).

L'applicazione concreta del disposto costituzionale, è stato sottolineato, viola la volontà popolare e per questo motivo vengono criticati magistratura e governo federale cui vengono chiesti celeri correttivi. 

In proposito l'ex presidente del Partito liberale radicale (centrodestra) Philipp Müller, che ha affermato in un'intervista pubblicata sul un giornale locale, che "i giudici stanno prendendo in giro il popolo", aveva già presentato alla Camera alta (Consiglio degli Stati) una mozione per rendere effettiva l'espulsione dei criminali stranieri.

Si tratta fondamentalmente di una questione tecnico-giuridica, nella pratica succede infatti spesso che la Procura pubblica invochi motivi particolari, essenzialmente di natura personale (i cosiddetti casi di rigore per i quali vale la clausola d'urgenza) per emettere un decreto d'accusa (una proposta di pena che se accettata dall'imputato equivale a una sentenza senza l'intervento del giudice) che di per sé impedisce l'espulsione del condannato di un altro paese.

Situazione che, alla luce dei dati diffusi per la prima volta dalle autorità federali, si verifica in oltre il 40% dei procedimenti, una quota elevata che non può essere riconducibile ai casi di rigore (eccezioni) riconosciuti dalle norme introdotte dal legislatore.

Per questo motivo l'autore della mozione adottata dalle Camere l'anno scorso e soprattutto il gruppo Udc sollecitano che gli imputati stranieri vengano sempre giudicati da una corte penale (e non attraverso un decreto d'accusa), cui spetterà in seguito l'esame dell'eventuale espulsione, abolendo così la clausola d'urgenza.

Su questo tema il Dipartimento federale di giustizia e polizia diretto dalla consigliera federale Karin Keller-Sutter aveva sostenuto che sarebbe intervenuto nel caso in cui risultasse evidente che la volontà del legislatore non venga rispettata.

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 28/07/2020