Novalesa (TO) - I luoghi di Sant'Eldrado

In questo periodo è ancora importante evitare assembramenti e la frequentazione di luoghi molto affollati suggeriamo quindi un’escursione particolarmente interessante

Sant’Eldrado, abate dell’abbazia della Novalesa in Val Cenischia nella seconda metà del IX secolo, fu un attento osservatore della Regola di san Benedetto, contribuendo con il suo lavoro a fare di quel complesso ecclesiastico alpino uno tra i punti di riferimento della cultura del periodo, soprattutto con la sua biblioteca e il suo scriptorium.

Fondata il 30 gennaio 726 dal nobile franco Abbone e dedicata ai santi Pietro e Andrea, l’abbazia divenne ben presto uno dei punti cardine nella geografia cultuale medievale: fondamentale il suo ruolo di centro di assistenza dei pellegrini in transito da e verso il colle del Moncenisio.

 

Tra l’altro, ricordiamo che in questo luogo si fermò Carlo Magno con le sue truppe prima di scendere verso la bassa Valle di Susa, dove sarebbe poi avvenuto il noto scontro con l’esercito longobardo.

La famosa “battaglia delle Chiuse”, che alla fine dell’estate del 773 contrappose i Franchi di Carlo Magno ai Longobardi di Desiderio e Adelchi, costituì una tappa rilevante per la storia sia per i Franchi, che per l’Italia.

 

Carlo, chiamato in Italia da papa Adriano I, vessato da re Desiderio, decise di porre fine una volta per tutte al giogo longobardo, attaccando i nemici pannonici in un’area del Piemonte (bassa Valle di Susa, poco lontano da Torino) dove si erano asserragliati, trovando nella naturale strettoia della valle e nelle cosiddette “Chiuse” una protezione rilevante per ostacolare l’attacco dei Franchi.

 

Questa linea fortificata (realizzata con massi e legname) attraversava l’imbocco della valle, in un settore in cui si restringeva, arroccandosi ai due lati lungo una linea orientata sud-nord e posta tra l’attuale comune di Chiusa San Michele (a sinistra avendo Torino alle spalle) – ai piedi del monte Pirchiriano – e il sito nel quale in seguito fu poi realizzato il cosiddetto castello del Conte Verde, nel comune di Condove (a destra).

Il complesso abbaziale novaliciense, all’inizio del X secolo, con il passaggio delle orde distruttive saracene, fu depredato e devasto: per fortuna i coraggiosi monaci riuscirono a trasferire a Torino i preziosi codici conservati nella loro biblioteca.

 

Venne quindi rifondata all’inizio dell’XI secolo come casa dipendente dall’abbazia di Breme, in provincia di Pavia: a quel periodo sono risalgono gli stupendi affreschi della cappella di Sant’Eldrado.

Nel 1646 i benedettini lasciarono spazio ai cistercensi, poi le leggi napoleoniche condussero alla soppressione di questa perla della storia e dell’arte italiana. Dopo essere stata trasformata in albergo per le cure termali, a cui fece seguito un periodo di abbandono, fu poi acquistata dalla Provincia di Torino e affidata ai benedettini.

 

La chiesa attuale risale al 1715, ma l’impianto del complesso può essere posto tra l’VIII e l’XI secolo. Sono rimaste tracce della chiesa più antica nel presbiterio; interessanti gli affreschi che raffigurano la “Lapidazione di Stefano” (XI secolo) e posti in relazione alle pitture aostane di Sant’Orso; altri affreschi con raffigurazioni di santi, sono più recenti (XV secolo).

I restauri hanno premesso di riportare alla luce anche tracce di affreschi nel chiostro e risalenti al XII secolo.

Il chiostro è dell’XI secolo, ma l’impianto così come si presenta attualmente, risale al XVII secolo. Dello stesso periodo anche il campanile in pietra locale.

 

Il complesso abbaziale e la chiesa sono arricchite da quattro cappelle che si trovano nelle immediate vicinanze.

La prima tra queste, che si incontra prima di entrare nell’area ristretta dell’abbazia, è intitolata a Santa Maria: la sua fondazione è dell’VIII secolo ma poi, come gran parte dell’intero complesso, tre secoli dopo venne restaurata. Nel suo interno vi sono ancora degli affreschi quattrocenteschi: raffigurano rispettivamente Maria Maddalena e Maria Egiziaca.

 

La seconda cappella è quella dedicata a San Michele, che però nella koinè locale è indicata con la titolazione a San Pietro. Variabilmente datata trs l’VIII e il IX secolo, presenta, nel suo interno, i segni dei restauri effettuati in epoca barocca. Dall’Ottocento venne trasformata in magazzino e stalla, fino ai restauri del secolo successivo.

Più recente la terza cappella, quella dedicata a San Salvatore, che risale alla seconda metà dell’XI secolo; nel suo interno vi erano degli affreschi probabilmente coevi, ma andarono perduti intorno alla seconda metà del XIX secolo, quando la cappella fu adibita ad abitazione, pregevole nella sua struttura, ha pianta quadrata suddivisa in tre campate con volte a crociera.

 

Il vero gioiello è costituito dalla cappella di Sant’Eldrado: realizzata tra il X e l’XI secolo, contiene un corpus di affreschi di straordinario fascino, che presentano l’impronta tipica della pittura romanica, pur rivelando tracce di interventi di restauro effettuati nel XIX secolo.

Realizzata da un autore anonimo, l’impianto pittorico si struttura su due cicli: uno dedicato a sant’Eldrado e l’altro a san Nicola.

 

Sulla controfacciata vi è la rappresentazione del giudizio universale, contrassegnata da un’impostazione pittorica che risulta staccata dai moduli dell’area padana, per risentire invece dell’influsso ottoniano.

La prima campata e le quattro vele raffigurano alcuni episodi della vita di sant’Eldrado.

Vele: Colomba con nimbo: simbolo dello Spirito Santo; Eldrado, di nobile famiglia, nato ad “Ambillis” (località indicata nell’affresco, attuale Ambel) lavora la terra; vende tutto e si fa pellegrino ricevendone le insegne (bordone e bisaccia) da un sacerdote; giunge all’abbazia di Novalesa (nell’affresco sono presenti le cappelle di San Pietro e di Santa Maria); riceve l’abito monastico dall’abate Amblulfo.

 

Parete destra: Eldrado fonda un monastero presso Montetier e libera miracolosamente quel luogo dai tanti serpenti che lo infestavano.

Parete sinistra: Eldrado riceve l’Eucaristia in punto di morte.

La seconda campata e le vele, descrivono invece episodi della vita di san Nicola.:

Vele: Agnello che regge la croce; Nicola rifiuta il seno materno di venerdì; Nicola eletto vescovo di Mira; un mercante caduto in disgrazia non ha denaro per provvedere alla dote delle figlie e vorrebbe avviarle alla prostituzione, ma Nicola provvedere a reperire la dote; Nicola consacrato vescovo.

Parete destra: Nicola ha debellato i culti pagani praticati a Mira, ma Diana, sotto mentite spoglie, si unisce a un gruppo di pellegrini diretti in Terra Santa e offre loro dell’olio pestifero. Il santo però appare ai pellegrini e li convince a gettare quell’olio in mare.

 

Parete sinistra: Nicola salva miracolosamente tre ragazzi da un uomo che voleva assassinarli.

Il catino absidale è illuminato dalla presenza di una bella raffigurazione del Cristo Pantocrator, racchiuso nella mandorla, ai suoi lati Eldrado e Nicola, alle loro spalle gli arcangeli Michele e Gabriele.

Collocati all’inizio del XII secolo, gli affreschi di questa cappella sono stati variamente interpretati dagli storici dell’arte: per alcuni in essi sarebbero evidenti legami anche rilevanti con il ciclo lombardo di Civate; mentre per altri non andrebbero sottovalutate le somiglianze con le pitture della collegiata di Sant’Orso ad Aosta.

 

Nella loro globalità si presentano come un corpus di straordinario interesse, che pone in luce tutta la vivacità narrativa del linguaggio romanico, ovviamente tenendo conto della sua dimensione temporale e culturale, ben visibile dove l’intervento ottocentesco risulta meno profondo.

 

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Articolo pubblicato il 31/07/2020