L’aiuto d’Israele alla popolazione (ma le autorità libanesi tardano a rispondere) della vicina Beirut potrebbe essere già sul campo

Ma la politica del Libano ha un cappio al collo che si chiama Hezbollah

A poche ore dall’esplosione che ha devastato l’area portuale di Beirut, Israele si è dichiarato pronto ad aiutare il paese vicino in un momento di così tragica necessità. Libano e Israele non sono solo vicini. I due paesi hanno molti punti in comune. L’architettura e il design delle loro città portuali sono radicati negli anni ’40 e ’50. La costa è la stessa.

 

La popolazione di Beirut, come quella israeliana a Tel Aviv, è aperta e di larghe vedute. Ma la politica del governo libanese, a quanto pare, impedisce agli immediati aiuti israeliani di raggiungere il paese colpito dalla catastrofe.

 

Israele ha una vasta esperienza nelle operazioni di soccorso e salvataggio in caso di calamità. Lo stato ebraico è stato apripista nell’uso della tecnologia per intervenire in caso di catastrofi, nel quadro delle innovazioni tecnologiche generali promosse dal Comando Fronte interno.

 

Queste tecnologie e capacità sono state affinate dall’esperienza israeliana nell’assistere la popolazione di Haiti colpita dal terremoto del 2010 e in Giappone nel 2012, dopo lo tsunami che mise fuori uso i reattori nucleari di Fukushima Daicchi. Israele ha inviato aiuti anche in Nepal, nelle Filippine e in Messico, quando quei paesi furono colpiti da disastri. Nelle interviste che ho condotto negli anni scorsi, al Comando Fronte interno mi hanno descritto le loro innovazioni tecnologiche per aiutare a mappare e localizzare i sopravvissuti dopo un disastro.

 

Si è già preso atto dell’aiuto immediatamente offerto da Israele al Libano. Ma le autorità libanesi non sembrano avere fretta di rispondere, a dispetto del fatto che gli ottimi ospedali del nord di Israele si trovano a breve distanza da Beirut. E che hanno maturato una grande esperienza nel curare i feriti provenienti dalla Siria. Durante la guerra civile che ha devastato quel paese, Israele ha fornito aiuto a migliaia di persone provenienti dal territorio siriano, e in particolare a molti feriti che giungevano al confine in cerca d’aiuto.

 

Molti vennero assistiti con ospedali da campo alla frontiera sul Golan, parecchi altri vennero trasferiti e curati negli ospedali civili israeliani. Fu un’operazione di successo. Una volta conclusa nel 2018, Israele ha agevolato la messa in salvo dei soccorritori noti come “caschi bianchi” dalla Siria meridionale (riconquistata dalle forze del regime) alla Giordania. Nell’ottobre di quell’anno, Israele aiutò anche la Giordania a cercare e soccorrere i sopravvissuti durante una grave inondazione. Gli elicotteri israeliani contribuirono al salvataggio di bambini giordani intrappolati dalla acque.

 

Il Ministero degli esteri israeliano afferma che Israele ha fra i più alti standard di assistenza ed è pronto ad aiutare i civili ovunque, dall’Africa all’Iraq, compresi gli stati come il Libano che si rifiutano di avere rapporti diplomataci con lo stato ebraico. Di più. Le organizzazioni di aiuto israeliane contribuiscono a portare in Israele persone provenienti da vari paesi della regione che necessitano di interventi chirurgici salvavita, come gli interventi al cuore per i bambini iracheni. Ho incontrato molte di quelle famiglie, tra cui curdi del nord dell’Iraq che hanno ricevuto questo aiuto nel corso degli anni. Ho anche visto di cosa sono capaci sul campo le squadre di ricerca e salvataggio israeliane, durante le frequenti esercitazioni per addestrarsi a soccorrere persone sotto le macerie di edifici crollati.

 

Secondo i dati delle Forze di Difesa israeliane, Israele ha fornito aiuti a quasi trenta paesi colpiti da catastrofi, a partire dal 1953 in Grecia per arrivare poi alle operazioni del 2004 in Egitto, del 1998 in Kenya, del 2011 in Turchia, del 1992 in Croazia, tanto per citarne alcuni. Dati questi precedenti, è del tutto ovvio che Israele potrebbe essere d’aiuto in Libano. E ogni ora che le autorità libanesi lasciano passare senza nemmeno rispondere e senza concordare con Israele una missione di soccorso, è un’ora preziosa che va persa per le persone colpite.

 

La ragione del silenzio delle autorità libanesi in merito alle offerte d’aiuto israeliane sta verosimilmente nel cappio di Hezbollah alla gola del Libano. Il movimento islamista sciita, che giura di distruggere Israele con il sostegno dell’Iran, si presenta come uno strenuo difensore del Libano, del suo territorio e della sua popolazione (peraltro nient’affatto minacciati da Israele). Ma quando si tratta di aiutare effettivamente le migliaia di famiglie libanesi colpite, i miliardi di dollari che Hezbollah succhia dall’economia libanese non risultano disponibili. Servono per i loro traffici e le loro guerre. E intanto Hezbollah impedisce al Libano di ricevere il sostegno di cui ha estremo bisogno in tempo di crisi economica, di covid-19 e ora di quest’ultimo disastro.

 

Questo approccio miope e ottuso mette in risalto per contrasto la cooperazione, annunciata a luglio, che due importanti aziende della difesa israeliane stanno portando avanti con una società di Abu Dhabi: una vera pietra miliare nella lotta contro il coronavirus. E nei mesi scorsi gli Emirati Arabi Uniti hanno anche inviato aiuti anti-coronavirus con due voli diretti su Israele. Questa partnership illustra bene di cosa sono capaci Israele e alcuni paesi della regione, anche in assenza di rapporti diplomatici diretti che in effetti gli Emirati Arabi Uniti e gli altri stati del Golfo continuano a non avere con Israele.

 

Il Libano sarebbe il luogo più naturale dove far arrivare gli aiuti umanitari israeliani. A differenza del vicino siriano distrutto dalla guerra intestina, il vicino meridionale del Libano – Israele – è un gigante dell’hi-tech in grado di prestare aiuti concreti e vitali in caso di esplosioni come quella che ha appena colpito Beirut. Ma a quanto sembra, a più di giorno dall’esplosione, la possibilità che avrebbe Israele di aiutare in modo rapido ed efficace il Libano incontra molti ostacoli a causa della degradata politica libanese e della sua incapacità di mettere da parte estremismi e intrighi politici a favore della gente comune.

 

Fonte: J. post

 

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Articolo pubblicato il 08/08/2020