Governo. la Liguria, Ponte San Giorgio e Autostrade

Sono trascorsi dieci giorni dall’inaugurazione del ponte, ma il caos intorno a Genova continua.

Confusione e disagi non solo dovuti alle code kilometriche causa lavori  ritardati e rete autostradale inadeguata.

Ogni tanto, per cercare di orientarci e capire se i ragionamenti che seguiamo sono corretti, ci rimettiamo ai ricordi storici.

Anticamente, le strade erano costruite per durare. Erano le strade romane: 100 mila km di strade basaltiche e 150 mila km di strade ben sterrate.
La mappa delle strade consolari fu scolpita nel marmo e posta nel Foro Romano.
Secondo Strabone (60 a.C-20 d.C), storico e geografo greco, “I Romani posero ogni cura in tre cose soprattutto, che dai Greci furono trascurate, cioè nell’aprire le strade, nel costruire acquedotti e nel disporre nel sottosuolo le cloache”. (Oggi la cloaca è diventato sinonimo della politica)

Si deve essere persa la memoria della storia se alla inaugurazione del ponte s. Giorgio di Genova, avvenuto  dieci giorni or sono, l’asfalto, per un tratto, ha ceduto. Colpa del caldo e dei mezzi pesanti, dicono.
Già, ma non si sapeva che durante l’estate fa caldo e che i mezzi pesanti sono tali perché sono pesanti? Ma, tornado tragicamente alle cronache di quei giorni, cosa ricordiamo?

“Le autostrade tornano ai cittadini! I Benetton sono fuori da Autostrade e dovranno pagare miliardi”, dichiarava non più di 20 giorni fa l’ex ministro ai Trasporti, Danilo Toninelli (M5S).
La realtà  è che il ponte s. Giorgio è tornato nelle mani di Autostrade, così come ci è rimasta la rete autostradale.

Il tutto si sta complicando perché Benetton, azionista di Atlantia che controlla Autostrade per l’Italia, ha comunicato che Autostrade sarà messa sul mercato, vale a dire che la comprerà chi offrirà di più. In sostanza potrebbe saltare l’ingresso di Cassa depositi e prestiti, cioè dello Stato, nella società autostradale.

Inoltre, il fondo inglese TCI, azionista di Atlantia, ha presentato ricorso alla Commissione europea, contro le decisioni del Governo italiano, che costringerebbe Atlantia a una transazione svantaggiosa, un “esproprio di fatto” degli azionisti” che “tocca i principi del mercato interno”.

Dalla tragedia del crollo del ponte Morandi, sono passati due anni. Tutto il tempo necessario per i governi Conte 1 e 2 di avviare serie e conclusive trattative.

Si sono preferiti gli slogan di Toninelli e Di Maio.

Oggi è ancora  necessario, valutare il modello tariffario, poi si dovrà sentire il parere dell'Avvocatura di Stato, poi quello dei vari organismi tecnici, dal Cipe alla Cassa depositi e prestiti ma, soprattutto, c'è un problema che si chiama manleva, che possiamo tradurre in esonero della responsabilità.

Entriamo nel problema per capire difficoltà e procedure.

La Cassa depositi e prestiti (Cdp) è una società controllata all'83% dal Ministero dell'Economia, in pratica è una istituzione pubblica. La Cdp dovrebbe entrare nel capitale di Autostrade, il che significa lo Stato dentro Autostrade.
Già, ma chi assumerà la responsabilità penale e civile della rete autostradale dopo quello che è successo al ponte Morandi? 
La Cdp, cioè lo Stato, vorrebbe essere sollevata da tale responsabilità ma Atlantia, che controlla Autostrade, non è d'accordo.

Insomma, tutto è fermo dopo due anni e due governi. Come possiamo definire Conte ed i suoi ministri che a ridosso dell’inaugurazione si erano vantati pubblicamente di aver escogitato come mandare a gambe all’aria i Benetton?


Diceva Longanesi, fondatore  del periodico “L’Italiano”: “Buoni a nulla, capaci di tutto”. E non aveva conosciuto Conte ed i grillini

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 13/08/2020