Le nostre (in)certezze tra scienza e politica

Abbiamo sempre più bisogno di darci certezze per comprendere e governare il futuro

Ciò che rende noi umani curiosi, ora che abbiamo superato il mito, la superstizione e forse le credenze religiose per lasciar spazio alla scienza, è il fatto che dinanzi all'incertezza cerchiamo di aggrapparci a quest'ultima certi che ci dia sempre risposte.

L'umanità ha passato lunghi periodi di penuria e ignoranza, ma mai ha dovuto affrontare problemi e crisi, come la pandemia attuale, la crisi finaziaria, il disastro climatico e gli effetti sociali dell'intelligenza artificiale, in relazione ai quali la conoscenza disponibile sia tanto insufficiente.

Sembriamo incapaci di generare la ingente quantità di conoscenza di cui abbiamo necessità per far fronte a situazioni così volatili, crisi talmente complesse e per controllare spesso una tecnologia che pare sfuggirci di mano.

Le aspettative che la scienza produca un sapere certo, sicuro e di pratica e immediata applicazione non può essere soddisfatto del tutto: confidiamo in un vaccino in tempi rapidi contro il Covid-19, ci attendiamo dagli economisti formule sicure per risolvere l'instabilità finanziaria, desideriamo artefatti tecnologici sicuri, vogliamo che l'università ci garantisca un lavoro.

Purtroppo per noi la scienza richiede tempo, sperimentazione, verifiche, e sebbene i tempi attuali ci pressino per trovare soluzioni veloci, la ricerca scientifica deve darsi tempo, quel tempo che ormai per noi corre troppo velocemente.

Così, dalla speranza di avere un vaccino in pochi mesi alla necessità di conoscere le previsioni meteorologiche a dieci giorni, viviamo in una sorta di mitizzazione della scienza, convinti che questa non possa mai sbagliare e che non possa non darci risposte in tempi rapidi.

Nel Novecento, due grandi personaggi, Karl Heisenberg e Kurt Gödel, scoprirono due grandi e inaspettate verità: il Principio di Indeterminazione che sostiene che non è possibile misurare contemporaneamente e con estrema esattezza le proprietà che definiscono lo stato di una particella elementare e il Teorema di Incompletezza che dice che esistono enunciati matematici di cui non è possibile determinare la verità o la falsità.

Le due affermazioni ci svelano la triste verità secondo cui anche la scienza ha dei limiti sulla prorie certezze e che il nostro desiderio che la scienza ci dia risposte deterministiche e veloci per il solo fatto che dopo secoli la quantità di dati e di sapere a nostra disposizione sono sempre maggiori è un desiderio a volte mal posto, che ci inquieta.

Ora che abbiamo pure i big data, ossia quell'abnorme quantità di informazioni su tutto e su tutti, ci illudiamo di poter trovare la risposta a tutto prima o poi e questo non fa che renderci più ansiosi quando non troviamo le soluzioni ai nostri problemi.

Come possiamo essere in grado di mettere in relazione la conoscenza scientifica e le decisioni politiche da intraprendere? La scienza non rende meno necessaria la politica, ma al contrario ha ampliato il territorio di competenza della politica aumentandone il campo di applicazione.

Proprio per il fatto che oggi qualsiasi cittadino può essere più consapevole delle cause e delle soluzioni di molti problemi, per assurdo la decisione politica si fa più ampia, più incerta, più diversificata a seconda delle ragioni degli uni o degli altri.

Le principali controversie democratiche oggi ruotano attorno a quale ignoranza possiamo permetterci, come possiamo ridurla con procedimenti di previsione e che rischi possiamo assumerci: la scienza è il miglior strumento che abbiamo per aumentare le nostre conoscenze, ma senza avere la pretesa di aumentare anche le nostre certezze su tutto.

 

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Articolo pubblicato il 16/08/2020