Martedì al Meeting di Rimini, Dostoevskij e il grande tema dell’amore

Gli spettacoli del Meeting per l’amicizia tra i popoli di Rimini, ogni sera dalle 22, prenderanno il via nella giornata inaugurale di martedì 18 agosto con la possibilità per il pubblico di seguire ogni evento anche in streaming su www.meetingrimini.org .

Si comincia con “Il sogno di un uomo ridicolo” di Fedor Dostoevskij, nell’adattamento a cura di Fausto Malcovati e Mario Sala, con regia di Lorenzo Loris e Stefano Sgarella. Una produzione video Meeting per l’amicizia fra i popoli, tratto dall’omonimo spettacolo per il Teatro Out Off di Milano.

Un racconto fantastico, che riesce a parlarci ancora oggi della necessità dell’utopia proprio in un momento in cui il futuro, più che un sogno fantastico, è un incubo. Per Dostoevskij l’uomo deve porsi degli obiettivi positivi perché la felicità sulla Terra può esistere e cercarla non solo ha senso, ma è forse l’unica cosa che abbia senso fare.

Il sogno di un uomo ridicolo è forse la più sconcertante opera di Dostoevskij. Narra la situazione paradossale del protagonista, un uomo che, decidendo di suicidarsi, si addormenta davanti la rivoltella e sogna il suicidio e la vita dopo la morte.

Il personaggio è un uomo che si sente inadeguato alla vita e alle relazioni con le altre persone che gli sono, con il tempo, divenute assolutamente indifferenti, come, del resto, tutto ciò che lo circonda. Il protagonista ripercorre le ragioni per cui si è sempre sentito estraneo alla società deciso a uccidersi. Una bambina in lacrime lo accosta chiedendo aiuto per la mamma, ma lui la scaccia.

A casa, con accanto la rivoltella, riflette sulla sua indifferenza e sul fatto che per quella bambina invece ha provato dolore e vergogna per la sua reazione. Si addormenta davanti alla pistola carica e inizia un sogno straordinario: approda in un altro pianeta, dove gli abitanti sono puri e innocenti, e per la prima volta non viene preso in giro. Il suo arrivo però contamina la popolazione che in poco tempo acquista tutti i difetti “umani”. Si sveglia e decide di andare per il mondo a predicare la verità che ha visto in sogno e per prima troverà la bambina incontrata la sera prima.

È un racconto all'apparenza estremamente pessimista, che nasconde in realtà una velata speranza totalizzante. Si mette in scena un’umanità spiritualmente oppressa che cerca la salvezza individuale e sociale.

Si tratta di un testo complesso, affascinante, intimo e brutale, la rappresentazione filosofica e ideologica di ciò che l'uomo è, di ciò che è stato, e che potrebbe diventare, in cui ciascuno può ritrovare pezzi della propria vita, se non l'essenza stessa del proprio precario essere al mondo.

È un racconto per una voce sola, quella di Mario Sala.

Secondo l’attore: “lo spirito dei tempi non vede di buon occhio l’utopia. Siamo tutti orgogliosamente pieni di concretezza, di cose da fare, di fatti-non-parole. L’idea che ogni cosa possa davvero cambiare, che il mondo possa diventare molto migliore, che si possa trovare infine la felicità su questa Terra, ci appare perfino ridicola. Forse le cose stavano già così ai tempi di Dostoevskij, o forse no. Sta di fatto che in questo racconto non c’è un tempo e non c’è uno spazio, non siamo necessariamente in Russia, nessun dettaglio la richiama al di fuori del nome dell’autore, e non si percepisce sullo sfondo una precisa epoca storica. L’uomo ridicolo potrebbe abitare ovunque e in qualunque tempo: per questo mi piace, e ci è piaciuto, pensare a lui come a qualcuno che giri tra noi, con il suo carico di sconfitta e umiliazione e il suo sogno da raccontare”.

“Il sogno di un’umanità felice, in pace, senza conflitti, il sogno di una natura intatta, di un’armonia che abbraccia tutto il creato. E in questo sogno affiora il grande tema dell’amore: l’uomo, ci dice Dostoevskij, è nato per amare, per dividere con i propri simili affetto, tenerezza, comprensione. E se siamo circondati da violenze, delitti, perversioni, guerre cerchiamo anche noi di far affiorare il sogno (forse, appunto, il sogno di un uomo ridicolo) di un’altra possibilità più umana, per noi umani. Troppo spesso ce ne dimentichiamo, travolti dal nostro quotidiano affanno: ma è così semplice un gesto d’amore verso chi ci sta vicino. Ecco quello che l’uomo ridicolo vuole predicare: amatevi. E lo prendono per pazzo. La bellezza salverà il mondo, ci dice Dostoevskij ne “L’idiota”: non è la bellezza esteriore, è una bellezza interiore che nasce dall’amore. Facciamo gesti d’amore e saremo belli” ci dice Fausto Malcovati.

La pièce sarà introdotta da Tat’jana Kasatkina, direttrice del Centro di ricerca “Dostoevskij e la Cultura mondiale” presso l’Istituto di letteratura mondiale dell’Accademia russa delle Scienze.

“Questo racconto, in uno spazio piccolissimo – ha sottolineato la Kasatkina – enuncia tutti i temi fondamentali dell’ultimo Dostoevskij. Un racconto sulla malattia dell’uomo contemporaneo, che per Dostoevskij è l’isolamento, il separarsi da tutti gli altri, e quale sia la possibilità di curarla. Uno dei sintomi più importanti ed evidenti di questa malattia è il fatto che tutto gli sia diventato uguale, che tutto è indifferente, che non distinguiamo più i volti, l’essenza del mondo. Ciò annichilisce tutte le domande che si possono fare su Dio, sull’uomo e sul mondo, e che si possono fare solo quando si prova meraviglia. Infatti la parola russa che indica meraviglia è “?????????”, che ha la stessa radice di “divino” e può significare letteralmente l’avverarsi del divino in ciò che ci sta davanti e che ci fa meravigliare. È ciò che spacca i confini invalicabili dell’isolamento, perché quando ci meravigliamo si rivela lo strato più profondo che è in noi, che parla direttamente al divino che c’è in noi”.

Chiuderanno questa video produzione interventi raccolti tra gli studenti di Modena e Mosca che hanno partecipato in questi anni ai seminari di lavoro sul testo organizzati dall’associazione “Il mondo parla”.

Vito Piepoli

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Articolo pubblicato il 17/08/2020