Voi cristiani cosa fate per i poveri .... - Parte 1

Una provocazione che viene posta ripetutamente alla Chiesa

E' una domanda, una provocazione, che viene posta ripetutamente alla Chiesa, o perlomeno ai suoi fedeli che cercano di evangelizzare la società. E' stata posta anche al giovane Federico Ozanam, nel fervore della discussione con degli studenti universitari parigini. Ozanam aveva esaltato i benefici sociali del cristianesimo attraverso i secoli, ma una voce acuta e tagliente gli aveva risposto: «Ozanam, voi avete ragione se parlate del passato; in altri tempi il cristianesimo ha operato meraviglie; ma ora cosa sa fare per l'umanità? E voi stesso che vi vantate d'essere cattolico, cosa fate per i poveri? Dove sono le opere che dimostrino la verità della fede a noi, che pure le attendiamo per convertirci?».

 

Ma chi è Frederic Ozanam, è il fondatore delle Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli. Ho appena letto una biografia del beato Federico Ozanam, del sacerdote Cesare Orsenigo, stampata dalla Tipografia S. Lega Eucaristica nel 1913. Insieme al vetusto testo di monsignor Orsenigo, ho letto anche quello di Giorgio Bernardelli, «Storia di F. Ozanam. L'uomo che non aveva paura della crisi», pubblicato da Lindau nel 2013.

Il mio interesse per per questo grande campione della carità, è scaturito dallo studio di un altro campione molto simile, il beato Faà di Bruno, l'apostolo d'amore verso i poveri e gli indifesi, che certamente ha copiato le straordinarie conferenze di Ozanam.

 

Oggi abbiamo proprio bisogno di questi grandi uomini apostoli della carità. E' quello che sostiene Bernardelli nel suo libro. Ozanam è vissuto tra i grandi conflitti sociali ed economici della Francia post-rivoluzionaria. Nato a Milano il 23 aprile del 1813, ma dopo due anni, la sua famiglia ritorna a Lione. Frederic Ozanam, scrive Bernardelli : «non maledisse il suo tempo né si lasciò sedurre dalla violenza. Si indignò invece di fronte all'ingiustizia e alla povertà, trovando sempre il coraggio di rialzarsi dalla sconfitte personali e di immaginare strade nuove».

 

Per certi aspetti Ozanam, può essere definito il precursore della dottrina sociale della Chiesa, come lo definirà Giovanni Paolo II nell'omelia a Notre-Dame nel 1997, in occasione della sua beatificazione, ma soprattutto, testimone dell'impegno per una società più giusta. Inoltre il papa sottolineava «“l'ardore”, l'impazienza, la febbre da futuro», requisiti che dovrebbero avere tutte le comunità cristiane, specialmente nei periodi di crisi. E' indicativa la presentazione di Bernardelli di Ozanam: «è l'icona di un cristianesimo giovane, e non solo per motivi anagrafici; giovane fu il suo temperamento, il suo idealismo, la sua voglia di cambiamento: Come pure il suo modo di leggere il Vangelo».

 

Nella prefazione al libro di monsignor Orsenigo, mons. Luigi Bignami, vescovo di Siracusa, dopo aver citato gli apprezzamenti del Santo Padre Pio X, sull'apostolo della carità, scriveva: Federico Ozanam, «non fu solo l'uomo della carità, ma l'uomo che della carità fece una forma di apologia; l'apologia che tutti capiscono, che tutti accettano, a cui nessuno sa resistere e molto meno ricalcitrare».

Ancora notava che «se le Conferenze aiutano i poveri per dimostrare il cristianesimo, li aiutano anche per santificare i soci, facendone una specie di ordine religioso, laico in tutto il senso della parola, sino ad aver moglie e figli come il fondatore, ma che mira a santificarsi, perché a tanto intese l'Ozanam istituendo le Conferenze, come sanno quanti le conoscono appena appena nella loro vita intima».

 

Queste parole confermano che nella Chiesa di allora era impensabile che un laico, per giunta sposato potesse salire agli altari della santità. E' stato Giovanni Paolo II, attuando il Concilio Vaticano II, a sdoganare le canonizzazione dei laici.

Che tipo di uomo era Ozanam. Nel 1° capitolo Orsenico lo descrive quasi come il «metallo di cui si fanno i grandi uomini: in lui un ingegno poderoso, una dignità di coscienza mirabile, una tenacia di volontà, che non conosceva ostacoli». Orsenigo entrando nei particolari, così lo descrive: «le sue gioie più belle erano spingersi fino all'ultimo piano di una casa, entrare in qualche lurida stamberga, ascoltare amorevolmente le querimonie di quei poveri inquilini, e poi deporvi generosamente l'obolo della sua carità. Egli fu un vero patriarca della carità cristiana come San Vincenzo dè Paoli e il Cottolengo».

 

Quest'uomo dal fisico gracile fu influenzato certamente da diverse figure fondamentali, che lui ha incontrato, a partire dal celebre fisico di fama mondiale, Ampere e poi dai suoi stessi genitori, la dolce sorella, il fratello sacerdote Alfonso, l'abate Mathias Noirot, l'abate Lacordaire, infine dalla sua sposa Amalia Soulacroix, dalla quale nacque la figlia Maria.

I capitoli del libro di Orsenigo sottolineano i momenti più importanti della vita di Ozanam. Il terzo si trattiene sugli anni da studente, dove emerge il culto del dovere, una tenace volontà e uno splendore di successi da strappare ripetutamente l'ammirazione ai suoi stessi professori. «Nessun studente fu più popolare di lui in mezzo de' sui compagni», scrive Orsenigo. Per volontà del padre aveva abbracciato la carriera di avvocato, ma «la sua giovane anima d'apostolo si trovava a disagio con la prospettiva di passar tutta la vita fra i tribunali[...] la toga lo avviliva: gli studi letterari erano invece il suo sogno».

 

I suoi sogni si realizzarono presto diventando professore sulla cattedra più alta di Francia, alla Sorbona. Qui siederà per ben tredici anni. Nel sesto capitolo, il sacerdote milanese mette in luce il programma di vita di Ozanam, il suo «apostolato di verità». Era nato per l'insegnamento, la sua parola viva aveva una chiarezza, un'attrattiva, una forza di persuasione, doti che lasciavano facilmente prevedere una carriera di professore all'università parigina, il “cervello della nazione”.

 

Sono rimasto colpito della preparazione al concorso di Ozanam, che in soli sei mesi, ha studiato un enorme programma: tre letterature classiche e quattro letterature straniere. Diciotto ore di studio al giorno. Poi le tante prove, dissertazioni scritte, una in latino, l'altra in francese. Infine seguirono tre esami orali, di tre ore ciascuno su testi d'autori greci, latini, francesi; un quarto per le letterature straniere. «restava l'ultima prova – scrive Orsenigo – ossia due lezioni da farsi su un argomento estratto a sorte e con preavviso per l'uno di ventiquattro ore e per l'altro di un'ora». Ozanam si presentò e sostenne la sua tesi parlando per circa due ore con erudizione vasta a e sicura, ricca di commenti geniali e nuovi.

 

Alla fine i professori non solo lo hanno promosso, ma gli hanno assegnato il primo posto. Così con intenti da apostolo Ozanam, a soli 27 anni, montava, nel gennaio del 1841, sulla cattedra di letteratura straniera della Sorbona. A proposito ho notato studiando queste figure dell'Ottocento, almeno quelle di una certa autorità, che era un mondo di giovani, non come il nostro che ancora a sessant'anni non si è raggiunto nessun obiettivo.

In Ozanam si evidenzia l'accordo fra la scienza e la fede. Non era un semplice credente, «palpitava in lui l'anima di un apostolo; egli sentiva il bisogno di porre la sua scienza non solo in armonia, ma a servizio della fede». Pertanto in tutti gli aspetti della scienza, Ozanam cercò sempre di trovare l'orma di Dio.

 

Per la sua apologetica Ozanam preferiva la storia. «Studiando la storia del pensiero umano la sua stessa coscienza cristiana si rinvigorisce». Orsenigo vede il fondatore delle conferenze come quasi rapito « dal fascino di una crociata della scienza per la fede, il suo genio scorre con un'agilità meravigliosa attraverso i grandi periodi storici segnati dal progresso umano, cogliendo dovunque le prove del trionfo di Cristo e della sua Chiesa».

Un giorno trattando dell'azione sociale e moralizzatrice del cristianesimo in confronto al paganesimo, così si espresse con i suoi studenti della Sorbona: «Non si civilizzano veramente gli uomini che influendo sulle loro coscienze, e la prima vittoria per conquistarle è quella di dominare avanti tutto le loro passioni. E continuava: «ma i filosofi di Roma si preoccupano forse mai delle anime di tanti milioni di barbari sepolti nell'ignoranza o nel peccato?

 

Aspettate per questo, aspettate l'arrivo di quei missionari, che il loro zelo trasporta ben oltre quei fiumi, ove si arrestano invece le legioni di Roma. Essi non pensano che a salvare le anime, ma con le anime essi salveranno tutto il resto». La lezione del professor Ozanam continua «inneggiando a queste legioni di missionari, di monaci, di vergini, di martiri, a questa Roma novella, che ricomincia la conquista del mondo con le armi spirituali, e per la quale l'arte, la poesia, le lettere, l'eloquenza, la storia sopravvivono alla caduta dell'impero, battezzate e sublimate da una forza nuova».

 

Certo si può muovere allo scienziato, al professore Ozanam, quella critica che certamente gli hanno mosso: che egli sfrutta la scienza a vantaggio della sua fede. Ma lui prontamente risponde che lo fa soltanto perché altri, prima di lui, in particolare, i razionalisti, lo hanno fatto a vantaggio delle loro idee. E' veramente illuminante il parallelismo che fa Ozanam con lo storico Gibbon, che si era indignato perché aveva visto a Roma, uscire dalla basilica di Ara Coeli, una lunga processione di frati francescani che «limano coi loro sandali quel pavimento già attraversato da tanti trionfi».

 

Anche Ozanam li ha visti calpestare i vecchi lastricati di Giove Capitolino e invece di indignarsi, «mi sono rallegrato come di una vittoria dell'amore sulla forza». Secondo Orsenigo erano le provocazioni degli altri a dare all'insegnamento di Ozanam un tono polemico ed apologetico, ordinariamente era un espositore calmo imparziale. E tuttavia per Orsenigo, Ozanam aveva tutto il diritto di prospettare la storia da un punto di vista cristiano.

 

Tuttavia il fondatore delle Conferenze di S. Vincenzo, non si vergognava di dichiarare candidamente che il suo scopo supremo era di servire coi suoi lavori la Chiesa. Fu uno straordinario studioso, abbastanza meticoloso nel preparare le lezioni, compulsava libri, analizzava testi con una minuziosità, Ampere poté scrivere che, «preparava le sue lezioni come un benedettino e poi le pronunciava come un oratore». Addirittura poteva capitare che Ozanam per una preparazione completa era capace di sobbarcarsi anche lunghi viaggi e di stare intere settimane nelle biblioteche.

 

Sulla cattedra Ozanam non aveva nessun atteggiamento di imponenza, quando iniziava a parlare era sempre incerto, titubante e timoroso. Tuttavia riusciva con la sua oratoria a intrattenere i suoi scolari. Era «cortesissimo con gli scolari, specialmente con quelli di buona volontà, li accoglieva sempre con ogni benevolenza, anzi si teneva a loro disposizione dalle dieci alle dodici d'ogni mattina, e la sua anticamera era spesso affollata ora di piccoli allievi ed ora di studenti universitari[...]». Ma questa benevolenza, ci tiene a precisare Orsenigo, «non impediva ad Ozanam di essere sempre giusto, e anzi, aggiungeremo, anche un pochettino severo: con Ozanam chi non studiava si trovava male».

 

Comunque Ozanam accompagnava la severità sempre con la giustizia. Peraltro  la sua opera educativa continuava anche fuori dall'università. Inoltre aveva intuito che dopo il sacerdozio, nessuna missione quaggiù è più sacra di quella dell'educatore.

 

Continua.

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Articolo pubblicato il 17/09/2020