Bisogna che qualcosa cambi, se vogliamo che Torre del Mare resti Torre del Mare

Vi racconto la mia Torre del Mare, un meraviglioso angolo di Liguria appartenente al Comune di Bergeggi, abbandonato dal disinteresse e dall'indifferenza dalle autorità locali.

 

Parafrasando un po’ più precisamente Tomasi di Lampedusa, bisogna che almeno  qualcosa cambi, a Torre del Mare, se vogliamo che tutto resti come prima.

Certo le estati degli anni sessanta e settanta non torneranno più; ma se qualcosa cambierà forse le prossime saranno ancora più belle.

Le case di famiglia (e a Torre del Mare sono tante le case che hanno visto ragazzini diventare genitori e nonni), per grandi che fossero, ora non bastano più ad accogliere figli e nipoti; certo si potrebbero vivere a corrente alternata, a luglio io, ad agosto tu, ma dopo un po’ anche questa soluzione non soddisfa più.

E così nel mercato immobiliare di questa piccolissima frazione del ponente ligure compaiono da un po’ di tempo a questa parte diversi torremarini veri che probabilmente nella loro infanzia mai avrebbero pensato di guardare il golfo o l’isola da una terrazza diversa da quella in cui avevano sempre passato la sera di Ferragosto e magari anche quella di Capodanno. I festeggiamenti per le prossime ricorrenze saranno diversi, ma magari ancora più belli.

Cambiamenti nella continuità, la caratteristica di Torre del Mare.

Bisogna però che qualcosa, anche fuori dalle case, cambi, se vogliamo che il miracolo di Torre del Mare continui.

Condivido, per esempio, i sedici punti che il gruppo “Noi, quelli di Torre”, a cui mi pregio di appartenere, ha stilato riunendo proposte e quesiti da porre all’amministrazione di Bergeggi, di cui Torre del Mare è una frazione. Alcune richieste sono state diffuse anche sulle pagine del Secolo XIX, nell’articolo del 30 agosto 2020 a firma di Giovanni Vaccaro. Purtroppo l’incontro auspicato dal gruppo con il sindaco non ha potuto avere luogo per indisponibilità della sala Giunta nella data indicata dal gruppo di torremarini.  Il suggerimento di un incontro in spiaggia, avanzato oralmente, non è stato preso in considerazione. Il gruppo rimane in attesa di essere contattato dal Sindaco per avere la proposta di una nuova data.

Nel frattempo, però, sempre in nome dell’affetto che mi lega a questo angolo di ponente ligure, mi piace immaginare che quello che era un tempo un circolo del tennis, aperto a tutti, un luogo dove non solo si giocava sui campi di terra rossa, ma c’era anche un campo da bocce, dove si svolgevano i più diversi tornei, torni ad essere il luogo di ritrovo che era per noi ragazzini della fine degli anni sessanta.

Prendevamo tutti, ai piedi della salita subito dopo la scalinata successiva al sottopassaggio, il pulmino azzurro delle diciannove (c’è ancora un pulmino?), per ritrovarci, appunto, al tennis e magari passare per un pacchetto di patatine dal mitico e storico negozio di alimentari di Renato, universalmente noto per i suoi polli allo spiedo insuperabili.

Ci penso spesso a quel tennis: la medaglietta della catenina che ho sempre visto al collo di mio padre viene proprio da lì, da una sua vittoria ad un torneo di bocce, mi pare. Renato e mio padre se ne sono andati ad un solo giorno di distanza; spesso mi chiedo cosa pensino vedendo tanta incuria e desolazione dove un tempo c’erano allegria e vitalità. Le case costruite lì intorno allora avevano una bella vista, oltre che sul mare, anche sui campi in terra battuta. Oggi i campi sono ridotti ad un improbabile  parcheggio, le recinzioni sono arrugginite. Perché?

Passavamo, noi ragazzini di allora, dicevo sopra, dal sottopassaggio per salire a casa dalla spiaggia: già all’epoca il sottopasso non era certo profumato, ma la scalinata era ben tenuta, così come le piccole aiuole laterali. Oggi è trascurato e maleodorante, le aiuole trasandate. Eppure, nonostante le strisce pedonali, resta l’unica via  per raggiungere la spiaggia per chi, per esempio, magari avendo con sé un bambino, teme le automobili che gli sfrecciano accanto nel non così breve tragitto per raggiungere le strisce pedonali.  Perché?

Comunque, tutto il verde pubblico, come le piccole aiuole del sottopassaggio, non è curato come meriterebbe: il sottobosco non è certo pulito e i fiori, quei pochi che ci sono, tutto sono fuorché curati. E non soffermiamoci sul manto stradale, sconnesso e pieno di buche.

In molte zone vicine anche il turista ‘giornaliero’ può trovare cestini dove lasciare i propri rifiuti: a Torre del Mare i bidoni della spazzatura, rigorosamente chiusi a chiave e decisamente più impattanti sull’estetica del paesaggio rispetto a molti altri, rappresentano l’unico luogo dove lasciare i rifiuti. E chi non ha le chiavi? Dove potrà lasciare i propri tovaglioli o fazzoletti carta e quant’altro se i cestini sono pochi e vengono vuotati evidentemente non abbastanza spesso? Basta una passeggiata per Torre un qualunque lunedì mattina d’estate per rendersi conto del problema; provare per credere. E non penso che il turismo più maleducato abbia eletto Torre del Mare come la sua meta preferita.

E allora? Speriamo che qualcosa cambi sul nostro amato promontorio, perché continui ad essere, anche per i nostri figli e nipoti, quello che è stata per noi.  

 

 

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Articolo pubblicato il 01/10/2020