Governo. Di Maio e la politica estera italiana

C’è da ridere o da piangere?

Se uno scrupoloso osservatore, con l’intento di adeguarsi ai tempi, si cimentasse ad aggiornare la solenne dicitura scolpita  sul palazzo della Civiltà del Lavoro a Roma, oltre a definire gli  “italiani, popolo di santi, poeti e navigatori” dovrebbe aggiungere il termine macchiette od homunculi, magari rinvangano Goethe, se non di peggio. Dove ci porta questa conclusione?

 

Un anno fa, durante la visita del segretario di Stato americano, Mike Pompeo, il nostro ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, lo aveva chiamato “mister Ross”, confondendolo con il ministro al Commercio statunitense. Memorabile, ancora, la gaffe con il presidente cinese Xi Jinping, chiamato “Mister Ping”.

In occasione della visita dei giorni scorsi, del segretario di Stato, Mike Pompeo, il ministro Di Maio ha dichiarato: ”L’Italia è saldamente ancorata agli Stati Uniti e all’Unione europea, a cui ci uniscono valori e interessi comuni”.


Già, ma a marzo dello scorso anno, Di Maio aveva sottoscritto un Memorandum politico-commerciale con la Cina, che andava in direzione opposta. Il risultato è che la Cina, nel frattempo è entrata nella gestione di attività del porto di Taranto, che è una base militare Nato, e in quella del porto di Vado Ligure.

Tema del recente incontro , è stato, anche, quello della tecnologia 5G e di Huawei, la società cinese di telecomunicazioni, interessata al settore.
Di Maio ha ribadito che eventuali accordi sono definiti dal “perimetro tracciato dai nostri valori euro-atlantici”.
Insomma, una marcia indietro rispetto al Memorandum.

Deve essere stato ricordato a Di Maio, ma forse non l’ha inteso, che l’Italia esporta verso gli Usa merci per 45 miliardi di euro e ne importa per 17 miliardi. Un surplus a nostro vantaggio di ben 28 miliardi.

Invece, verso la Cina, l’Italia esporta merci per 13 miliardi e ne importa per 31, con un surplus, a favore della Cina, di 18 miliardi, nonostante la decantata esportazione di arance italiane in Cina che, ricordiamo, è il terzo produttore mondiale di agrumi.

Che dire? Lo è o lo fa? Di Maio è il ministro degli Esteri italiano. Ma prima ancora è un grillino al pari di Lucia Azzolina che già di suo è incommentabile e di un altro ministro quell’Alfonso Bonafede da Mazara del Vallo che neppur si sogna d’intervenire a favore dei suoi compaesani pescatori, sequestrati dai libici. Forse perché anche lui ritiene che la Libia si trovi a nord della Valle d’Aosta. Ma costoro sono fatti con lo stampino? E l’Italia sprofonda!

 

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Articolo pubblicato il 09/10/2020