La buona morte: il diritto in Italia

Eutanasìa. E’ parola che si pronuncia così anche in greco, pur se scritta in caratteri diversi. La traduzione letterale è “buona morte”.

Per l’EPAC, l’Associazione Europea dei Medici che si occupano di cure palliative, è “eutanasia” quando un medico somministra una sostanza letale su richiesta del paziente; è “suicidio assistito” quando un medico lascia al paziente la responsabilità dell’atto finale e lo aiuta a suicidarsi.

Non tutti condividono queste definizioni, né da tutti è vista come buona, la morte procurata ad altri, nel caso di persone che stanno vivendo una vita compromessa in modo permanente ed irrimediabilmente da gravi malattie, da menomazioni fisiche o psichiche.

E’ trascorso poco più di un anno dalla sentenza 242/19 con la quale la Corte Costituzionale, preso in esame il caso di Marco Capato e di Fabiano Antoniani, conosciuto come Dj Fabio, aveva definito “non punibile chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente”. La sentenza è del 25 settembre 2019 ed è stata depositata in Cancelleria il 22 novembre 2019.

Come ricordano i tanti più o meno interessati al caso, nel 2014 Dj Fabio, a seguito di un grave incidente stradale, era rimasto tetraplegico e affetto da cecità permanente. Non era autonomo nella respirazione e nell’evacuazione e veniva nutrito in via intraparietale. Era percorso, altresì, da ricorrenti spasmi e contrazioni, che gli procuravano acute sofferenze, le quali potevano essere lenite farmacologicamente solo mediante sedazione profonda. Conservava però, intatte, le facoltà intellettive. La sua condizione era stata giudicata irreversibile.

Dopo circa due anni dall’incidente, Dj Fabio aveva manifestato la volontà di porre fine alla sua esistenza. Marco Capato lo aveva accompagnato in Svizzera in una struttura dove, nuovamente, furono verificate le sue condizioni di salute, il suo consenso e la sua capacità di assumere in via autonoma il farmaco che gli avrebbe procurato la morte. Mentre i suoi familiari continuavano a restare vicini a lui, che in qualunque momento avrebbe potuto desistere dal proposito di togliersi alla vita, Dj Fabio si suicidò il 27 febbraio 2017, azionando con la propria bocca lo stantuffo per iniettarsi nelle proprie vene il farmaco letale.

Marco Capato era stato tratto a giudizio in Italia per il reato previsto dall’art. 580 del Codice penale tanto per aver rafforzato il proposito di suicidio di Fabiano Antoniani, quanto per averne agevolato l’esecuzione; è stato infine assolto al termine di un lungo iter giudiziario, dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 2019, che ha colmato un vuoto normativo enorme. Per la Consulta, l’accesso al trattamento che porta alla morte volontaria è consentito in presenza di una decisione autonoma del paziente che riceve trattamenti di sostegno vitale, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, affetto da patologie irreversibili che sono per lui fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili.

Prima della motivazione, i Giudici dicono: “Questa Corte non può fare a meno, peraltro, di ribadire con vigore l’auspicio che la materia formi oggetto di sollecita e compiuta disciplina da parte del legislatore, conformemente ai principi precedentemente enunciati”.

Ma la politica è ancora ferma, innanzi alla evoluzione della scienza, che consente di vivere una vita intera in stato vegetativo fino alla morte naturale (Eluana Englaro, lo ricordo, è morta nel 2009 dopo 17 anni di stato vegetativo, non però di morte naturale, ma per sospensione della sua nutrizione artificiale); ed è ferma anche innanzi alla evoluzione del diritto: Marco Capato era stato tratto a giudizio per violazione dell’art. 580 di quel Codice penale conosciuto come Codice Rocco, adottato nel 1930 durante il ventennio fascista e ad oggi sostanzialmente immutato.

Mentre nella Chiesa la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato il 14 luglio 2020 la “Lettera Samaritanus bonus” sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita – ne parleremo in un prossimo articolo - nel nostro Stato per ragioni egemoniche di partito politico si mette mano a singole innovazioni della Costituzione, enfatizzando solo i presunti risparmi economici conseguibili con la riduzione dei parlamentari e si dimentica che quella Carta è bisognevole invece di una revisione organica sostanziale della sua PARTE SECONDA, dedicata all’ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA, nella quale c’è, tra l’altro, un TITOLO dedicato alla Magistratura, che appare alquanto destabilizzata oggi dagli abborracciamenti di Luca Palamara, ex Presidente della Associazione Nazionale Magistrati appena radiato dall’ordine giudiziario, ed un altro TITOLO dedicato ai Comuni e alle Regioni, i cui poteri risultano spesso in conflitto con le decisioni del Governo, come appare in modo manifesto oggi nella gestione di questa dannata pandemia che non molla. Si vales, valeo.

armeno.nardini@bno.e

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Articolo pubblicato il 15/10/2020