A bordo della zattera Qboat n°1.

Ho provato la strana sensazione di scivolare sull’acqua a bordo di una cosa più silenziosa di una barca a vela e del mio stesso respiro.

A poco tempo di distanza dal varo della zattera Qboat, di cui ho già scritto, sono stato nuovamente invitato dal proprietario. Questa volta però non come spettatore, ma come passeggero, per poter così valutare direttamente cosa si prova a scivolare sull’acqua su un natante più silenzioso di una barca a vela.

È già pomeriggio inoltrato quando giungiamo nei pressi del lago di Avigliana entro cui, in men che non si dica, viene calata la zattera. Pochi istanti dopo saliamo sul piano di calpestio e, puntata la prua (!?!) verso il largo, il mio interlocutore dà corrente al motore elettrico che, senza alcun rumore, inizia a spingere il mezzo con una dolcezza risoluta. Infatti la spinta del piccolo motore elettrico è decisa e graduale; l’assenza di scossoni mette a proprio agio al punto che si può stare tranquillamente in piedi tenendosi alla barra porta fanali (di nuovo disegno) che, ribaltata in posizione verticale, assume le funzioni di roll bar e tientibene.

 

Certo, il lago è calmo, quindi le condizioni sono ottimali per apprezzare appieno le caratteristiche della zattera, però è veramente una bella sensazione scivolare sull’acqua senza sentire alcun rumore. Infatti né il motore, coassiale all’elica, né l’acqua, mossa impercettibilmente da una parte immersa poco aggressiva, generano alcun suono, al punto che sento chiaramente il mio respiro. Beh, che dire, non ci sono parole (che farebbero rumore).

 

Mentre mi godo il momento, lascio scorrere nella mente immagini e paragoni con tutto quello che conosco: un nuotatore fa più rumore, una barca sposta più acqua, un gommone, ammesso che abbia dimensioni per cui ci si possa stare in piedi, dondola di più, gli sci d’acqua galleggianti sono più instabili, sul materassino ci si bagna, su un’isola si sta fermi.

 

In effetti si tratta di una vera e propria isola personale semovente, paragonabile ad una terrazza, facilmente trasformabile (semplicemente montando una normale tenda da campeggio) in un monolocale di 4,5 metri quadrati, con la quale si può fare turismo ecologico, specialmente sui laghi. Un’isola che tale rimane anche quando viene portata in secca, poiché, in tal caso, il piano di calpestio e la tenda restano sempre sollevati da terra, a garanzia di salubrità e sicurezza, anche in caso di allagamento. Infatti mi viene fatto notare che uno dei suoi possibili impieghi è proprio quello di fornire un mezzo di salvataggio, facilmente trainabile dove serve in caso di alluvione, sul quale possono trovare facile accesso e alloggiamento anche una sedia a rotelle o una barella.

 

Ma per il momento, pur apprezzando l’idea di un suo così utile impiego, preferisco altri scenari in cui collocarla. E infatti mi immagino un vero e proprio campeggio sull’acqua, un arcipelago variegato di personalizzazioni vacanziere, dislocabile alla bisogna e completamente rimovibile senza lasciare traccia. Il massimo!

 

Intanto ritorno sulla terra, pardon, sull’acqua, mentre il mio interlocutore manovra eseguendo curve strette e lunghi rettilinei in “totale relax”, poiché, anche quando comandato con una certa decisione, la risposta del mezzo è sempre calma ed equilibrata.

 

E ora, consumato circa un quarto della carica della batteria, ci dirigiamo verso il molo dal quale siamo partiti e dove il giro finisce. Scendo soddisfatto e piacevolmente spiazzato: è proprio vero che non bisogna mai dare niente per scontato e che l’apparenza inganna. Non tutto quello che va in acqua deve sembrare una barca e alcune cose poco convenzionali funzionano a dispetto del parere degli scettici e del scetticismo degli esperti. Augh!

 

Foto estratte da filmato (eseguito con attrezzatura di proprietà del sottoscritto e opera volontaria di terzi libera da copyright) e testo

pietro cartella

 

 

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Articolo pubblicato il 27/10/2020