Vandea: la rivoluzione del Sacro Cuore - Parte 2

Il tributo di sangue pagato dalla Vandea alla fine della guerra è stato enorme

Tra i valorosi capi vandeani ricordiamo Lescure, Bonchamps, Charette, D'Elbee, Stofflet, Cadoudal, il giovane Henri de la Rochejaquelein. Tutti si sono distinti in battaglie contro le truppe, le cosiddette “Colonnes Infernales” dei vari generali Duval, Grignon, Boucret, Moulin, coordinati dal comandante in capo Lous-Marie Turreau, che voleva trasformare la Vandea in «cimitero nazionale».

Turreau verso la fine della guerra, poteva scrivere al Comitato di Salute Pubblica: «[...]entro quindici giorni non esisteranno più in Vandea né case, né viveri, né armi, né abitanti all'infuori di quelli che, nascosti nella profondità delle foreste, saranno riusciti a sfuggire alle più scrupolose perquisizioni».

 

Il generale Grignon si vantò, in rapporti militari ufficiali, dei risultati ottenuti dalla Colonne da lui capitanata, che uccideva quotidianamente «circa duemila fra vecchi, uomini, donne e bambini». Addirittura ad Angers le vittime furono scuoiate per farne delle culottes, dei pantaloni, per ufficiali. A Clisson, il 5 aprile del 1794, i soldati del generale Crouzat bruciarono circa 150 donne per estrarre del grasso con il quale ungere le ruote dei carri. Furono varate due leggi che prevedevano la distruzione totale della regione insorta e lo sterminio completo della popolazione. Ne faranno le spese soprattutto le donne, definite brutalmente “solchi riproduttori”, e i bambini, chiamati con disprezzo “futuri briganti”. Ogni mezzo venne impiegato per decimare gli insorti anche mediante il fracassamento delle teste con i calci dei fucili con le sciabole e le ghigliottine. Si possono raccontare diversi episodi raccapriccianti sul massacro del popolo vandeano, esemplare sono i metodi “democratici” messi in atto dal proconsole di Nantes Jean-Baptiste Carrier, faceva fucilare in massa i poveri vandeani condotti davanti al suo tribunale. Non solo è lui ad aver inventato i battelli a valvola, quelli che venivano portati sulla Loira e fatti affondare aprendo un buco nel loro fondo, così tutti legati uomini e donne annegavano nelle acque del fiume.

 

Il tributo di sangue pagato dalla Vandea alla fine della guerra è stato enorme. Prima della guerra la regione contava circa 305.000 abitanti, dopo soltanto 268.000. Mentre tutte le abitazioni sono state pressoché devastate e incendiate.

I combattenti vandeani furono in procinto di marciare su Parigi, molti si son chiesti perchè non raggiunsero la vittoria definitiva. Nello studio di “Storia e Dossier”, si avanzano diverse ipotesi, quella fondamentale è che i gruppi di armati vandeani, divisi per parrocchie non diventarono mai eserciti, e tanto meno un'armata. C'erano dei valorosi capi, ma non ci fu uno al di sopra di tutti, che coordinava l'insurrezione, con una strategia più vasta, militare. Del resto sarà la stessa cosa per i cosiddetti briganti del mezzogiorno d'Italia contro gli eserciti regolari del Regno Sardo Piemontese.

La gran massa dei contadini vandeani, non si preoccupava del futuro, raggiunta una vittoria, ritornava a lavorare nei propri campi, o a festeggiare le ricorrenze religiose nei propri paesi e parrocchie.

Tutte queste informazioni li documenta con dovizia di particolari lo storico francese Reynald Secher, con i suoi studi e ricerche ha portato a galla una storia che le istituzioni tendevano a nascondere. Secher ha pubblicato per la casa editrice Effedieffe nel 1991, «Il genocidio vandeano», inoltre sempre con la stessa casa editrice, ha sponsorizzato la pubblicazione di «La guerra della Vandea e il sistema di spopolamento», testo inedito per decenni, scritto da Graccus Babeuf. Questo libro ha una storia rocambolesca, era stato ritirato dai termidoriani, poi era scomparso, sopravvissuto in otto esemplari, metà dei quali custoditi nell'ex Unione Sovietica dove gli studi su Babeuf hanno sempre goduto ottima salute.

 

Con questi studi Secher ha potuto «definire il massacro vandeano nei termini di un vero e proprio “genocidio”, in quanto azione premeditata e scientificamente realizzata: ne ha recuperato le prove documentarie, gli ordini di sterminio inviati a Parigi ( e conservati negli scrupolosi archivi storici militari francesi) nonché gli elenchi delle vittime nei registri parrocchiali». I mandanti furono la Convenzione e Maximilien Robespierre in persona. Lo storico francese è stato contestato dalla storiografia filo-rivoluzionaria, soprattutto non hanno accettato il termine “genocidio”. Infatti con la pubblicazione “Le génocide franco-français: la Vendée-Vengé” (Il genocidio vandeano). La tesi del genocidio fece molto discutere perché per la prima volta uno storico affermava d’aver mostrato scientificamente un genocidio ad opera delle truppe regolari della repubblica francese a danno della popolazione della Vandea Militare. Per questa tesi ricevette molte critiche, perché sfatava il mito della Rivoluzione francese e di conseguenza rinnegava parte della storia di Francia. A causa di questa pubblicazione Secher venne espulso dall’università e gli fu impedito l’insegnamento pubblico. Secher oltre a portare numerosi documenti inoppugnabili, ha ripresentato il libello di Babeuf, un contemporaneo alle stragi vandeani, tra l'altro rivoluzionario e non cattolico, quindi un esponente certamente non reazionario, quindi non sospetto.

 

Purtroppo questi testi in Italia non hanno ancora avuto la dovuta diffusione, non hanno raggiunto la grande distribuzione, probabilmente sono rimasti circoscritti alla sola casa editrice Effedieffe che ha l'esclusiva.

Prima di concludere ricordo brevemente due di quei capi combattenti vandeani, approfondirò in un altro intervento. Tra le figure più significative c'è Jacques Cathelineau, conosciuto come il “Santo dell'Anjou”.

Jacques è un venditore ambulante, dopo che la Convenzione decreta l'arruolamento in massa dei cittadini francesi, insieme ai giovani contadini, artigiani e commercianti rifiuta di servire il regime rivoluzionario che li disprezza e li perseguita.

Così Cathelineau acclamato dal suo popolo sotto lo stendardo del Re del Cielo, cantando il Vexilla regis, si avvia verso la vittoria. C'è un discorso pronunciato da S. Em. Il cardinale Paul Poupard, del 18 luglio 1993, interamente pubblicato dalla rivista Cristianità. (n. 222 Ottobre 1993), dove il cardinale fa una splendida biografia dell'eroe vandeano.

Cathelineau è il soldato di Dio. Prima di combattere, fa mettere i propri uomini in ginocchio per chiedere, il soccorso del Dio degli eserciti, con la sua voce forte, chiara e trascinante, li lancia in combattimento al grido: «Soldati di Gesù Cristo, avanti! Con le baionette, le picche, i bastoni!».

 

Tutti i vandeani, sia i capi che i soldati, portavano sul cuore uno scapolare su cui erano le lettere iniziali dei santi nomi di Gesù e Maria, attorno a un cuore fiammeggiante. Moltissimi portavano il rosario.

Cathelineau comincia la guerra con la forza di un crociato, fu combattente come Giovanna d'Arco. «Dio ci ha chiesto di combattere perchè non avevamo altro mezzo per affermare la nostra fede. Ma non è certo che otterremo la pace religiosa con le armi. Il sangue che si versa per Dio non è mai perso. Con quello di Cristo serve alla redenzione del mondo».

L'altro capo vandeano tra i più conosciuti è il marchese Henri de la Rochejaquelein, probabilmente il simbolo della rivolta vandeana. E' un ragazzo ha vent'anni, lo troviamo a capo di oltre duemila persone, tutti giovani, dai 18 ai 25 anni. In Henri hanno scoperto questo giovane capo dall'anima di fuoco, alto ed abbondanti capelli biondo cenere. Ancora oggi dopo due secoli entusiasma ancora i giovani di tanti Paesi.

 

Henri fa parte dell'Armata Cattolica e Reale, che fu anche, grazie al giovane nobile, un'armata di giovani. Attorniato da altri giovani comandanti, nei combattimenti è sempre in prima fila, esponendosi follemente, ha una bravura senza eguale, una audacia inaudita. Profondamente religioso, alla fine di ogni vittoria ringrazia Dio del successo. Ai suoi giovani combattenti diceva: «Compagni, io non vi chiedo che una cosa, di seguirmi. Là dove vi è del pericolo voi mi troverete sempre».

 

 

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Articolo pubblicato il 22/10/2020