Nel mezzo del cammin di nostra vita...

Considerazioni sulla durata dell'Universo secondo Dante Alighieri

Nel mezzo del cammin di nostra vita…

Nel mezzo del cammin di nostra vita        a

 mi ritrovai per una selva oscura            b

ché la diritta via era smarrita.              a

 

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura        b

esta selva selvaggia e aspra e forte        c

che nel pensier rinova la paura!               b

 

Tant’è amara che poco è più morte;        c

ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,       d

dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.        c

 

Inferno Canto I

 

Prima di entrare nel merito dell’argomento di questo articolo vorrei fare una breve digressione sullo stile dell’Opera e sull’oggettiva difficoltà di rispettare la terza rima, ovvero il terzo verso che completa il gruppo dei tre versi in assonanza:  1 oscura, 2 dura, 3 paura – 1 forte, 2 morte, 3 scorte. Il primo e terzo verso sono anomali, in quanto rimano solo con se stessi (vita e smarrita)

La metrica rigorosissima degli endecasillabi, 14.233 versi in terzine incatenate, risulta essere rispettata in tutti i versi del Poema, la struttura aba bcb cdc… è la più complessa che si possa creare e termina sempre con un verso orfano che rima solo con il terz’ultimo e chiude tutti i canti:

che tu mi meni là dov’or dicesti,

sì ch’io veggia la porta di san Pietro

e color cui tu fai cotanto mesti».

 

                        Allor si mosse, e io li tenni dietro.   (verso orfano)

 

Inferno Canto I

 

Potremo solo immaginare la complessità di un poema che esprime concetti articolati che nascondono almeno quattro differenti livelli di lettura: Letterale, allegorico, morale ed esoterico.

Un passo per volta.

L’incipit della Divina Commedia racchiude un mistero che ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro.

Tutto nasce dal pronome possessivo “nostra”, inteso dai più come un pluralis maiestatis, e da altri come un semplice pronome di molteplice appartenenza: nostra, nel senso di noi tutti…

Consapevole di intraprendere una strada poco condivisibile dalla maggioranza degli studiosi, una strada che tuttavia potrebbe rivelarne altre, foriere di novelle scoperte, propenderò per la seconda ipotesi, ovvero “nostra” nel senso "di noi tutti".

Se il Poeta avesse voluto riferirsi esclusivamente alla propria vita, avrebbe potuto dire:

Nel mezzo del cammin della mia vita…

Non avrebbe compromesso la metrica e non avrebbe dato adito a dubbie interpretazioni. Inoltre sarebbe stato più chiaro il concetto, conosciuto da tutti, che avendo Egli 35 anni si sarebbe trovato proprio nel mezzo della vita di un uomo, che nel medio evo era di circa 70 anni.

Invece sceglie quel “nostra”, creando non pochi problemi a intere generazioni di studiosi.

Dante inizia il proprio viaggio, o meglio fa iniziare il proprio viaggio, l’8 aprile del 1300, Venerdì Santo ed escogita una serie di accorgimenti decisamente sorprendenti per raccontarci la propria visione del mondo.

Il Poeta ci indica, in determinati punti della Sua Opera, alcune date e alcuni riferimenti che, se ben decodificati, potranno farci comprendere come immaginasse la durata dell’intera Creazione, dal giorno iniziale fino a quello dell’Apocalisse.

Dante forse, e questa sarà la nostra ipotesi di lavoro, desidera darci delle precise indicazioni sulle date di inizio e fine del mondo. Tali date, come vedremo, comprenderanno un numero di anni molto preciso e particolare che aprirà un cassetto inaspettato dove scopriremo una conoscenza astronomica dall’immensa portata concettuale.

Nel canto XXVI del Paradiso, Adamo, che finalmente può incontrare Dante afferma che rimase nel Limbo per 4302 anni dopo essere vissuto per 930 anni

Or, figliuol mio, non il gustar del legno
fu per sé la cagion di tanto essilio,
           ma solamente il trapassar del segno.   
117

Quindi onde mosse tua donna Virgilio,
quattromilia trecento e due volumi

             di sol desiderai questo concilio;      
120

e vidi lui tornare a tutt’ i lumi
de la sua strada novecento trenta
fïate, mentre ch’ïo in terra fu’mi.

Paradiso Canto XXVI

 

Adamo fu quindi creato 4302 + 930 anni, ossia 5232 anni prima della resurrezione di Cristo.

Nel canto XXI dell’Inferno il diavolo Malacoda spiega ai due poeti che il sesto ponte di Malebolge, il primo che incontreranno, è crollato e ingombra di macerie il fondo della bolgia.

Malacoda spiega che ieri, cinque ore più tardi di adesso, si sono compiuti 1266 anni da quando il ponte crollò, e il fatto avvenne quando Cristo spirò sulla croce. Dante, nel Convivio specifica che Cristo volle morire nel 34° anno della Sua etade, quindi sommando 1266 + 34 otteniamo 1300, l’anno del viaggio dantesco.

E se l’andare avante pur vi piace, 
andatevene su per questa grotta; 
             presso è un altro scoglio che via face.         111

Ier, più oltre cinqu’ore che quest’otta, 
mille dugento con sessanta sei 
anni compié che qui la via fu rotta.

Inferno Canto XXI

 

Considerando che Adamo vide il sole tornare al suo punto di partenza per 930 volte, cioè visse 931 anni e che il compimento dei 1266 anni dalla frana del ponte della sesta bolgia era avvenuto il giorno prima (per cui Dante inizia il viaggio nell’anno 1267 dalla morte del Redentore).

Sommando il numero di anni che si ottengono da queste informazioni arriviamo a 4302+931+1267=6500 anni, corrispondenti esattamente alla metà del ciclo che Dante attribuisce alla storia umana; il secondo e ultimo periodo di 6500 anni dovrà trascorrere dall’anno 1300 prima del Giudizio universale.

Nel IX canto del Paradiso, al verso 37 troviamo Cunizza da Romano, che presenta a Dante Folchetto da Marsiglia.

Parlando dell’anno 1300, la beata sostiene che dovrà moltiplicarsi ancora per cinque (l’anno 1300) prima che la fama di Folchetto si perda. Moltiplicando 1300 per 5 otterremo 6500 che sono gli anni da sommare al 1300 per conoscere la fine del mondo: anno 7800.

Di questa luculenta e cara gioia 
del nostro cielo che più m’è propinqua, 
         grande fama rimase; e pria che moia,      39

questo centesimo anno ancor s’incinqua:…

Paradiso Canto IX

 

Secondo Dante il Mondo nacque nel 5200 a.C. e terminerà con l’Apocalisse del 7800.

Tornando finalmente sui nostri passi saremo a questo punto tentati di supporre che l’Incipit della Commedia, “Nel mezzo del cammin di nostra vita…” sia da interpretare con il “nostra” inteso dell’Umanità, di tutta l’Umanità.

Il fatto che Dante attribuisca all’età dell’Universo la durata di 13.000, anni,  che corrisponde esattamente alla metà della durata di un ciclo precessionale, potrebbe essere un dato assai significativo.

Secondo il Prof. Gizzi, l’intera cosmologia della Commedia è stata costruita, dal Sommo Poeta, sulla precessione degli equinozi, considerando che un ciclo di 13.000 anni terrestri, equivale alla durata di un semiciclo precessionale (il cui decimo è 1300, l’anno di inizio del suo mistico viaggio).

Volendo schematizzare quanto affermato proponiamo il seguente grafico:

 

La somma di questi due periodi equivale, con un’approssimazione davvero ragguardevole, alla durata del semiciclo precessionale (13.000 anni contro 12.888 anni oggi misurati).

Riprenderemo in un prossimo articolo il complesso concetto di Precessione degli equinozi, analizzando anche uno studio relativo alla dimensione del cono infernale, descritto dall’Alighieri.

 

Bibliografia minima:

https://eterodossia.com/la-struttura-dellinferno-dantesco-e-la-precessione

Maria Soresina "Libertà va cercando"  Moretti e Vitali  2013

Maria Soresina "La segrete cose"  Moretti e Vitali  2019

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 27/10/2020